In questa puntata di “Crona-Chi?”, il giornalista Fabio Amendolara incontra Tania Pisani, moglie e vedova di Claudio Pezzuto, carabiniere ucciso durante un posto di controllo, insieme al col- lega Fortunato Arena, da alcuni malviventi della Camorra. Pezzuto, medaglia d’oro al Valor Militare, vittima di un agguato a Ponte Cagnano-Faiano nel 1992. «Quella sera del 12 febbraio, il giorno del compleanno di mia suocera – ricorda Pisani -, Claudio esce con un collega e finisce nel peggiore dei modi. Trucidato da 50 colpi, facendo da scudo a due ra- gazzini di 13-14 anni. Quando venne il Comandante Generale a casa, disse “suo marito è un eroe”, ma io in quel momento ero arrabbiata, dissi “si poteva fare i fatti suoi e tornare a casa, sua moglie e suo figlio l’aspettavano”, ma con il senno di poi ho capito. Se ne parlò per mesi, per- ché i due assassini furono presi il 14 luglio, poi successe l’attentato prima a Falcone e poi a Borsellino e la nostra storia fu messa un po’ da parte. Quando dico chi sono, non lo ricordano, addirittura nell’ambito Istituzionale non si ricordano questi uomini, eroi senza volto e senza nome. Quindi che resta? Resta la lettura dei nomi delle vittime di criminalità organizzata, qualche iniziativa e poi il nulla, quando torno a casa siamo soli». «Avevate un bambino di 3 anni…» incalza il giornalista. «Ora ha 36 anni – racconta Pisani -, ma che colpa aveva quel bambino il cui padre fece un gesto eroico? Abbiamo realizzato un libro, “Quell’ultimo sguardo”».

«NON PUÒ FINIRE COSÌ»

«Per lo Stato il carabiniere Pezzuto, Medaglia d’oro al Valore Militare è una vittima della criminalità organizzata – prosegue Tania-. Una vittima innocente di mafia e del dovere. La Medaglia d’oro è la più alta onorificenza e per me che la indosso nelle manifestazioni è un grande peso. Perché quel giorno all’obitorio di Salerno quando ho visto mio marito martoriato nella bara, ho detto “non può finire così”. Simbolicamente ho indossato la sua divisa e voglio portare la sua testimonianza, il suo operato». «Ricordiamolo -sottolinea Amendolara- per la giustizia c’è chi ha pagato, gli esecutori sono stati condannati all’ergastolo». «Sì, due, l’autista era estraneo ai fatti, era stato sequestrato. Uno è morto nel 2008. L’altro invece credo che sia ancora all’ergastolo -racconta Tania- Quello che morì scrisse una poesia, “Il perdono”, però sinceramente solo Dio li può perdonare per quella ferocia». «La nostra vita – ha detto Pisani – è stata stroncata dopo 3anni e mezzo di matrimonio. Mio marito aveva solo 28anni. Per questo dico che andrebbero ricordati tutti i giorni. A partire dalle scuole. Vorrei scuotere un po’ le coscienze. Cosa resta di questi oltre 30 anni? L’amore per Claudio. Non posso raccontar- gli quello che mi succede, ma lui in famiglia è sempre presente, in ogni dove e in ogni cosa, ma non basta. Perché mio figlio comunque è cresciuto senza un padre. Devo dire grazie ai miei genitori, che oggi non ci sono più, per l’aiuto che mi hanno dato e per aver insegnato ad Alessio gli alti valori della vita. Ai ragazzi dico sempre “siate costruttori di pace, di giu

LA SPARATORIA

«Quel giorno – ricorda Pisani – c’era mia suocera a casa e lui disse che sarebbe dovuto andare al maxiprocesso a Lecce. Non ha pensato a sé stesso, né al- la famiglia, solo a mettere in salvo i due ragazzini. Quel 12 febbraio, questi 2 camorristi erano fermi nella piazza di Faiano. Uno dei due scese dalla macchina per telefonare, in quanto braccati, le Forze dell’Ordine erano state allertate che c’erano questi 2 latitanti che precedente- mente avevano fatto irruzione nel Vallo di Diano e si erano diretti verso Faiano. Claudio chiese i documenti all’autista mentre l’altro camorrista era dietro, ben nascosto, poi si diresse verso il collega per fare il controllo. In quel momento vide un’ombra, tornò e chiese i documenti all’altro, qui aprirono il fuoco con una mitragliatrice israeliana molto compatta. Dell’altro che era nella cabina telefonica, né Claudio né Fortunato sapevano che ci fosse, ma iniziò a sparare anche lui. A mio marito, dopo che fu trivellato alla schiena, gli inflissero il colpo di grazia all’occhio e poi finirono anche Fortunato». LE INIZIATIVE «In quella piazza c’è ora una targa?» chiede Amendolara. «Sì, un monumento, han- no intitolato una strada e ogni12 febbraio, lo ricordano anche i ragazzi delle scuole. Claudio è sepolto a Francavilla – aggiunge Tania – ma in Basilicata si fa molto poco, le iniziati- ve partono dall’Arma, ma dovrebbero partire anche dalle Istituzioni, dai Comuni, dalle scuole e dovremmo documentarci di più. Nel ‘94 furono gli amministratori di Rivello i primi a chiamarmi per inaugurare una Caserma. Poi a Francavilla qualche anno fa, al Comando provinciale di Salerno, le aule di tutte le scuole degli allievi Carabinieri sono state intitolate sia a Claudio che a tutti gli altri eroi. A Surbo nel paese di origine di Claudio hanno intitolato una strada e la Sa- la consiliare. Ci sono differenze tra la provincia di Lecce e la nostra. Per esempio a Tursi hanno intitolato “la scala della legalità” con i nomi delle vittime e ogni anno si tiene una giornata sulla legalità invitando i familiari. Mi hanno già allertata per la partecipazione. L’altro giorno siamo stati a Castelluccio Inferiore per la giornata della biodiversità con i Carabinieri Forestali e hanno intitolato un albero, come l’albero di Falcone». «Si deve fare qualcosa per scuotere le coscienze – ha concluso Pisani -. In un appello alle Istituzioni direi ricordateli, siate vicine a noi familiari, è importante non farci sentirci soli. Io ne ho fatto una causa mia. Dalla tragedia ho trasformato la storia di Claudio in qualcosa di positivo per- ché sia lui che Fortunato, hanno scelto la via del- l’amore. Glielo dobbiamo».

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