È GIUSTO INFORMARE 
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE CON LA SQUISITA COLLABORAZIONE DELLA CRIMINOLOGA DOTTORESSA URSULA FRANCO
Criminologa Dott.ssa URSULA FRANCO

URSULA FRANCO medico – criminologo – Statement Analyst
Qualche riflessione sul caso Chiara Poggi:
🔹Chi ha indagato sull’omicidio di Chiara Poggi ha commesso un errore fatale, non ha sequestrato l’allarme di casa Stasi dalla cui memoria si sarebbero potuti evincere i movimenti dello stesso.
🔹Il 12 agosto, Stasi aveva intenzione di dormire con la fidanzata, furono i dissidi con Chiara che lo indussero a tornare nella sua casa di via Carducci.
Alberto Stasi ha mentito agli investigatori quando ha detto che non era sua intenzione restare a dormire da Chiara, lo ha fatto per nascondere la discussione, ovvero il movente dell’omicidio.
Se avesse avuto intenzione di tornare a casa sua a dormire, Alberto non sarebbe andato a chiudere il cane tra le 21.59 e le 22.10 per poi tornare a casa di Chiara ed infine rientrare poco dopo in via Carducci.
🔹Stasi, dopo aver discusso con la fidanzata nelle prime ore del 13 agosto, forse di una promessa non mantenuta, ha lasciato casa Poggi, è tornato poche ore dopo per chiarire, per chiedere a Chiara di non “sputtanarlo”, ma non è riuscito nel suo intento, e per questo l’ha uccisa.
Avvalora l’ipotesi dell’omicidio d’impeto la presenza della bicicletta di Stasi, la Umberto Dei Milano, all’esterno della casa della vittima.
Se Alberto fosse andato da Chiara con l’intenzione di ucciderla, avrebbe quantomeno nascosto la sua bicicletta nel giardino di casa Poggi
🔹Blindare la testimonianza della signora Franca Bermani, madre di una vicina di casa di Chiara Poggi, è stato un altro errore dell’accusa.
La signora Franca Bermani ha infatti dichiarato di aver visto una bicicletta nei pressi del cancello di casa Poggi verso le 9.10 del 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio di Chiara.
La testimone associò la presenza della bicicletta ad un risveglio precoce di Chiara ad opera dell’ospite con la bicicletta.
Chiara aveva disattivato l’allarme perimetrale della propria casa alle 9.12, molto probabilmente in concomitanza con l’arrivo di questo soggetto.
L’associazione di idee della signora Bermani, bicicletta/risveglio, le ha permesso di ricordare di aver visto una bicicletta a quell’ora, la sua testimonianza è quindi credibile per quanto attiene alla presenza di una GENERICA BICICLETTA.
La Bermani non si è limitata però a dichiarare di aver visto una bicicletta, che tra l’altro vide da dietro e da circa 15 metri di distanza, ma l’ha descritta. La Bermani, nonostante fosse lucida ed in buona fede, ha fornito dettagli che non aveva motivo di ricordare.
Assumere per veritiere alcune specifiche informazioni fornite dalla teste è stato un errore del giudice del processo di primo grado, Stefano Vitelli.
Se la testimonianza della teste fosse stata valutata sulla base della psicologia della testimonianza, sarebbero emerse le involontarie falsità e inesattezze riferite dalla Bermani.
Il giudice Vitelli, nonostante avesse compreso il rischio di assumere come veritiera la descrizione in toto della bicicletta ad opera della teste Bermani, nell’analisi critica di tale testimonianza ha purtroppo giudicato credibile quella parte di testimonianza riguardante il modello e il colore della bicicletta.
Unico dato testimoniale certo invece era la presenza di una generica bicicletta.
La Bermani quel giorno vide infatti solo una generica bicicletta di cui fissò il ricordo per l’associazione di idee con il risveglio precoce di Chiara.
URSULA FRANCO

Il 25 agosto 2007 la Bermani, in sede di sommarie informazioni, descrisse così la bicicletta: di colore nero, la sella alta con le molle sottostanti cromate, il portapacchi posteriore a molla, la canna curva e non rettilinea, senza i copriruote posteriori, mentre in udienza disse che la bicicletta aveva i copriruote posteriori.
La sella alta con le molle sottostanti cromate, il portapacchi posteriore a molla, i copriruote posteriori e pure la canna curva sono elementi descrittivi della bicicletta Umberto Dei Milano di Alberto Stasi.
