Siamo arrivati alla settima tappa del nostro viaggio semiserio attraverso i protagonisti della scena pubblica lucana, un itinerario fatto di memoria, ironia e, perché no, di qualche pizzicotto satirico. An- che oggi, come nelle precedenti puntate, manterremo fede alla linea edito- riale che ci siamo dati sin dall’inizio: i profili dei personaggi ancora in vita saranno raccontati con to- no irriverente, a tratti sferzante, ma mai gratuita- mente offensivo. La nostra satira vuole essere uno specchio, talvolta deformante, ma sempre mosso dalla voglia di stimolare riflessione e sorriso. Per chi invece non è più tra noi, il rispetto assoluto sa- rà la sola voce narrante. Nessuna satira per loro, solo il riconoscimento del contributo che hanno dato, o cercato di dare, alla crescita della nostra terra. Anche in questa puntata, nel bene o nel male, i protagonisti che incontrerete hanno lasciato un’impronta sulla qualità della vita del nostro territorio. C’è chi lo ha fatto in punta di piedi e chi a colpi di megafono, chi con grazia e chi con ostinata caparbietà. A chi, leggendo, dovesse sentirsi punzecchiato, sfiorato o addirittura trafitto… niente panico: meglio essere bersaglio di satira che oggetto di oblio. Alla prossima!
Erminio Restaino: che parlava sottovoce, e lo sentivano anche i muri.
Erminio non aveva bisogno di esserci fisicamente per far sentire la sua presenza. Un politico che è stato capace di costruire una carriera fatta di sottili manovre e dissimulazioni, lontano dai riflettori ma sempre nell’occhio del ciclone, per chi sapeva dove guardare. Non era un uomo che cercava consensi con il clamore: al contrario, li raccoglieva con il silenzio, con un sorriso ironico che non tradiva mai un’emozione troppo forte. Era uno che sapeva come stare al centro senza mai farlo sembrare un posto scomodo. Una persona che, sebbene avesse occupato poltrone importanti, non ha mai avuto la necessità di gridare per farsi sentire. Per lui, la politica era più un’arte di sottrazione che di aggiunta. Non servivano parole pompose, ma sguardi giusti, gesti misurati. Discreto ma incancellabile. La sua carriera è stata un gioco sottile di equilibri e mediazioni, sempre con quella calma di chi non ha paura del silenzio. Non c’era bisogno di alzare la voce quando tutto il resto taceva in sua presenza. Il monologo teatrale che avrei scritto per lui: “Il palazzo senza luci”. Sul palcoscenico, un uomo solitario, seduto su una sedia di legno, guarda il vuoto davanti a sé. La luce fioca di una lampada lo illumina appena. Parla a bassa voce: “Ho sempre pensato che la politica fosse una grande sala vuota. E tu, di tanto in tanto, devi decide- re quando entrare e quando rimanere fuori. C’è chi pensa che il potere si misura dalla quantità di parole che riesci a dire. Ma io, io ho sempre creduto che si misuri dalla capacità di tacere quando gli altri urlano. E quando hai imparato a farlo, beh!!… allora non c’è bisogno di gridare per farsi sentire. L’attore che potrebbe interpretarlo: : Roberto Ci- tran sarebbe l’ideale: la sua presenza sobria e maestosa, il suo modo di recitare sottrattivo, dove ogni si- lenzio è carico di significato, si adatterebbero perfettamente alla figura di Restaino, la cui forza risiedeva proprio nella sua discrezione. Libro biografico: “Senza applausi. Vita riservata di un protagonista invisibile” Un libro che racconta la vita di Erminio Restaino non attraverso gli eventi eclatanti, ma riflettendo sul potere dell’invisibilità nella politica.“L’importanza di chi resta in ombra è che nessuno si accorge mai di quanto sia luminosa la sua presenza.”
