Paese mio che stai su una collina…paese mio ti lascio e vado via». Questi versi, di una celebre canzone richiamano alla mente i nostri emigranti lucani sparsi per il mondo. Tra questi la piccola Rosina Sileo, nata a Ruoti, in contrada Bosco Grande il 15 dicembre del 1951. Aveva appena sette anni quando nonni e zii erano emigrati in Argentina, e i suoi genitori, Donato e Rosa Maria Summa, decisero due anni dopo di raggiungerli. «Ricordo che eravamo nel mese di aprile del 1960 e papà aveva preparato tutti i documenti per il viaggio in Argentina – racconta Rosina – ma arrivati a Napoli non ottenne il visto a causa di mamma che aveva problemi di cuore e poteva esserle fatale il viaggio via mare di tre lunghi mesi, co- sì ripiegammo per Cossato raggiungendo uno zio paterno». Una storia questa che si intreccia nelle vite di tante famiglie. Anche chi vi scrive ha vissuto l’esperienza di emigrante in Svizzera ed in Piemonte per rientrare poi, ancora bambina in terra lucana. L’emigrazione crea nell’animo uno spazio mancante. Ho davanti agli occhi le lacrime che solcavano l’anima di mia nonna e dei miei parenti. Negli ultimi anni si parla tanto di «turismo di ritorno» per riscoprire le origini, i luoghi dell’infanzia propri o dei familiari. E in questo circuito ho conosciuto Rosina Sileo, nel 2022 a Ruoti in occasione della «Giornata dell’emigrante» (5 agosto 2022, prima edizione). Per lei galeotto fu internet. Grazie ai social e alla pagina fb, insieme alla figlia Federica «navigando» per curiosare sul paese natio si imbattono con l’associazione locale «Recupero tradizioni ruotesi» nella persona del presidente Felice Faraone. Da subito inizia una corrispondenza amicale con l’accorato invito da parte di Faraone a tornare a Ruoti. E così dopo circa 40 anni, nel 2011 approda come Ulisse, nella sua Itaca con il marito Savino Mancin e la figlia, per ritornarci una seconda volta nel 2014 con la sorella e la figlia ospiti dalla cugina Carmela, e si reincontrano quasi casualmente con il fratello. Quante le emozioni che si sono affollate dentro di lei «mi sono messa a piangere – racconta –, ho trovato tutto diverso, ho voluto ripercorrere da sola i vicoli, le ca- se, i portali e in ogni mio passo assaporare i luoghi della mia infanzia perché le origini restano nel cuore e non le dimentichi mai». Nel 2017 Rosina ritorna ancora con la figlia e poi nel 2022 e nel 2023. Per motivi di salute ha dovuto rinunciare l’estate scorsa, ora spera di ritornare ad agosto p.v. Ma torniamo a quando aveva nove anni. Abbiamo detto che Rosina insieme alla sorella Maria Giuseppa e ai genitori si stabilirono in Piemonte. Purtroppo, tre anni dopo affrontano il dolore per la morte della madre a soli 37 anni. Ma la provvidenza fece sì che papà Donato incontrasse, durante una visita ad una zia di Milano, Rosa Corleto, anche lei lucana, di Pignola. «Si sono piaciuti e nel giro di due anni il matrimonio e dalla loro unione è nato Flavio, un nostro fratello, oggi cinquantanovenne -. Io e mia sorella – commenta Rosina – siamo state fortunate perché è stata per noi una buona mamma, ci ha trattate come figlie, era dolce e ci teneva sotto le sue ali». A Cossato Rosina va a scuola «Anche se avevo frequentato due anni delle elementari con mia sorella a Ruoti, abbiamo dovuto ripeterli, ma poi ho lasciato dopo seconda media», e giù con una bella risata confessa: «non avevo voglia di studiare». Inizia presto a lavorare presso una parrucchiera e avrebbe desiderato quella professione ma per la distanza della sede del corso «papà non mi permise di inseguire questo sogno – spiega Rosina – e così come ripiego andai in una fabbrica di filatura a Cossato e ci rimasi per 42 anni», e nella narrazione una vena di tristezza attraversa l’amica per la crisi che oggi ha messo in ginocchio la grande produzione di Valle- mosso. Tra una filatura e l’altra, a Cossato incontra la sua dolce metà, Savino, che dal Veneto si reca in visita dalla sorella dirimpettaia di Rosina. «Ci siamo incrociati e una parola tira l’altra – racconta – siamo finiti sull’altare dopo due anni». Rosina è orgogliosa dei due figli, Federica che attualmente vive con lei insieme al figlio Luca, e Richard che vive in Val d’Aosta, dove Rosina di tanto in tanto va a trovare il nipote Matteo. In un corpicino esile e minuto, quale quello di Rosina, alberga una donna gioiosa e forte, oltre che saggia. Mi parla del marito, felice compagno di vita che ahimè è morto il 27 agosto del 2021, «mancavano 28 giorni al nostro anniversario dei 50 anni di matrimonio – afferma Rosina – ma purtroppo il periodo covid gli è stato fatale». Rosina ripensa alla sua vita con Savino «è stato un matrimonio felice – dice -, e il segreto era nel dirsi sempre le cose in faccia e dopo riderci sopra. Rifarei tutto daccapo». E mentre mi parla in compagnia del suo cagnolino Lillo, e di quello della figlia Tobias, si affaccia alla finestra e guarda verso i monti dove sono state sparse le ceneri del marito «Abbiamo eseguito il suo desiderio – dice –, amava andare in montagna da vivo e oggi mi fa compagnia». Rosina desidera tornare a Ruoti per «ripristinare dentro di me – dice – tutto quello che ho perso nella mia infanzia, vorrei tornare al Bosco Grande e scavare dentro i ricordi per ravvivarli» perché, come scrive la scrittrice Cynthia Ozick: «Ciò che ricordiamo dall’infanzia lo ricordiamo per sempre – fantasmi permanenti, timbrati, inchiostrati, stampati, eternamente in vista».

Di Maria De Carlo

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