E così è successo. Eravamo certi che sarebbe accaduto, ora ne abbiamo il riscontro evidente. Quello dello scontro culturale tra una vecchia e incartapecorita nomenklatura potentina e le nuove forze sociali che alimentano e vivono la città è una delle grandi questioni poco analizzate dalla sociologia cittadina. È una questione trasversale e ancora più importante rispetto alle divisioni politiche, divide in modo paritario le forze politiche e si manifesta proprio e specialmente nella gestione del centro storico e della iconografica Via Pretoria. Abbiamo visto questo confronto-scontro manifestarsi nelle critiche espresse contro i portatori del Santo e la loro gestione della festa, nella trasformazione di Via Pretoria da salotto di abbigliamento a luogo della movida, non poteva non evidenziarsi nella nuova idea di Telesca di usare la filodiffusione per la musica natalizia durante le feste.

LA FILODIFFUSIONE DISTURBA IL SONNO

Se è vero che il sonno della ragione genera mostri, l’insonnia della siesta pomeridiana genera fastidio. E, così, qualcuno a nome di non si sa bene quale comitato spontaneo ha deciso di manifestare tutta la sua pervicace volontà di difendere il diritto alla pennichella criticando la decisione del sindaco di mettere la filodiffusione nel centro storico. Abbiamo sentito parlare di “diritto alla quiete” violato, di impossibilità a riposare per i residenti del Centro Storico. Le parole usate potrebbero far credere che il Sindaco abbia organizzato un concerto permanente degli Ac/Dc o degli Iron Maiden e non una innocua, pacifica e serena filodiffusione di canzoni a tema natalizio. Evidentemente per qualcuno anche “tu scendi dalle stelle” impedisce il sonno, genera disturbi esistenziali e costruisce fastidi insormontabili.

LE LAMENTELE DEL NULLA

Ci si trova chiaramente davanti al peggior benaltrismo condito da borbottonite cronica. Una malattia, a quanto pare, molto diffusa in alcune fette del- la popolazione cittadina che credono che il Centro Storico sia di loro esclusiva proprietà, quasi un cortile di casa nel quale uscire per prendere un caffè e parlare con i soliti quattro amici. In una Città capoluogo di Regione, al contrario, il centro storico è vivo e vegeto soltanto nella misura in cui non è soltanto il luogo per il passeggio pomeridiano post pennichella dei suoi residenti ma il richiamo attrattivo di chiunque viva la Città e anche di chi viene dai paesi dell’Hinterland. In un centro storico di una Città Capoluogo di Regione, al contrario di ciò che pensa qualcuno tra i più anziani dei suoi residenti, si dovrebbero aumentare gli strumenti di attrazione per far si che chi non vive là e neanche in Città senta l’esigenza di andarvici. Non ci piace fare con- fronti eppure siamo costretti a farlo. Cosa dovrebbero dire i residenti di Via Toledo o dei Quartieri Spagnoli di Na- poli che oggi vivono un’invasione quotidiana di turisti, di musica, di ristoranti che fanno “chiasso” a qualsiasi ora del giorno? Cosa dovrebbero dire i romani che vivono a Campo dei Fiori dove il turismo e la festa sono costanti senza orario di interruzione o quelli che sono nati e cresciuti nella Trastevere che ha fatto della ristorazione la ragione della sua esistenza? Cosa dovrebbero dire quelli che vivono a San Lorenzo che sono circondati da una movida notturna fatta di studenti? Ogni giorno ci lamentiamo che i nostri giovani non trovano nessun motivo per stare qui. Ogni giorno evidenziamo che in tanti anche quando potrebbero fare l’Università a Potenza preferiscono andare altrove. Ogni giorno sentiamo dire dai diciottenni che non vedono l’ora di andare via perché qui, nella nostra città, non c’è niente da fare. Comunichiamo agli anziani signori della incartapecorita lamentela faci- le che i nostri giovani vanno a Roma, Napoli, Bologna, Firenze per cercare tutto ciò che la vostra idea da Rsa del centro storico gli impedisce di trovare qui.

TELESCA VADA AVANTI

Noi ci sentiamo di dare un consiglio a Vincenzo Telesca. Ci sentiamo di invitarlo ad andare avanti sulla strada intrapresa. Noi sogniamo una Via Pretoria piena di musica non solo a Natale ma sempre. La sogniamo piena di locali e localini dove sia possibile per i ragazzi e anche per gli adulti passare serate in compagnia ascoltando musica dal vivo e piccoli spettacoli. La sogniamo viva e vegeta e non in uno stato vegetativo come è stata ridotta a causa della politica che non ha avuto il coraggio di dire secchi “non me ne frega niente” alle lamentele sollevate da quelli che sognano il silenzio come caratteristica della propria esistenza. A qualcuno non piacerà. Qualcuno storcerà il muso. Questo qualcuno dovrà prendere atto prima o poi che Via Pretoria non appartiene ai suoi residenti più di quanto appartenga ai tanti che ci vogliono venire e ai tantissimi che abbiamo il dovere di attirare e tutto ciò an- che a beneficio dei residenti. Una città viva è una città sicura. Un centro storico attraente è un centro storico più sicuro. Vincenzo Telesca vada avanti e se ne infischi dei lamentatori di professione. Sono una minoranza, una minoranza borbottona e passatista ma pur sempre una minoranza.

SCENDETE DAL PIEDISTALLO

Ai borbottoni di professione, ai salottisti di mestiere consigliamo di scendere dal piedistallo. Il tempo del salotto buono, dei negozi per il passeggio con il cappotto lungo e il cappello in testa per gli uomini e la pelliccia per le donne è definitivamente tramontato. Se non ve ne siete accorti è tramontato da più di un secolo. È finito l’800, è finito il ‘900 e tra un po’ finisce anche il primo quarto del primo secolo del duemila. Rassegnatevi quel tempo che rimpiangete, coma la vostra giovinezza non tornerà più. Le nuove energie della città non indosseranno né cappello né cappotto lungo e pelliccia, cercheranno gli shottini e la musica, vivranno una vitalità che voi avete dimenticato o che, forse, non vi è mai appartenuta. Se parlaste davvero con i vostri figli e nipoti ve ne accorgereste. Vanno via da qui anche per colpa della vostra idea di pace da cimitero. Vanno verso la vita. Vanno verso quella vita che voi volete negare per garantirvi il diritto alla pennichella.

Di Massimo Dellapenna

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