Gabriele Di Mauro: Il geometra della politica lucana
Gabriele non era solo un politico, era una cartina geografica della Basilicata stampata su due gambe. Se c’era un comune che non aveva visitato, era solo perché doveva ancora nascergli un nipote lì. Socialista di quelli che ci credevano davvero, da sindaco di Tramutola ai piani alti della Regione, ha trasformato la politica in un’arte gentile, fatta di ascolto, previsioni azzeccate e battute sussurrate durante le pause caffè che si rivelavano poi spaventosamente profetiche. Non urlava mai, non si agitava: ti guardava, tirava fuori un foglio, una penna, tracciava due linee, faceva una stima al millimetro e ti diceva chi avrebbe vinto, con quanto scarto, e dove avrebbero fatto finta di aver perso di poco. Aveva la mappa della politica lucana nella testa, la statistica nel cuore e il buongusto nel portamento. Quando entrava in una stanza, non cercava i riflettori: cercava la sedia buona per ascoltare. Di Mauro sapeva che governare voleva dire capire prima degli altri, e agire quando gli altri ancora discutevano. Ha disegnato la rete sanitaria lucana come si disegna un campo da gioco: pensando prima ai giocatori, poi al pubblico. E in agricoltura ha portato soldi, dignità e un’Europa più vicina di quanto chiunque avesse mai immagina- to. Negli ultimi anni si era ritirato con eleganza tra le quinte, maestro delle mediazioni e dei consigli sussurrati nei corridoi, quelli che contano più di mille voti. Quando se n’è andato, c’è stato un attimo di silenzio vero: di quelli che, in politica, parlano più di un comizio. Il Monologo teatrale: “Appunti su un tovagliolo” Un tavolo di legno. Una penna Bic. Un uomo con lo sguardo curioso e l’aria da zio che sa tutto ma non te lo dice subito. “Mi piaceva vedere la politica come una festa di paese. Dove non conta solo chi canta sul palco, ma anche chi monta il palco, chi frigge le pettole, e pure chi si lamenta del volume troppo alto. Perché lì capisci dove va il vento. L’ Attore che penso possa interpretarlo e’ Massimo Popolizio, con la sua capacità di dare voce profonda e intensa a personaggi complessi ma umanissimi, potrebbe incarnare la saggezza garbata e visionaria di Gabriele Di Mauro. Il Libro biografico che scriverei: “Con la biro in tasca. Vita, mappe e visioni di un lucano socialista” Un viaggio nel mondo di Gabriele Di Mauro: politico gentile, matematico del- le urne, tessitore di reti sociali e sanitarie. “Capiva le elezioni prima ancora che si votasse, e la politica prima ancora che diventasse rumore”
Anna Maria Riviello: La rivoluzionaria col tailleur e la penna rossa
C’è chi fa politica per fare carriera, e chi la fa per cambiare le cose. Anna Maria Riviello apparteneva alla seconda specie, quella in via d’estinzione. A vederla, composta, elegante, quasi intimidiva con la sua calma pensosa. Ma sotto quel caschetto da filosofa batteva un cuore rosso e femminista, capace di mescolare Marx e Simone de Beauvoir senza mai sbagliare congiuntivo. Prima donna eletta nel Consiglio Regionale di Basilicata, ci arrivò quando ancora le quote rosa erano un’eresia e le donne in politica erano viste come presenze decorative, utili solo per le foto con le mimose l’8 marzo. Lei invece piantava le bandiere, scriveva leggi, rispondeva ai giornalisti, dava fastidio a chi non era pronto. Responsabile femminile del PCI in Basilicata, si è ritrovata a discutere di parità quando “pari opportunità” non era nemmeno una voce nei bilanci. Ha frequentato circoli dove De Martino parlava e Carlo Levi ascoltava. Ha costruito case per le idee con Dacia Maraini e fondato università per donne che volevano imparare e non chiedere permesso. Per lei la politica era un gesto, uno scritto, una manifestazione. Era stare con le donne, non sopra. Era la capacità rara di dire “noi” senza parlare per slogan, e di guidare senza imporsi. Non l’hanno mai vista urlare: bastava che ti guardasse per capire che non avevi studiato abbastanza. Anna Maria è la dimostrazione vivente che la politica, se la fai bene, può essere cultura, passione e disobbedienza civile tutta insieme. Il Monologo teatrale per lei: “Quella volta che zittii l’onorevole” Una cattedra, una tazza di tè, un microfono acceso. “Mi chiedono spesso: ma come hai fatto a farti largo in mezzo a tutti quei maschi? Rispondo: non mi sono mai fatta largo, ho aspettato che si spostassero. La politica è stata una sala d’attesa. E io non avevo fretta. Ho cominciato con Antonio Banfi, e sono finita a discutere di precarietà femminile. L’ attrice che potrebbe interpretarla: Lina Sastri con la sua capacità di incarnare figure intense, passionali e fortemente politiche, sarebbe perfetta per dare voce alla compostezza carismatica e all’intellettualismo combattivo della Riviello. Il Libro biografico da scrivere : “ La filosofa militante. Anna Maria Riviello: politica, donne e futuro” Un viaggio nella vita di una donna che ha saputo attraversare la storia politica italiana da protagonista silenziosa ma determinante. Dall’Unione Donne Italiane al Comitato Centrale del PCI, fino a “Se non ora quando”, il libro racconta la storia di una pioniera che non ha mai chiesto il permesso per essere dove doveva stare. “ Non ha mai cercato la parità: l’ha esercitata“.
