E poi ci sono loro, le ribelli. Quelle che, negli anni ‘90 e 2000, non si sono fermate a guardare l’evoluzione della politica lucana da una finestra, ma hanno deciso di entrare in scena a testa alta, facendo tremare i palchi istituzionali con un mix di grinta e intelligenza. Donne che hanno scelto di non adattarsi, di non rispettare gli schemi e di usare la propria voce come una chitarra distorta, capace di sfidare ogni convenzione. Non si sono accontentate di seguire le tracce lasciate dalle pioniere: hanno scritto il proprio riff, creando onde che non potevano essere ignorate. Con astuzia, passione e un po’ di sana provocazione, hanno riscritto le regole del gioco, amplificando la presenza femminile in un mondo che spesso cercava di zittirle. Il Lato B non è solo una continuazione del passato, è un cambio di ritmo, una nuova partenza, un’urgenza di dare una scossa a chi pensava che le donne fossero solo comparse in questo grande spettacolo politico. Le rockstars del Lato B non hanno paura di osare. E, con ogni nota, hanno fatto risuonare l’eco di un cambiamento che, come un assolo potente, non si dimentica facilmente.

Angela Blasi – “She’s in the Band” (Scissor Sisters)

Angela Blasi non è qui per gentile concessione o per pareggiare il conto dei generi: è qui perché spacca. Punto. Consigliera comunale a Potenza, è una di quelle che non devi sottovalutare, a meno che tu non sia in vena di figuracce epiche. La sua calma olimpica ha fatto tremare più colleghi di mille interrogazioni, e il suo pragmatismo è talmente affilato che se lo vendessero al mercato, andrebbe via a fette sottilissime sotto vuoto. Blasi è la classica traccia che all’inizio snobbi, poi la senti meglio e ti chiedi come hai fatto a vivere senza. Mentre gli altri si lanciano in sproloqui da bar sport, lei interviene con un tono di voce che starebbe bene in una sala da tè, ma con un contenuto che ti fa ingoiare l’infuso insieme alla tazza. Non ha bisogno di selfie in aula, né di performance da TikTok della democrazia. È la nemesi naturale di chi urla per riempire il vuoto: lei ti scava sotto i piedi con due parole dette bene, e mentre cerchi il terreno, lei ha già chiuso la pratica. Se la politica cittadina fosse un palco rock, lei sarebbe quella che arriva in tailleur e senza una piega prende il basso, sistema il tempo e mette tutti in riga. Nessuna sbavatura, nessuna concessione alla farsa: Angela Blasi è l’accordo giusto nel momento sbagliato per gli altri che è esattamente quando serve. In una giungla di slogan, pose e poseur, lei è la stilografica che scrive sentenze sul retro degli appunti degli altri. Una presenza solida, sobria, e spietatamente efficace. Una traccia che non solo resta in testa, ma che, dopo averla ascoltata, ti fa venir voglia di silenziare tutti gli altri.

Ivana Pipponzi – “Rumours” dei Fleetwood Mac

Non è semplicemente “l’avvocata”, è la Consigliera di Parità, ruolo che ha saputo portare alla luce come una fiaccola tra le nebbie di burocrazia e discriminazioni latenti. Quando parla di diritti, Ivana non si limita al lessico da convegno: ti guarda negli occhi, e senza alzare la voce, te li srotola uno per uno, come pergamene antiche con dentro il destino delle donne lucane. La sua è una militanza elegante, di quelle che non hanno bisogno di farsi largo a gomitate perché il suo spazio lo prende con l’autorevolezza del contenuto. Negli anni si è trasformata da giurista attenta a ogni cavillo, a presenza viva e centrale nelle battaglie più serie per le pari opportunità: violenza di genere, linguaggio sessista, parità salariale. Tutti temi su cui ha costruito una narrazione moderna e concreta, senza vezzi accademici, ma anche senza sconti. E se ogni tanto ha dato l’impressione di parlare a un pubblico che non ascoltava, l’ha fatto con la stessa ostinazione di chi suona il pianoforte in una stanza vuota, sapendo che prima o poi qualcuno entrerà ad ascoltare. Perché Ivana Pipponzi, nel concerto delle donne lucane, non è solo la tastierista: è quella che tiene il tempo, quella che scrive gli spartiti.

