Davanti al preoccupante colpo di coda dell’inflazione lucana fosse ancora vivo, lucanamente parlando, il buon Gianmario Mariniello avrebbe di certo avuto crampi d’indignazione patriottica, solo per le volte che da bravo capo ufficio stampa del governatore s’è scervellato, fino all’agonia statistica, ad agganciarsi a qualche primato positivo come quello della regione meno cara d’Italia, vanto di cui spesso e volentieri s’è beato proprio il serafico Vito Bardi contro la ridda di gufi e detrattori al suo celestiale operato. Ora però che, bontà sua, è passato a miglior vita istituzionale diventando portavoce del ministro del lavoro Marina Calderone, l’ISTAT s’è, per così dire, rifatta sotto infilando la povera Basilicata, già tramortita da tutta la negatività piovuta addosso da PIL, export, retribuzioni, povertà, spopolamento a metà classifica nazionale, solo poco dietro il costosissimo Lazio e con Potenza in versione salata fino al punto d’essere più cara delle turistiche Roma, Rimini, Milano, Firenze, solo per stare in un breve, ma già drammatico elenco dei capoluoghi dell’inflazione d’Italia. Canta il grande Fabrizio De André:“Ca’ ci sta l’inflazione, la svalutazione e la borsa ce l’ha chi ce l’ha…”   

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