In questo bailamme infinito di rinfacci sguaiati, volteggi acrobatici e frottole livorose che giorno dopo giorno ammorba la povera Basilicata fin verso l’indicibile, l’ultima cosa che vogliamo fare è prendercela con i sindacati, perché a dir la verità sarebbe come sparare sulla Croce rossa, ma questa storia d’aver dormito profondamente, nemmeno si fosse tutt’assieme nel Paese delle Meraviglie, di svegliarsi poi di soprassalto e come in un terribile incubo ritrovarsi pubblicamente indignati la dice tutta sulla qualità della loro vigilanza comunitaria che dovrebbe assillare la politica a non aggirare le proprie comode responsabilità. Ora lasciamo stare il bifrontismo di Confindustria e la sua necessità d’una salutare rinfrescata dialettica, ma possibile che solo ora come anime belle ci si accorga delle liste d’attesa, dell’eolico selvaggio, del Pil a zero velocità, del lavoro precario, tanto per stare in un breve elenco che ha visto farsi sotto solo di recente le massime facce sindacali e che invece nel nostro piccolo abbiamo sollevato per tempo, manco fossimo un ufficietto regionale di statistica economica. Canta Eugenio Darie:“A due passi da quest’inferno trovi un mondo d’anime belle…”     

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