Lucia Sileo – La “Tina Turner” della Politica Lucana

E poi c’è Lucia Sileo, la vera Tina Turner della politica lucana. Quando parliamo di Lucia, pensiamo a una donna che ha trasformato la sua carriera politica in un’epopea di forza, perseveranza e, naturalmente, potenza. Perché, come Tina, la Sileo non si è mai fatta mettere sotto da nessuno. Se l’è presa con la politica con la stessa energia e la stessa determinazione di una rockstar che, sul palco, non si tira mai indietro. Lucia, dopo aver servito come consigliere comunale a Potenza, è diventata una delle voci più influenti nel partito ( PD). Non è una che si limita ad alzare la mano e votare: è quella che ti mette davanti a una realtà che non puoi ignorare, che scuote la poltrona e ti fa capire che il cambiamento è possibile, ma solo se lo vuoi davvero. Lucia non è mai stata la tipica figura da poltrona comoda: no, lei ha sempre preferito “l’energia” della lotta, anche se indossava i tacchi alti per farlo. E ora, nella sua nuova veste, come donna di partito nel Pd, continua a portare avanti quella voglia di rinnovamento, ma sempre con la stessa voce possente che la contraddistingue. Se la politica lucana fosse una scena di rock, Lucia Sileo sarebbe sicuramente quella che prende il microfono e fa tremare tutto. La sua canzone ideale? “What’s Love Got To Do With It”. Perché, alla fine, Lucia non si è mai fatta distrarre dalla forma, ma si è concentrata sulla sostanza: l’azione, l’impegno, la grinta. Non importa quanto la strada fosse in salita, lei ci ha messo il cuore, il fisico e la voce.

Ilaria Telesca – La ‘Pat Benatar’ delle Elezioni Lucane

Ilaria Telesca è la ‘Pat Benatar’ delle elezioni lucane. La sua carriera è stata una battaglia. E, come Pat, non si è mai tirata indietro. Cresciuta politicamente nel centrodestra, ha sempre avuto il coraggio di sfidare le convenzioni. Ha perso per una manciata di voti alle ultime elezioni, ma Ilaria è il tipo di persona che quando perde, si rialza con maggiore forza. Il suo spirito combattivo è come il riff di “Hit Me With Your Best Shot” di Pat Benatar, con la stessa determinazione e la stessa voglia di andare avanti, a testa alta. È entrata a far parte di Fratelli d’Italia con l’energia di chi sa che la sua battaglia non è mai finita. Politicamente, Ilaria ha sempre avuto una forte impronta. Se la politica lucana fosse un campo di battaglia, lei sarebbe il soldato che non si arrende mai, che ogni volta che viene abbattuto, si rialza con un sorriso e una nuova strategia. Non è solo una politica di professione, ma è una donna che ha scelto di dare voce alla propria identità in un panorama che spesso preferisce il silenzio. Ed è questo che la rende speciale: non ha paura di mettere in gioco se stessa per qualcosa che ritiene giusto. In questo, non differisce molto da una vera rockstar che lotta per la propria musica e per la propria libertà.

Loredana Costanza – La “Stevie Nicks” della Basilicata

Poi abbiamo Loredana Costanza, che ha il carisma di Stevie Nicks, la regina del rock psichedelico, ma con il pragmatismo di una politica che ha sempre guardato ai risultati. Loredana è stata per anni una delle fi- gure più influenti nel panorama politico lucano, una presenza che ha fatto scuola tanto sul piano della comunicazione quanto sulla gestione politica, tanto dentro il Comune di Potenza quanto in Regione. Il suo ruolo di addetta stampa del Comune, e poi della Regione, l’ha portata a essere sempre al centro dei giochi, una sorta di spalla invisibile dei vari sindaci che si sono succeduti, per poi arrivare a diventare assessore alla programmazione del comune di Potenza. Se dobbiamo scegliere un LP per lei, indubbiamente sarà “Rumours” dei Fleetwood Mac, un disco che mescola in modo perfetto i conflitti e la collaborazione, le tensioni e le risoluzioni. Nel corso degli anni, Loredana ha sviluppato una grande capacità di mediazione e di gestione delle situazioni complesse, qualità che l’hanno resa fondamentale nelle diverse amministrazioni. Un po’ come Stevie Nicks, ha saputo fare da guida in momenti turbolenti, eppure l’ha fatto con quella sua caratteristica eleganza, che non escludeva mai la fermezza. C’è chi l’ha criticata, chi l’ha apprezzata, ma nessuno ha potuto ignorarla. Con il passare degli anni, Loredana ha saputo mettersi al centro delle sfide più grandi, dimostrando che, anche in politica, non è solo la forza bruta che vince, ma anche l’astuzia, l’intelligenza e una visione chiara del futuro.