Quando le fu mostrata la bicicletta Bicicletta Umberto Dei Milano, modello Giubileo uomo di Alberto Stasi, la teste negò con forza che fosse quella vista la mattina dell’omicidio.
La bicicletta le fu mostrata in una prospettiva frontale e non da dietro come lei ricordava di averla vista e anche per questo non può che esserle apparsa diversa.
Su quale base il giudice Vitelli ha ritenuto che alcuni tra i dettagli riferiti dalla teste corrispondessero alla bicicletta vista quella mattina e ha invece escluso tutti quelli riferibili alla bicicletta Umberto Dei Milano di Alberto Stasi?
Il giudice Vitelli, per non sbagliare, avrebbe dovuto attenersi ad un’unica macrodescrizione: BICICLETTA
Le parti civili avrebbero dovuto mettere in dubbio che la bicicletta vista dalla Bermani fosse nera da donna.
La consulenza di un esperto di psicologia della testimonianza avrebbe permesso di attribuire il giusto valore alla testimonianza della Bermani.
Nessun teste è capace di rievocare i fatti di cui è stato testimone sotto forma di riproduzioni fotografiche. Un teste, suo malgrado, è capace solo di rievocare verità soggettive.
A causa di distorsioni, falsi ricordi e dimenticanze, il ricordo non è altro che una personale interpretazione dei fatti osservati.
Fattori personali ed elementi esteriori agiscono su ciascuna delle tre fasi del processo testimoniale, acquisizione, ritenzione e recupero, distorcendolo.
Tali distorsioni, sommandosi, tendono ad allontanare il contenuto testimoniale dalla realtà dei fatti. Alcuni testimoni, pensando di essere d’aiuto alle indagini, tendono a colmare le proprie lacune, a riordinare i ricordi, a compiacere l’intervistatore.
Un’altra causa di errore deriva dal modo in cui un esaminatore si rivolge al teste, egli dovrebbe limitarsi a domande aperte, le uniche non suggestive.
Ma veniamo al nostro caso specifico, accertata dunque, attraverso la testimonianza della teste Bermani, la presenza di una generica bicicletta, la logica avrebbe dovuto condurre il giudice Vitelli a concludere che tale bicicletta non poteva che essere la Umberto Dei Milano di Alberto Stasi per la presenza del DNA di Chiara sui pedali e che quindi Stasi non poteva che essere l’autore dell’omicidio.
Stasi, dopo aver commesso l’omicidio, gettò gli abiti e le scarpe insanguinate, si lavò e pulì la bicicletta Umberto Dei con la quale si era mosso quella mattina.
Dopo il lavaggio, sulla bicicletta, in particolare sui pedali, rimasero solo tracce di sangue di Chiara, a testimonianza del fatto che il suo DNA era quello presente in maggior quantità rispetto agli altri.
🔹Durante gli interrogatori, Stasi è incorso in un enorme passo falso quando ha cercato di giustificare la presenza del sangue di Chiara sui pedali della sua bici Umberto Dei. Alberto ha infatti sostenuto di aver pestato, nei giorni precedenti all’omicidio, il sangue mestruale della fidanzata e di averlo trasferito sui pedali, una spiegazione inverosimile. Alberto però, con la sua risposta, non ha fatto che confermare che quello repertato dai RIS sui pedali era sangue di Chiara.
🔹Alberto Stasi ha chiamato il 118 alle ore 13.50 del 13 agosto 2007:
Durante tutta la telefonata l’operatore ha dovuto “estorcere” informazioni che inaspettatamente Stasi non gli ha rivelato spontaneamente.
Stasi ha richiesto un’ambulanza fornendo un indirizzo mancante del numero civico, numero del quale Alberto avrebbe potuto rapidamente accertarsi.
Alberto Stasi non ha informato il telefonista del 118 che il corpo di Chiara si trovava sulle scale che conducono nella cantina della villetta.
Stasi era a conoscenza che il cancello di casa Poggi era chiuso e che, inevitabilmente, tale circostanza avrebbe rallentato i soccorsi, ma non si è preoccupato di tornare indietro per aprirlo e per riferire il numero civico.
Una riprova del fatto che Stasi non aveva urgenza che Chiara venisse soccorsa.
