La verità nuda: cultura non significa solo eventi e folklore. Diciamolo chiaramente: in Basilicata la cultura è stata trattata per troppo tempo come un ornamento, un’aggiunta da usare quando serve impressionare, ma da accantonare quando arrivano i tagli. Ci si è illusi che bastasse un festival, una rassegna estiva, un convegno ben fotografato. Ma la cultura, quella vera, non è un evento spot: è infrastruttura viva, quotidiana, radicata. È un sistema produttivo che può, e deve, generare lavoro, attrattività, identità. È anche una voce economica. Non in senso astratto, ma reale: ogni euro investito in cultura genera ricadute, economia circolare, possibilità di restare. Possibilità di scegliere di vivere qui. Ed è per questo che voglio fare l’Assessore alla Cultura della Regione Basilicata. Non per galleggiare nell’esistente, ma per mettere in discussione tutto quello che oggi viene chiamato “normale”. Una regione con l’anima antica. Ma dimenticata da chi dovrebbe valorizzarla La Basilicata è un giacimento culturale a cielo aperto. Eppure gran parte del suo potenziale giace sotto la polvere dell’invisibilità. Abbiamo castelli normanni e svevi tra i più belli d’Italia. Il Castello di Melfi, ad esempio, è un gigante silenzioso che racconta l’Europa medievale, ma che pochi fuori dai confini regionali conoscono davvero. Abbiamo siti archeologici come Metaponto, cuore della Magna Grecia, con le Tavole Palatine che svettano nella solitudine della piana. Abbiamo Venosa, con la sua stratificazione millenaria, dai romani ai normanni fino a Orazio. Abbiamo borghi densi di storia e bellezza come Aliano, Castelmezzano, Pietrapertosa, Guardia Perticara, Viggianello. Abbiamo musei che raccontano civiltà, ma che restano fuori dalle grandi rotte culturali. Abbiamo parchi letterari legati a Carlo Levi, Isabella Morra, Albino Pierro, Michele Parrella, Giuseppe De Luca. Abbiamo materie prime culturali che qualsiasi regione ci invidierebbe. Eppure? Eppure spesso restano lì, mal promossi, non integrati in un progetto sistemico, separati gli uni dagli altri, scollegati da una visione. Una Basilicata europea, non folcloristica Basta con l’immagine da cartolina. La Basilicata de- ve abbandonare la narrazione turistica posticcia e diventare soggetto culturale europeo. E può farlo, se sa intercettare le risorse europee dedicate alla creatività, alla digitalizzazione dei patrimoni, ai partenariati internazionali. Ma per farlo serve: un ufficio regionale per la progettazione europea in ambito culturale, che assista Comuni, associazioni, enti e imprese culturali; la partecipazione attiva ai network come RESEO, IETM, EDN, Trans Europe Halles La creazione di residenze d’artista internazionali, in rete con altre regioni del Sud Europa, la promozione di coproduzioni lucane che possano viaggiare nei teatri d’Europa. Non bastano le eccellenze, serve una politica culturale vera Abbiamo avuto Matera 2019. Un faro. Ma cosa è successo dopo? Cosa abbiamo fatto con quella spinta? Abbiamo costruito filiere, reti, percorsi duraturi? Oppure abbiamo lasciato che si spegnesse, lentamente, il riflettore? Il mio progetto parte da una consapevolezza semplice: la Basilicata non ha bisogno di altri eventi una tantum. Ha bisogno di un eco- sistema culturale. Serve: una rete integrata di musei, borghi, siti archeologici con un’unica regia comunicativa; una produzione culturale stabile, non solo programmazione; luoghi pubblici e privati messi in condizione di lavorare tutto l’anno e non solo nel weekend estivo; una politica che tratti la cultura come un investimento strategico, non come voce da tagliare. Cultura significa lavoro. Se la smettiamo di considerarla folklore Oggi fare cultura in Basilicata è una sfida di resistenza. Chi lavora in teatro, musica, danza, arti visive, patrimonio, deve lottare contro l’assenza di prospettiva. Manca una regia, mancano fondistrutturali, manca una visione integrata con