Federica D’Andrea – La “Amy Winehouse” della Politica

Federica D’Andrea è stata una delle donne più eleganti ma anche più taglienti della politica lucana, sebbene molti non l’abbiano mai apprezzata per il suo carattere deciso. Come Amy Winehouse, Federica non ha paura di essere se stessa, con tutti i difetti e le meraviglie che questo comporta. È stata, ed è ancora, una figura che ha sempre susci- tato opinioni contrastanti, ma come Amy, anche lei ha avuto quella profondità che non è mai passata inosservata. Nonostante il suo profilo non sia stato sempre sotto i riflettori, Federica ha portato avanti la sua carriera politica con molta più determinazione di quanto sembri a prima vista. Un po’ come la voce di “Back to Black” di Amy, Federica ha saputo riprendersi dalle difficoltà e continua- re a lottare, senza mai rinunciare a se stessa, anche quando tutto sembrava difficile. Non è una di quelle che si adatta alle aspettative degli altri, e questa è la sua forza. È riuscita a ritagliarsi uno spazio unico nella politica lucana proprio perché non ha paura di essere diversa.

Donatella Merra – Highway to Hell (AC/DC)

Donatella Merra è l’asfalto sotto le ruote, la curva pericolosa, il guard-rail saltato e pure il cartello che dice “rallentare” mentre tu hai appena ingranato la quinta. Ex assessora regionale al- le Infrastrutture e ai Tra- sporti, sembrava uscita direttamente da un videoclip degli AC/DC: giubbotto di pelle (istituzionale), sguardo determinato e un’agenda piena di viadotti, gallerie, strade che non si vedono e appalti che invece si vedono pure troppo. Non ha mai avuto paura di pigiare sull’acceleratore, anzi, pare ci abbia preso gusto. Di lei si può dire tutto tranne che sia rimasta in folle: ha guidato il settore con una certa furia progettuale, con una retorica tutta sua fatta di chilometri, metri cubi e rotatorie come fossero metafore della vita. Il suo LP ideale? “Highway to Hell”, ovviamente, ma non perché voglia portare la Basilicata all’inferno, bensì perché è l’unica che su quella highway ci si è messa davvero. E ha anche fatto inversione a U in tangenziale, se necessario. Tra le poche donne di centrodestra ad avere un profilo tecnicopolitico, ha sempre saputo dove stava andando. Anche quando tutti intorno sembravano smarriti al primo incrocio.

Laura Mongiello – Radiohead, “OK Computer”

Laura Mongiello è un po’ come OK Computer dei Radiohead: intellettuale, complessa, e ti fa sentire sempre un po’ fuori posto se non sei abbastanza preparato. Un disco che non ti accarezza ma ti scaraventa dentro un mondo fatto di vibrazioni ambientali, transizioni energetiche e rifiuti tossici, non solo quelli fisici, ma anche quelli politici. Non aspettatevi un “grande classico” della politica lucana, una di quelle figure da selfie e sorrisi ammiccanti. No, lei non ha bisogno di posare per le foto; lei è quella che sta dietro le quinte a sistemare la batteria e a fare in modo che la transizione ecologica non sia solo una canzone che si canta in qualche incontro pubblico, ma una realtà da mettere in pratica. Però, se pensate che lei abbia solo soluzioni pronte e sbiadite, vi sbagliate: il suo lavoro è più da “album concettuale” che da hit radiofonica. Le sue politiche ambientali sono complesse, a volte criptiche, ma lasciate spa- zio alla speranza, una speranza che fa più rumore di un pianoforte suonato da un robot, come le trame elettroniche di quel disco che ti invita a guardare oltre. Nella Giunta Bardi II, lei è il rumore bianco che satura l’aria di coscienza ecologica, ma con un’astuzia che pochi possono vantare. Non è la “*rockstar*” della politica che fa scintille davanti ai riflettori. No, lei è la rockstar che suona in sottofondo mentre gli altri si perdono in discorsi senza capo né coda. È la transizione energetica che non ti aspetti, l’ecologista incazzata che parla con l’accento della Basilicata e la mente di un ingegnere del suono. E se non capisci subito il suo sound, bene: ti sta preparando alla realtà.

