Fondi europei, confermato in Appello il danno erariale relativo alla società Cooperativa agricola “L’oro del Sud” con sede legale in Scanzano Jonico. Il contributo comunitario indebitamente percepito era a valere sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e rientrava nel Progetto “Ortofrutta Magna Grecia”, approvato dalla Regione Basilicata nel 2012. Il progetto era diretto alla realizzazione di un consistente miglioramento del- la struttura produttiva aziendale con interventi, anche strutturali ed edilizi, sui locali di svolgimento dell’attività e con acqui- sto di macchinari. Nel dicembre del 2023, la Corte dei Conti della Basilicata ha condannato, in solido, la società citata e il calabrese Giovanni Occhiuto, all’epoca dei fatti legale rappresentante di detta società, al pagamento in favore della Regione Basilicata della somma di 78 mila e 915 euro, da maggiorare della rivalutazione monetaria e degli interessi nella misura legale. L’investimento complessivo, stimato in poco più di 450 mila euro, era previsto che fosse realizzato in parte con risorse proprie (292 mila euro circa) e in parte a titolo di contributo pubblico di 157 mila e 830 euro. La società ottenne l’anticipazione del contributo concesso di 78 mila e 915 mila euro, pari al 50% dell’intero, ma, come risultato dagli approfondimenti istruttori, al 2013 non aveva «provveduto a utilizzare le risorse ricevute per la realizzazione del progetto sovvenzionato né aveva presentato domanda di pagamento per il saldo». Non solo. La fideiussione non era stata escussa perché alla Lig Insurance SA, società assicurativa romena che aveva sottoscritto la garanzia, era stata revocata l’autorizzazione all’esercizio dell’attività ed era stata disposta procedura omologa alla liquidazione coatta amministrativa. Nel 2017, dalla Regione la revoca del contributo con contestuale attivazione dell’iter per il recupero delle somme erogate. Pochi mesi dopo, l’Ufficio erogazioni comunitarie in agricoltura (Ueca) aveva costituito in mora la società. Dal vaglio degli atti, «indubitabile» che gli obblighi incombenti sulla società beneficiaria «non fossero stati onorati». Rimarcato anche il «valore confessorio» delle dichiarazioni rese ai militari della Guardia di Finanza da Occhiuto che aveva riconosciuto come dopo aver presentato domanda per la parte relativa all’anticipazione di 78 mila e 915 euro, si era reso «conto delle impossibilità finanziarie dell’azienda nel proseguire il progetto», specificando «inequivocabilmente» che «i lavori previsti dall’investimento non sono mai iniziati». Per Occhiuto, non è stato sufficiente a scagionarlo la circostanza consistente nell’aver prodotto un atto di rinuncia al progetto e di conseguenza al contributo. Per i giudici, si sarebbe potuto individuare la buona fede invocata dalla società beneficiaria qualora la stessa, accortasi dell’impossibilità pratica alla realizzazione dell’investimento, e comunicata la rinuncia alla Regione, avesse poi, conseguente- mente e logicamente, «provveduto alla restituzione delle somme indebitamente percepite». Invece, a conferma dell’«iniziale intento doloso», la «persistente volontà di trattenere illecitamente tali somme». Per questi e altri motivi, appello respinto e consequenziale integrale conferma della sentenza di condanna emessa dalla Corte dei Conti di Basilicata.

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