Lorenza Colicigno: La signora delle parole e degli avatar
Se Borges fosse nato a Potenza, avrebbe avuto un’accanita rivale in Lorenza Colicigno. Donna di penna e pixel, enciclopedica e terrena, con un piede nei dialetti lucani e l’altro in Second Life, dove non si muove mai senza citare almeno tre poetesse dimenticate e una bibliografia ragionata. Nata a Pesaro, trapiantata a Potenza dal ’48, da allora si è messa a tessere parole come fili di un merletto digitale: ha scritto poesie, saggi, racconti, voci per l’enciclopedia delle donne, ha analizzato la condizione femminile nella cultura contadina e pure i “piatti detti e fatti” della cucina lucana, dimostrando che si può essere intellettuale e sapere come si fa una rafanata. Professoressa di lettere, collaboratrice RAI, animatrice di corsi di scrittura creativa in biblioteche, archivi, scuole, mondi virtuali e forse anche su Marte, ha collezionato sillogi come altri collezionano francobolli: “Quaestio de Silentio”, “Matrie”, “Cotidie”… ogni titolo sembra uscito da un dibattito tra Seneca e Simone Weil. Non scrive su qualcosa: scrive per, con, attraverso e sempre al femminile plurale. La sua militanza è intellettuale e diffusa, capillare, priva di clamore eppure impossibile da ignorare. Se non la si conosce, è solo perché non si legge abbastanza. O non si frequenta abbastanza Craft World. Ma se la incontri, magari in una scuola, in una poesia, in una riga di Wikipedia, allora non puoi più fare finta di niente: Lorenza c’è. E continua a scrivere. Il Monologo teatrale che scriverei: “Io, le donne e le tastiere” Scena essenziale, una libreria disordinata, un PC acceso. “Dicono che faccio troppe cose. Scrivo, leggo, insegno, cucino, e vado pure nei mondi virtuali. Ma io rispondo: che dovrei fare, stare ferma? La parola è movimento. L’ attrice che potrebbe interpretarla: Mariangela Melato (in una versione alternativa del tempo), con la sua voce tagliente, elegante, poetica, perfetta per incarnare l’intellettuale appassionata e sfuggente che è Lorenza. Il Libro biografico: “*La grammatica della resistenza. Vita e scritture di Lorenza Colicigno*” Dalla scuola lucana agli scenari digitali, passando per la poesia, la critica, la tradizione popolare e il femminismo culturale: una biografia che è anche un atlante sentimentale del Novecento lucano (e non solo) raccontato da chi ne ha attraversato ogni spazio reale o virtuale. “Ha portato la Lucania nelle enciclopedie e nelle nuvole”.
Nicola Savino: Il socialista con la penna rossa e l’agendina in tasca
Non ha mai fatto televisione, ma ha fatto quasi tutto il resto. Maestro elementare con vocazione pedagogica, poi funzionario Fiat, il che negli anni ’60 equivaleva a un Erasmus in tuta grigia, e poi ancora insegnante, assessore, deputato, dirigente scolastico e, soprattutto, socialista di quelli con la “S” maiuscola e la calcolatrice sempre accanto all’ideologia. Nicola Savino è stato il motore silenzioso di un riformismo lucano che sapeva di provincia ma anche di strategia: a metà tra Antonio Gramsci e un consigliere comunale di Maratea con la delega al meteo. Assessore alla Formazione e Cultura, vicepresidente del Consiglio regionale, poi vicepresidente della Giunta, infine deputato e sottosegretario alla Sanità, mentre intorno a lui il PSI passava dal- l’ebrezza alla catastrofe con la grazia di un’opera verdiana. Lui invece no: Savino ha resistito come una biblioteca scolastica nei tempi del tablet, e quando la politica ha chiuso baracca e clientelismo, è tornato al suo primo amore: la scuola. Dirige prima il Magistrale, poi il Liceo Scientifico Galilei. Il tutto con quel cipiglio da docente che corregge le bozze dei discorsi parlamentari come fossero temi di maturità. Nel ’92 scrive “ 1400 giorni a Montecitorio ”: una sorta di diario di bordo tra interrogazioni, manovre e scontrini. Nel 2017 torna con “ Quando verrà il tempo…”, rivolto ai giovani, ma anche un po’ a se stesso. Savino è il compagno che non ha mai cambiato idea, solo mestiere. Il Monologo teatrale: “ Io sono socialista, ma con metodo “ Una scrivania. Un’agenda. Un busto di Matteotti sul fondo. “Dicono che i socialisti erano solo chiacchiere e camicie buone per i comizi. Ma io ho passato più tempo nei consigli scolastici che nelle sezioni. Ho portato la cultura dove prima c’erano solo opuscoli. E ho imparato a fare l’onorevole correggendo i compiti in classe. L’attore che potrebbe interpretarlo: *Toni Servillo*, ma in versione sobria, occhiali sul naso e voce bassa. Un Savino posato, riflessivo, di quelli che anche quando alza la voce lo fa in corsivo. Il Libro biografico:“ Da Lagonegro a Montecitorio. Diario di un socialista scolastico” Non una biografia, ma un verbale sentimentale di una vita tra scuola, PSI, aula parlamentare e aula magna, con la stessa serietà, la stessa inflessione e lo stesso pacato impegno. “ In un tempo di slogan, lui continuava a scrivere verbali.” Anche oggi abbiamo aggiunto un tassello alla grande enciclopedia della politica lucana, dove tra assessorati e poesie, mozioni e dialetti, si intrecciano vite, ambizioni e memorie. C’è chi ha governato, chi ha insegnato, chi ha scritto e chi ha fatto un po’ di tutto, con passione, mestiere, e talvolta un pizzico di vanità. Ma il viaggio non si ferma qui. Domani si riparte, con nuovi protagonisti, qualche riga tagliente, un altro giro tra le stanze del potere. Perché in Basilicata la politica è una cosa seria, ma raccontarla… è ancora meglio. Domani, stesso spirito, nuova puntata.
Dino Quaratino