Alberto Stasi ha comunicato la probabile morte di Chiara senza avere le competenze mediche per farlo.
Comunicare la morte di un soggetto per il quale si stanno chiamando i soccorsi, non è certamente un invito rivolto ai soccorritori a recarsi rapidamente sulla scena.
La reazione di un innocente che scopre la vittima di un omicidio o di un incidente è generalmente opposta, peraltro soprattutto i familiari negano nell’immediatezza la morte di un loro caro per l’incapacità di metabolizzare un’informazione così sconvolgente, anzi chiedono ai soccorritori di praticare sul corpo del defunto ogni misura medica possibile per resuscitarlo, anche quando questi appare “irrimediabilmente” morto.
Stasi non ha nominato spontaneamente la vittima.
Solo in seguito alle domande dell’operatore del 118, ne ha parlato come di una estranea: “credo che abbiano ucciso una persona“ e “lei è sdraiata per terra”; infine, e solo in risposta ad una domanda dell’operatore, l’ha definita “la mia fidanzata”
Il fatto che Stasi non abbia introdotto Chiara con il suo nome e che non abbia riferito che era la sua fidanzata ci ha fornito importanti informazioni sullo stato del loro rapporto al momento della chiamata.
Il linguaggio è un riflesso della nostra percezione della realtà, per Alberto Stasi Chiara Poggi era semplicemente
“una persona”
Verso la fine della telefonata, Alberto ha mostrato di essere ormai quasi infastidito.
Omicidio di Chiara Poggi, 18 anni dopo il delitto si riaccendono i riflettori dei media su Garlasco❓‼️❓
Lo ha detto l’avvocata Angela Taccia, legale di Andrea Sempio, dopo che il 37enne è stato sottoposto al prelievo coattivo del dna 🧬
“Siamo sereni, non abbiamo nulla da temere e collaboreremo” 
L’omicidio di Chiara Poggi
Caso Garlasco, legale Andrea Sempio:
“Non abbiamo nulla da temere e collaboreremo”
“Lui innocente”
Lo ha detto l’avvocata Angela Taccia, lasciando in taxi con il suo assistito la caserma Montebello dei Carabinieri di Milano dopo che il 37enne è stato sottoposto al prelievo coattivo del dna 🧬
“Indagine del 2017 è una macchinazione”
“Siamo sereni, non abbiamo nulla da temere e collaboreremo”
Lo ha detto l’avvocata Angela Taccia, legale di Andrea Sempio, lasciando in taxi con il suo assistito la caserma Montebello dei Carabinieri di Milano dopo che il 37enne è stato sottoposto al prelievo coattivo del dna nell’ambito della riapertura dell’inchiesta nei suoi confronti per il concorso nell’omicidio di Chiara Poggi.
“Indagine del 2017 è una macchinazione”
“L’indagine del 2017 è stata una macchinazione, è stata il frutto di una macchinazione della difesa”
Non usa mezze parole l’avvocato Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, indagato per la morte di Chiara Poggi, all’uscita della caserma Montebello di Milano dove al suo assistito è stato fatto il test del Dna.
ha proseguito:
“Di quali reperti parliamo? ma a che cosa vogliamo paragonarlo, a quelli di oggi?”
Lui sereno perché innocente
“Il ragazzo è tranquillo perché è innocente. Non si è sottoposto volontariamente perciò volevamo l’ordinanza del gip, una persona terza”
Lo ha detto l’avvocato Massimo Lovati, legale assieme alla collega Angela Taccia di Andrea Sempio, parlando del suo assistito lasciando la caserma Montebello dei Carabinieri di Milano dopo che il 37enne è stato sottoposto al prelievo coattivo del dna nell’ambito della riapertura dell’inchiesta nei suoi confronti per il concorso nell’omicidio di Chiara Poggi.  
“La procura dice così perché qualcuno ha rimestato sotto. Il ragazzo è tranquillo perché è innocente. Non si è sottoposto volontariamente perché volevamo l’ordinanza del gip, una persona terza. Andrea è innocente, non c’entra niente. Non aveva nessun rapporto con Chiara. Nelle telefonate lui cercava l’amico Marco, non Chiara, non sapeva che fosse partito, altrimenti non avrebbe telefonato. Anche lo scontrino sono cose superate, già archiviate. È stato tutto frutto di una macchinazione, non vorrei che lo sia ancora dopo otto anni”
#sapevatelo2025 
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