Stefania D’Ottavio– “Jagged Little Pill” di Alanis Morissette

Stefania è quella che ti guarda e non dice nulla, ma tu sai già che ti sta giudicando. E non sbaglia. Ex Assessore alla cultura del comune di Potenza , spiri- to indipendente e poco in- cline ai teatrini da circo Barnum del potere, D’Ottavio è quella che quando entrava in aula sembrava dire: “*Io non sono qui per farmi fotografare, ma per rompervi le scatole.*” Non si è candidata alle ultime elezioni. Forse per dignità, forse per non dover frequentare ancora le riunioni con chi confonde il consiglio comunale con un’assemblea condominiale. Stefania è “*Jagged Little Pill*”, un disco ruvido, viscerale, tagliente, ma capa- ce di graffiare l’anima e lasciarti lì, con la consapevolezza che non basta una bella faccia per cambiare il mondo. Ha detto cose scomode, ha difeso battaglie scomode, ha parlato di legalità, trasparenza, coerenza. In Basilicata. E questo basta a classificarla come una rockstar fuori scala. E proprio come Alanis, a un certo punto ha detto: “Grazie, ma adesso basta.” Lasciando dietro di sé non solo una scia di rimpianti, ma anche di brani irrisolti che nessuno ha più il coraggio di suonare.

Alessia Araneo – “Born to Die” di Lana Del Rey

Alessia Araneo è oggi consigliera regionale, ma il suo stile non si piega alla geografia istituzionale: resta una creatura elegante, laterale, tutta sussurri e stile, capace di attraversare il Palazzo senza mai sporcarsi i tacchi. In un panorama politico spesso urlato, lei è l’equivalente del sussurro che zittisce l’intera stanza. E non perché non abbia voce, anzi, ma perché sceglie di usarla solo quando serve davvero. Il suo LP, manco a dirlo, è “Born to Die” di Lana Del Rey: un concentrato di grazia inquieta, di malinconia colta, di bellezza che non ha bisogno di giustificarsi. Araneo in Consiglio Regionale è come Lana sul palco: una presenza magnetica che non cerca il riflettore ma lo attrae, lo piega, lo converte. Le sue interviste sembrano estratti di romanzi postmoderni, dove ogni parola è pesata, ogni pausa è pensata, e ogni sorriso è un monito per chi pensa di sottovalutarla. Ex consigliera comunale e ora in ascesa regionale, Alessia non fa politica: compone una narrativa istituzionale. Non grida, incanta. Non scalpita, trama. E se deve dire qualcosa di importante, non lo fa con un comunicato stampa, ma con lo sguardo fermo di chi ha già capito tutto e ti lascia il tempo di arrivarci da solo. Nel suo mondo la politica non è teatrino, è cinema d’autore. E se la Regione fosse Hollywood, lei sarebbe la *Cate Blanchett lucana*: algida, intensa, inaccessibile, perfettamente a fuoco anche in controluce.

Antonella Pellettieri – La Maestra di Cerimonie della Politica Lucana “Bitches Brew” – Miles Davis

Antonella Pellettieri è quella che, quando entra in una stanza, cambia immediatamente la temperatura dell’aria. Non è il tipo che alza la voce, eppure sa farci sentire come un sax impazzito nel cuore della notte. Nel 2010, quando la “sfilata” dei Turchi rischiava di ridursi a un comizio di provincia, Antonella è stata chiamata a mettere ordine in un caos che nessuno sembrava voler fermare. Con la sua lucidità glaciale e il suo rigore, ha preso in mano la situazione come un direttore d’orchestra che cerca di restituire armonia a una sinfonia mal riuscita. Era un compito ingrato, un po’ come cercare di mettere ordine in una giungla di ego, regole infrante e piani a metà. Ma Antonella, con la sua capacità di risolvere la matassa di regolamenti e disciplinari, è riuscita a dare un senso alla “Parata”. L’ha fatta passare da un evento folkloristico a qualcosa che poteva aspirare ad avere una dignità storica. E quando, poco dopo, il sindaco di turno ha deciso di stravolgere tutto, annientando la sua visione con un colpo di spugna dettato più dal desiderio di cancellare il passato che di costruire il futuro, Antonella non ha avuto paura di lanciare la sua critica. Non con urla, ma con un gesto semplice e preciso, come un assolo di contrabbasso che ti fa capire che non è più il momento di chiacchierare: è ora di suonare davvero. Il risultato? La Parata dei Turchi trasformata in uno show politicizzato che ha tradito il suo spirito storico. Un’occasione persa per puntare alla vera cultura, sacrificata sull’altare della vanità e dell’ambizione personale. Antonella, con la sua critica pungente e senza peli sulla lingua, ha dimostrato che, quando si parla di cultura, non si può scendere a compromessi. Eppure, nonostante la sua visione lucida e il suo co- raggio di andare contro- corrente, è stata più volte ignorata o minimizzata. Ma chi ha davvero il senso della storia sa riconoscere il valore di chi, co- me Antonella, sa cosa significa fare politica con la “P” maiuscola. Se dovessimo trovare un album che rappresenta Antonella Pellettieri, sicuramente sarebbe “Bitches Brew”: un’opera che non tutti capiscono subito, ma che, con il tempo, si rive- la un capolavoro indiscusso per chi sa apprezzare l’arte vera.

