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CEDU: Corte europea per i diritti dell’uomo
Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 12 dicembre 2023 – Ricorso n. 2693/17 – Causa Stasi c. Italia
© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con la sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico.
Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of
Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court’s database HUDOC
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO PRIMA SEZIONE
DECISIONE
Ricorso n. 2693/17
Alberto STASI
contro l’Italia
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 12 dicembre 2023 in
un comitato composto da:
Péter Paczolay, presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti:
il ricorso n. 2693/17 proposto contro la Repubblica italiana da un cittadino di tale
Stato, il sig. Alberto Stasi («il ricorrente»), nato nel 1983 e detenuto a Milano,
rappresentato dall’Avv. A. De Rensis, del foro di San Giovanni in Persiceto, che il 21
dicembre 2016 ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
la decisione di comunicare al governo italiano («il Governo»), rappresentato dal suo
agente, L. D’Ascia, la doglianza presentata sotto il profilo dell’articolo 6 §§ 1 e 3 d)
della Convenzione, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto,
le osservazioni delle parti,
Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:
OGGETTO DELLA CAUSA
1. Il ricorso solleva la questione se il rifiuto da parte della corte d’assise d’appello
di rinvio di ordinare una nuova audizione di una testimone abbia compromesso
l’equità del procedimento penale condotto a carico del ricorrente.
2. Il ricorrente, accusato dell’omicidio della sua ragazza, fu rinviato a giudizio il 31
ottobre 2008.
3. All’udienza dinanzi al giudice per l’udienza preliminare («il GUP») di Vigevano, il
ricorrente chiese l’applicazione del giudizio abbreviato, un procedimento
semplificato che comporta, in caso di condanna, una riduzione di pena
(paragrafo 20 infra). In questo tipo di procedimento, il giudice decide all’udienza
preliminare sulla base dei documenti contenuti nel fascicolo costituito all’esito
delle indagini preliminari; in via eccezionale, possono essere ammesse nuove
prove all’udienza quando l’imputato lo richiede nella sua domanda e il giudice
la accoglie, o quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti
e si procura, anche d’ufficio, gli elementi necessari (articolo 441, comma 5 del
codice di procedura penale).
4. Il GUP accolse la domanda del ricorrente.
5. Il 30 aprile 2009, il GUP ordinò d’ufficio l’acquisizione di molti altri elementi di
prova. Tra l’altro, il GUP ordinò l’audizione, per ottenere dei chiarimenti, di B. e
di T., due testimoni che avevano già fatto delle dichiarazioni dinanzi alle
autorità inquirenti, le cui trascrizioni erano contenute nel fascicolo. In
particolare, B. e T. avevano dichiarato agli inquirenti di aver visto una bicicletta
nera da donna di fronte alla casa della vittima il mattino in cui era avvenuto
l’omicidio. Il giudice considerò necessario sentirle nuovamente, allo scopo di
valutare la loro credibilità e di confrontare la loro descrizione della suddetta
bicicletta e quella della bicicletta del ricorrente, una bicicletta da uomo di colore
rosso bordeaux, sequestrata dagli inquirenti.
6. Il 13 giugno 2009, giorno della sua audizione dinanzi al GUP, B. ribadì la
descrizione della bicicletta e affermò che la bicicletta del ricorrente sequestrata
dagli inquirenti non corrispondeva a quella che aveva visto il mattino
dell’omicidio.
7. Con una sentenza emessa il 17 dicembre 2009, il GUP assolse il ricorrente. Tra
altri elementi, il giudice si basò sulle dichiarazioni di B. e di T. (paragrafi 5-6
supra), che considerò attendibili. A tale riguardo, il GUP osservò che dalle
indagini risultava che nessun membro della famiglia del ricorrente disponeva di
una bicicletta con le caratteristiche descritte dalle due testimoni. In particolare,
durante le indagini era stato escluso che la bicicletta nera da donna trovata nel
negozio del padre del ricorrente corrispondesse alla descrizione fatta dalle
testimoni.
8. La procura e le parti civili interposero appello. Contestarono, tra l’altro, il rigetto
della loro domanda di sequestro della bicicletta nera da donna trovata nella
disponibilità della famiglia del ricorrente.
9. Con una sentenza emessa il 6 dicembre 2011, la corte d’assise d’appello di
Milano respinse le domande di integrazione probatoria della procura e delle
parti civili, e confermò l’assoluzione.