turismo, scuola, digitale, rigenerazione urbana. Ma il paradosso è che la cultura potrebbe essere uno dei motori occupazionali più forti della nostra regione. Penso: al restauro del patrimonio artistico, alla gestione dei musei, all’organizzazione di rassegne multidisciplinari, alla didattica culturale nelle scuole, alle residenze artistiche nei borghi, alle imprese culturali e creative che potrebbero nascere grazie a un piano di microcredito regionale. Serve solo una cosa: considerare la cultura un settore produttivo vero. Una rivoluzione educativa e generazionale Educare alla cultura significa educare alla cittadinanza. Voglio proporre un Protocollo Cultura-Scuola Impresa, che preveda: Presenza stabile degli operatori culturali nelle scuole; Coinvolgimento degli studenti in progetti di co-creazione artistica; Laboratori di teatro, musica, danza, arti visive aperti ai quartieri popolari; Festival ideati e curati dai giovani, con budget, spazi e tutor; Program- mi di alternanza scuola-lavoro nel settore culturale e creativo. Se non investiamo nei giovani oggi, domani avremo platee vuote e artisti disoccupati. Se non formiamo pubblico oggi, non avremo cittadinanza culturale domani. Cultura è anche paesaggio. E la Basilicata è un’opera d’arte geologica Non possiamo parlare di cultura in Basilicata senza parlare del paesaggio. La nostra regio- ne è mare e montagna nella stessa giornata, collina che accoglie e bosco che protegge. È Maratea, che sfida il cliché delle coste tirreniche abbandonate. È il Parco Nazionale del Pollino, dove il silenzio ha il suono della bellezza pura. È la Val d’Agri e la Val Camastra, dove storia e natura si intrecciano. È l’altopiano della Murgia materana, con i suoi canyon carsici e i suoi insediamenti rupestri. E tutto questo non può essere disgiunto dalla visione culturale. Perché cultura è anche cammino, racconto orale, memoria del territorio. È arte contemporanea che dialoga con l’ambiente. È un pro- getto culturale che ti porta a dormire in un borgo e svegliarti in una storia. Potenza: la capitale culturale che non sappiamo di essere Potenza, la nostra capitale, è un luogo con una grande storia, ma che troppo spesso viene percepito come una città che vive nell’ombra delle sue stesse potenzialità. Una città che merita di essere riscattata, di emergere finalmente come centro culturale vitale, non solo per la Basilicata, ma per l’intero Meridione. La città ha un patrimonio immenso che non può più essere ignorato. Il suo centro storico, purtroppo in parte dimenticato e in degrado, è una miniera di storia e bellezza, che merita di essere messa in rete con le altre realtà della regione. Potenza ha le carte in regola per diventare un luogo in cui la cultura non sia solo un’idea astratta, ma una presenza tangibile, che si articola nei suoi spazi, nelle sue piazze, nei suoi teatri. Ma come fare? Prima di tutto, serve una visione. Teatro, arte e cultura: la rinnovata centralità della città Iniziamo con il Teatro F. Stabile, un gioiello che non può più restare relegato a una programmazione sporadica, ma deve diventare il cuore pulsante di una produzione culturale stabile, continua, che abbraccia la musica, la danza, il teatro e le arti visive. Il teatro non può più essere una struttura sottoutilizzata, un luogo che aspetta solo eventi una volta all’anno. Deve diventare un centro di produzione, di residenza artistica, un palcoscenico per le realtà locali e internazionali. Inoltre, la creazione di una rete di spazi culturali che includa non solo il teatro, ma anche gallerie d’arte, musei e luoghi di incontro per le arti visive, è fondamentale. Potenza deve essere un luogo in cui le diverse forme artistiche possano dialogare, creando una sinergia che diventi visibile, apprezzata e sostenibile. Rigenerare il centro storico: un’opportunità per l’arte e il commercio Il centro storico di Potenza deve essere oggetto di una progettazione culturale integrata, dove le