Si è svolto a San Brancato di Sant’Arcangelo, Sala Polifunzionale, un interessante convegno, promosso dall’associazione culturale “Planula”, di Castelsaraceno, sulla figura dell’archeologo Rüdiger Ulrich Heinz (1934-1970), archeologo e valente ricercatore, morto giovanissimo, e di Dinu Adameșteanu (1913- 2004), padre dell’archeologia lucana. Sono state celebrate due figure straordinarie che hanno segnato la storia dell’archeologia: «Un viaggio simbolico alle origini della nostra terra, che custodisce tracce millenarie di civiltà e cultura». Sono intervenuti: l’assessore regionale On. Cosimo Latronico, il sindaco di S. Arcangelo, ing. Salvatore La Grotta, il prof. Giuseppe Melillo, antropologo, la prof.ssa Ida Iannella, presidente dell’associazione culturale “Planula” di Castelsaraceno, la prof.ssa Teresa Armenti, scrittrice e storica, la quale si è interessata a questo sublime confronto tra due archeologi, protagonisti della ricerca in Basilicata, a moderare la serata il prof. Vincenzo Capodiferro. Era presente anche la figlia dell’archeologo, Barbara Rüdiger. Ha fatto un commovente intervento. Le nostre due autrici, Armenti e Iannella, si erano interessate già precedentemente alla pregevole figura di Dinu Adameșteanu in un interessante studio: “Storia di un’amicizia. Dinu, Teresa e Ida”, edito da Ermes, a Potenza nel 2020. Il testo riportava una notevole mostra fotografica-documentaria itinerante, esposta a Castelsaraceno nel 2011, purtroppo andata perduta. Rüdiger Ulrich Heinz, archeologo tedesco, è morto giovanissimo, nella nostra terra di Lucania, per la quale tanto si è prodigato. Rüdiger era giunto in Lucania, chiamato da Dinu Adameșteanu, e curava gli scavi di Serra Lustrante ad Armento. Ricordiamo solo che la corona aurea di Kritonios, scoperta nel 1814 nel sito, viene, poi, donata dai Borboni agli Asburgo ed oggi riposa nel Museo delle Antichità di Monaco, ove è conservato anche il Satiro inginocchiato, proveniente sempre da Armento. Il professor Rüdiger, che allora aveva 36 anni, proveniva da Amburgo ed a lui erano stati affidati i lavori di scavo, grazie all’intervento di Adameșteanu, dalla Soprintendenza nel 1969. Il noto archeologo tedesco aveva a cuore questi scavi. Tutto il materiale rinvenuto veniva schedato ed accuratamente conservato, perché doveva essere oggetto di studio. Però, è successa una tragedia, perché l’anno dopo, al professor Heinz, insieme alla sua assistente, una studentessa di archeologia di origini francesi, Franca Rebacis, una sera, di ritorno da Armento in macchina, dove con altri amici avevano trascorso la serata, è capitato un tragico incidente. Alle ore 24:45 del 21 agosto del 1970, forse per malore, per svista, o per sonno, la macchina guidata dall’archeologo sbanda, cozzando contro un gelso nei pressi di San Brancato, frazione di Sant’Arcangelo, vicino ad una fontana. Il posto preciso dell’incidente è situato in comune di Roccanova. Rüdiger e la sua assistente perdono la vita, mentre l’amico che viaggiava dietro con loro, ferito, riesce a raggiungere il centro viciniore per dare l’allarme. Con la loro morte si concludeva il lavoro dei centri archeologici. Ulrich Rüdiger era figlio di un letterato, Horst Rüdiger, ed aveva frequentato le scuole a Bologna e Merano, superando la maturità a Merano nel 1952. A partire dal 1952 studia archeologia classica, greco e storia dell’arte prima all’Università di Friburgo, poi, dal 1953 al 1955, a Monaco, infine a Heidelberg. Dal 1956 di nuovo torna a Friburgo, fino al 1960: qui lavora insieme a WalterHerwig Schuchhardt sull’opera “Askoi”. Ha conseguito il dottorato sullo sviluppo e il significato della forma del vaso antico. Ter- minati gli studi, diviene assistente presso il dipartimento di Roma dell’Istituto Archeologico Germanico. Ha diretto gli scavi dell’Istituto Archeologico Germanico in Basilicata. Ha insegnato preistoria e protostoria italiana all’Università di Urbino. Rüdiger si è occupato principalmente di ceramica antica, degli “Anaglifi Hadriani” (“Antike Plastik”, Berlino 1973) e, in particolare, del pensiero di Johann Joachim Winckelmann. Diverse sono le sue pubblicazioni, a partire dalla sua pregevole tesi di laurea: “Askoi. Sullo sviluppo e il significato della forma di un vaso”, Friburgo 1960. Nel 1966 esce “Askoi nella Bassa Italia”, in “Comunicazioni Romane”; nel 1967 “Una testa di giovane tardo classico a Gallipoli”, in “Gazzetta Archeologica”; “Un’anfora laziale di proprietà privata”, in “Comunicazioni Romane”, 1968. Interessanti i suoi studi, insieme a Helmutschläger, sul sito archeologico di Santa Maria d’Anglona nel comune di Tursi, in provincia Matera, riportate in un “Rapporto” in “Note degli scavi di antichità”, 1967. Presso quel gelso, a San Brancato di Sant’Arcangelo, ove è morto Rüdiger, c’è una fontana e sarà apposta una piccola targa commemorativa, in onore di questo geniale archeologo che si è sacrificato per la nostra terra.
VINCENZO CAPODIFERRO