10. Accogliendo i ricorsi della procura e delle parti civili, con una sentenza
emessa il 18 aprile 2013 la Corte di cassazione annullò la sentenza in
contestazione, e rinviò il caso dinanzi a un’altra corte d’assise d’appello.
Secondo la Corte di cassazione, il giudice di merito non aveva adeguatamente
tenuto conto del fatto che una delle biciclette appartenenti alla famiglia del
ricorrente, e corrispondente alla descrizione delle testimoni B. e T., non era
stata sequestrata (paragrafo 8 supra).
11. La sezione della corte d’assise d’appello di Milano dinanzi alla quale la
causa era stata rinviata ordinò d’ufficio l’acquisizione di nuove prove. La
bicicletta nera che si trovava nella disponibilità del ricorrente (paragrafo 7
supra) fu sequestrata, e furono condotte varie perizie scientifiche e tecniche.
Da parte sua, la procura procedette a nuove indagini e depositò molti elementi
di prova.
12. All’udienza del 20 ottobre 2014 il ricorrente chiese alla corte d’assise
d’appello di convocare B. e T. affinché potessero visionare la seconda bicicletta
sequestrata (paragrafo 11 supra). La corte d’assise d’appello si riservò di
decidere alla conclusione delle attività di integrazione probatoria.
13. Con una decisione emessa il 27 ottobre 2014, il giudice respinse la
domanda, in quanto le testimoni avevano già reso delle dichiarazioni esaustive,
le cui trascrizioni erano contenute nel fascicolo (paragrafo 5 supra).
14. Con una sentenza emessa il 17 dicembre 2014, la corte d’assise
d’appello condannò il ricorrente a una pena di sedici anni di reclusione. Tra
l’altro, detta corte si basò sui seguenti elementi: era accertato che la vittima
conosceva l’omicida, e che quest’ultimo conosceva la sua casa; il ricorrente
aveva fornito una descrizione incongrua, illogica e falsa delle circostanze del
ritrovamento del corpo della vittima; le impronte digitali sull’erogatore di
sapone del bagno, utilizzato dall’omicida per pulirsi, dimostrano che il
ricorrente era stato l’ultimo ad aver utilizzato l’erogatore in questione;
importanti tracce del DNA della vittima erano state trovate sui pedali della
bicicletta del ricorrente; il numero di scarpe del ricorrente corrispondeva a
quello delle impronte lasciate dall’omicida.
15. La corte d’assise d’appello si basò anche sulle dichiarazioni rese da B. e
da T. nel corso delle indagini preliminari. Per quanto riguarda il rigetto della
richiesta di sentirle, essa affermò che gli anni di copertura mediatica del caso
avevano sicuramente influenzato il ricordo delle testimoni, cosicché era per
loro impossibile distinguere tra quello che avevano visto e quello che
credevano di aver visto, tenuto conto anche del fatto che B. si era espressa più
volte sui media.
16. Per quanto riguarda l’interesse attribuito a queste dichiarazioni, la corte
d’assise d’appello affermò che gli elementi di prova non avevano permesso di
individuare la bicicletta nera da donna che le testimoni avevano visto di fronte
alla casa della vittima il mattino del delitto. Tuttavia, era possibile concludere
che il ricorrente aveva a sua disposizione varie biciclette corrispondenti alla
«macro-descrizione» fatta dalle testimoni. Il ricorrente non aveva menzionato,
tra le biciclette nella disponibilità della sua famiglia, la bicicletta nera da donna
trovata nel negozio di suo padre (paragrafo 7 supra). Secondo la corte d’assise
d’appello, questa omissione dimostrava che il ricorrente era consapevole
dell’importanza di questa bicicletta per determinare le circostanze del delitto.
17. Il ricorrente presentò ricorso per cassazione lamentando, tra l’altro, il
fatto che la corte d’assise d’appello avesse respinto la domanda di audizione di
B.
18. Con una sentenza emessa il 21 giugno 2016, la Corte di cassazione
respinse il ricorso del ricorrente. Detta corte osservò che la corte d’assise
d’appello aveva sufficientemente motivato il rigetto della domanda di
audizione di B. (paragrafo 15 supra) e dimostrato che le dichiarazioni in
questione non erano decisive per la condanna (paragrafo 16 supra).