vie, le piazze e gli spazi pubblici diventino non solo luoghi di transito, ma luoghi di vita culturale e sociale. Potenza può diventare la città che vive 365 giorni l’anno, non solo nei weekend estivi. La creazione di residenze artistiche, di laboratori di arte e di imprese culturali nei suoi borghi e nel suo centro storico è l’unica via per far rinascere la città. Si potrebbero introdurre workshops di artigianato contemporaneo, progetti di street art e *performance itinere, così facendo, rendere ogni angolo della città un palcoscenico di espressione creativa. La valorizzazione del patrimonio storico e artistico di Potenza deve essere accompagnata dalla creazione di spazi multifunzionali in cui cittadini e visitatori possano incontrarsi, apprendere, confrontarsi e godere di eventi culturali di alta qualità. Non basta abbellire, bisogna ridare vita agli spazi. I negozi storici, i locali, le piazze devono diventare il terreno fertile per iniziative artistiche e culturali che coinvolgano la comunità locale e i turisti. Immaginate un centro che non sia solo un cuore commerciale, ma anche culturale, dove ogni strada, ogni piazza, ogni negozio ha una funzione che va oltre quella di “commercio”. Un centro storico in cui il turismo non è un fenomeno stagionale, ma un’esperienza che dura tutto l’anno, creando un flusso continuo di persone, idee e creatività. Il futuro: da oggi alla rivoluzione culturale lucana La Basilicata è una terra di straordinarie contraddizioni: ricca di risorse, ma priva di una strategia culturale che sappia farle emergere. Non possiamo più permetterci di essere solo un gioiello nascosto, un angolo di bellezza che pochi conoscono. È il momento di prendere il nostro posto nel panorama culturale europeo, di investire nei nostri giovani e di far sì che la cultura diventi il vero motore del cambiamento. Non basta dire che la cultura è importante. Bisogna fare cultura, lavorare ogni giorno per costruire una rete che abbracci tutti i settori: dal turismo alla formazione, dall’arte al commercio, dall’ambiente alla digitalizzazione. La cultura deve diventare una risorsa che genera lavoro, benessere, coesione sociale. Una risorsa che non si spreca in eventi isolati, ma che entra nel vivo della vita quotidiana delle persone, che stimola la curiosità e la voglia di fare, che crea ponti tra generazioni diverse, tra comunità e territori diversi. La Basilicata ha l’opportunità di diventare un laboratorio di creatività, un luogo in cui la cultura è protagonista assoluta. E per farlo, serve una visione, una strategia chiara e soprattutto un impegno concreto da parte di chi, come me, vuole fare dell’arte e della cultura il cuore pulsante di una nuova identità regionale La cultura è l’unica vera rivoluzione Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni, è che la cultura non è un lusso, non è un decorativo accessorio alla vita sociale ed economica. La cultura è una rivoluzione, è la forza che cambia le cose, che tra- sforma le persone e le comunità, che riscatta i luoghi e crea opportunità. Ecco perché la mia proposta è semplice: una Basilicata culturale, aperta, innovativa, che non ha paura di mettersi in gioco. Una regione che si prenda la responsabilità di investire nel futuro della propria gente e delle proprie bellezze. Non è solo una questione di identità, è una questione di sostenibilità. Investire in cultura significa investire nelle persone, nei giovani, nelle idee. Significa aprire il futuro e fare di questa terra un luogo di opportunità, non solo di bellezza. La cultura è il luogo nostro futuro comune. La Basilicata ha le risorse, la storia e la forza per diventare un esempio di come cultura e sviluppo possano camminare insieme. Se siamo pronti a fare il salto, questa rivoluzione è a portata di mano. Per questo, io voglio far parte di questa rivoluzione. Vogliamo farlo insieme?

Dino Quaratino

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