Margherita Sarli – The Cranberries

Margherita Sarli è la nostra versione lucana dei The Cranberries: quel gruppo che quando lo ascolti dici “Ah, c’è ancora qualcuno che fa così?” e poi ci resti dentro, forse senza nemmeno capirci troppo. Giornalista? Beh, sì, ma non proprio quella che ti fa venire il brivido con le sue inchieste. Piuttosto è la giornalista che racconta i fatti con una puntualità che, se fosse una melodia, sarebbe quella delle canzoni più malinconiche: ti racconta la verità senza fronzoli, ma con una distensione che ti fa sembrare che tutto vada bene, anche quando non è così. Poi arriva il colpo di scena. Lei non è tipo da re- stare dietro le quinte a par- lare di chi sta dietro alle quinte. No, Margherita non si accontenta di scrivere articoli. Come una rockstar che sa che il suo pubblico ha bisogno di un altro livello, decide di calcare il palcoscenico. E così, dopo aver tentato la sorte alle elezioni comunali di Pignola, senza peraltro conquistare il cuore degli elettori, si butta su una nuova sfida: essere l’amministratore unico dell’APT Lucana. Un ruolo che, lasciatemelo dire, non è affatto una “piccola carica” come qualcuno potrebbe pensare. Non è il classico posto da “accomodamento” per chi ha perso una corsa elettorale. Margherita, invece, si prende il comando dell’Agenzia di Promozione Territoriale con l’agilità di chi sa bene che in politica è meglio essere “al comando” che “a comando”. Sì, il suo approccio alla politica è un po’ da “rockstar alternativa”: sa come destreggiarsi tra il backstage e i riflettori, tra una dichiarazione a microfono spento e un’iniziativa che, anche quando non brilla nei riflettori nazionali, ha comunque un suo peso. Se i The Cranberries suonavano con un misto di malinconia e intensità, Margherita Sarli risponde alle necessità del territorio lucano con una risolutezza che sa di soluzioni pratiche, senza troppi giri di parole. E se qualcuno pensava che la politica lucana fosse solo una passerella di bighe o band più note, Margherita è lì a ricordare che la politica può essere anche il riff di chitarra che parte silenzioso ma che ti accompagna fino al finale: chi ci crede, ci resta. E chi non ci crede… beh, può sempre farsi un giro in APT. Fine del disco (per ora) E anche questo LP tutto al femminile è giunto alla sua ultima traccia. Sul Lato A abbiamo risentito le voci delle pioniere, quelle che hanno aperto la strada tra Consigli, Commissioni e confini di genere, spesso con scarpe scomode e microfoni ostili. Sul Lato B si sono alternate invece le eredi rumorose, quelle che non hanno ancora fatto la storia, ma di certo hanno saputo farsi sentire, nel bene e nel male, tra una campagna elettorale e un selfie con fascia tricolore. Come già accaduto per il disco degli uomini, anche questo LP non voleva essere altro che un momento di gioco intelligente, satira pungente e affettuosa, una piccola enciclopedia semiseria di ciò che la politica lucana ha prodotto, o forse subito, negli ultimi trent’anni. Perché ridere fa bene, ma farlo della (e con la) politica è ancora meglio. E poi, diciamolo: tra una riga e l’altra, chi vuole può cogliere il disagio reale che tanti cittadini vivono, tra promesse a vuoto e cambi di partitura a metà concerto. Se qualcuno o qualcuna si è sentito toccato, sfiorato o addirittura stonato, l’unico consiglio che posso dare è: *rileggete tutto con la leggerezza necessaria*. Perché la satira, quella buona, graffia, sì, ma non ferisce mai senza motivo. Un grazie sincero a chi ha interagito con me in privato, con aneddoti, spunti e frecciate di ritorno. E un grazie speciale all’editore che, come sempre, non ha messo il naso nei miei scritti. Non è solo libertà: è fiducia. E di questi tempi, è quasi rivoluzione. Il giradischi si ferma. Il fruscio dell’ultima traccia svanisce. Ma tranquille (e tranquilli): presto qualcun’altra salirà sul palco, pronta a incidere il prossimo brano. E noi saremo qui, a regolare il volume.

Dino Quaratino

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