19. Il ricorrente lamenta una violazione del suo diritto a un processo equo,
per quanto riguarda il principio della parità delle armi, a causa del rifiuto del
giudice di rinvio di sentire B., che a suo parere era una testimone a discarico
decisiva. Egli invoca l’articolo 6 §§ 1 e 3 d) della Convenzione.
VALUTAZIONE DELLA CORTE
20. Le disposizioni di diritto interno in materia di giudizio abbreviato sono
state riportate nella sentenza Di Martino e Molinari c. Italia (nn. 15931/15 e
16459/15, § 17, 25 marzo 2021).
21. La Corte ha già constatato che il giudizio abbreviato comporta dei
vantaggi indiscutibili per l’imputato, ma prevede un’attenuazione delle
garanzie procedurali offerte dal diritto interno, come la possibilità di chiedere la
produzione di elementi di prova e di ottenere la convocazione dei testimoni
(Kwiatkowska c. Italia (dec.), n. 52868/99, 30 novembre 2000, Hermi c. Italia
[GC], n. 18114/02, § 78, CEDU 2006-XII, Hany c. Italia (dec.), n. 17543/05, 6
novembre 2007, e Scoppola c. Italia (n. 2) [GC], n. 10249/03, 17 settembre
2009). Le suddette garanzie costituiscono dei principi fondamentali del diritto
a un processo equo, sancito dall’articolo 6 §§ 1 e 3 d) della Convenzione.
A tale proposito, la Corte rammenta che né il testo né lo spirito dell’articolo 6 impediscono a una persona di rinunciare spontaneamente alle garanzie di un processo equo (Hermi, sopra citata, § 73, e Murtazaliyeva c. Russia [GC], n. 36658/05, §§ 117-118, 18 dicembre 2018).
22. Nella fattispecie, il ricorrente, che aveva chiesto l’adozione del giudizio abbreviato, lamenta in sostanza il fatto che la corte d’assise d’appello di rinvio aveva ordinato d’ufficio varie integrazioni probatorie, negando tuttavia una nuova audizione di B.
23. La Corte osserva anzitutto che le dichiarazioni di B. facevano parte degli
elementi di prova contenuti nel fascicolo della procura e che, chiedendo il giudizio abbreviato, il ricorrente aveva accettato di essere giudicato sulla base delle suddette dichiarazioni, e aveva rinunciato a ottenere l’audizione della testimone nel corso del processo. In compenso, il ricorrente aveva beneficiato della riduzione di pena derivante dal giudizio immediato.
24. È vero che il GUP aveva deciso d’ufficio, avvalendosi del suo potere di
integrazione probatoria, di sentire nuovamente B. durante il dibattimento e, a
seguito della sentenza della Corte di cassazione, la corte d’assise d’appello di
rinvio aveva a sua volta ordinato l’acquisizione di nuove prove.
La Corte rammenta, tuttavia, che il fatto che il giudice deroghi alle condizioni ordinarie
del giudizio abbreviato e si procuri, anche d’ufficio, degli elementi di prova, non
costituisce di per sé una violazione dei principi del processo equo. Rimane comunque necessario esaminare se il modo in cui tale eccezione è stata applicata abbia costituito una violazione dei suddetti principi (Campisi c. Italia (dec.), n. 10948/05, § 25, 12 febbraio 2013, e Di Martino e Molinari, sopra
citata, § 42).
25. Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, l’applicazione di questa
eccezione non ha di per sé retroattivamente invalidato la rinuncia ai diritti sanciti dall’articolo 6 §§ 1 e 3 d) della Convenzione fatta nel momento in cui è stata chiesta l’adozione del giudizio abbreviato (si veda, mutatis mutandis, Kwiatkowska, decisione sopra citata), in particolare al diritto di chiedere la produzione di elementi di prova e l’audizione di testimoni.
26. In ogni caso, la Corte osserva che la corte d’assise d’appello di rinvio ha condannato il ricorrente basandosi su vari elementi di prova (paragrafo 14 sopra) e che le dichiarazioni fatte da B. agli inquirenti – e non quelle fatte
durante il dibattimento (paragrafo 15 supra) – lungi dall’essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico (paragrafo 16 supra; si veda Di
Martino e Molinari, sopra citata, §§ 43-45).
27. Infine, la Corte osserva che prima la corte d’assise d’appello di rinvio, e poi la Corte di cassazione, hanno adeguatamente esaminato la pertinenza dell’audizione richiesta dal ricorrente e sufficientemente motivato le loro
decisioni su questo punto (paragrafi 16 e 18 supra; si veda Murtazaliyeva, sopra citata, §§ 162-166).
28. Alla luce di quanto sopra esposto, dopo aver proceduto a un esame approfondito delle osservazioni delle parti e a un’analisi della giurisprudenza pertinente, la Corte considera che la decisione della corte d’assise d’appello di rinvio di non sentire nuovamente B. non abbia compromesso l’equità del procedimento penale a carico del ricorrente, considerata nel suo complesso.
29. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.
Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 18 gennaio 2024.
Péter Paczolay
Presidente
Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto
🔹ALBERTO STASI, RESPINTO IL RICORSO CONTRO LA CONDANNA PER IL DELITTO DI GARLASCO ~ CEDU: “IRRICEVIBILE”
Alberto Stasi, respinto il ricorso contro la condanna per il delitto di Garlasco/ Cedu: “Irricevibile”
Alberto Stasi vede sfumare il ricorso contro la condanna per il delitto di Garlasco con il rigetto della Corte europea dei diritti dell’uomo: cos’è successo
No al ricorso di Alberto Stasi contro la condanna definitiva a 16 anni per il delitto di Garlasco avvenuto il 13 agosto 2007 nel Comune del Pavese. Il giovane, riconosciuto colpevole dell’omicidio di Chiara Poggi, all’epoca sua fidanzata, nella speranza di vedere annullato il verdetto, si era rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo per una presunta violazionein merito alla mancata acquisizione di testimonianze chieste dalla difesa durante il processo
“Il ricorso – si legge nella sentenza della Cedu – solleva la questione se il rifiuto da parte della Corte d’Assise d’appello di rinvio di ordinare una nuova audizione di una testimone abbia compromesso l’equità del procedimento penale condotto a carico del ricorrente“. Una doglianza respinta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e considerata “manifestamente infondata” in quanto, scrivono ancora i giudici, “prima la Corte d’assise d’appello di rinvio e poi la Cassazione hanno adeguatamente esaminato la pertinenza dell’audizione richiesta dal ricorrente (cioè risentire una teste sulla bicicletta nera da donna vista fuori casa Poggi la mattina dei fatti, ndr) e sufficientemente motivato le loro decisioni su questo punto” nel non ammetterla. Non c’è stata alcuna violazione dei diritti dell’imputato, quindi, secondo l’analisi condotta dalla Cedu su quanto eccepito da Alberto Stasi.
Omicidio Chiara Poggi, i punti oscuri nel delitto di Garlasco
Bicicletta di Alberto Stasi, sangue e arma
Alberto Stasi, per la Cedu nessuna violazione dei diritti: “Ricorso manifestamente infondato e irricevibile”
Suona come una pietra tombale sulle speranze di Alberto Stasi la pronuncia della Cedu in merito al ricorso della sua difesa, proposto nella speranza di aggredire il giudicato sul delitto di Garlasco e provare a ottenere l’annullamento della SENTENZA DI CONDANNA con cui il giovane ex bocconiano è stato consegnato alla giustizia quale assassino di Chiara Poggi. Nella sentenza che chiude il capitolo collaterale in questione, infatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha spazzato via le ombre sulle condotte dei giudici d’Assise d’appello bis (che a detta del detenuto non avrebbero ammesso una testimone potenzialmente “decisiva”).
Alberto Stasi, il delitto di Garlasco e la difesa: “Sono innocente”
Condannato per omicidio di Chiara Poggi
Secondo la Cedu, infatti, all’epoca quella decisione di non sentire nuovamente la testa non ha compromesso l’equità del processo a carico di Alberto Stasi, e per questo il suo ricorso deve essere respinto. “Manifestamente infondato e irricevibile“, lo hanno definito i giudiciin ultima battuta sigillando, di fatto, un verdetto che sembra chiudere per sempre la vicenda giudiziaria sulla morte della giovane Chiara Poggi.
In fine pena per Alberto Stasi è previsto per il 2030, ma da qualche tempo, per buona condotta, è stato ammesso al lavoro esterno.


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