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PSICOPATOLOGIA DEL DOTTORATO DI RICERCA

ADI Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia
Servizio Studi e Ricerche
XI Indagine Nazionale ADI
PSICOPATOLOGIA DEL
DOTTORATO DI RICERCA
Le condizioni di lavoro e la salute mentale nell’ambito del dottorato di ricerca
Rapporto finale e analisi stratificata

È GIUSTO INFORMARE

PSICOPATOLOGIA DEL DOTTORATO DI RICERCA

Attenzione, i dati che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità!

https://bit.ly/3xtro3h

Nel report a cura di ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia si analizzano le condizioni di lavoro e si parla di Salute Mentale e Mobbing, Situazione economica e abitativa, Precariato e prospettive di carriera.

INCIPIT:

“Il lavoro di ricerca è in Italia quasi completamente assente dal dibattito pubblico, politico, istituzionale. Come similmente accade nell’ambito di molte professioni intellettuali e culturali, le persone e i collettivi che quotidianamente le svolgono, le animano e ne determinano la qualità, si vedono richiamare e identificare in virtù della loro vocazione, della loro dedizione, della loro abnegazione, sicuramente della loro passione, pressoché mai in virtù della loro professionalizzazione”

Rosa Fioravante, Segretaria Nazionale ADI

GUENDALINA ANZOLIN :

Mentre copio e incollo il post di Rosa Fioravante qui sotto penso ai crucci e alle attese di ognuno di noi, ogni attesa diversa e simile allo stesso tempo.

Sono quasi due anni che aspettiamo i risultati della rita levi montalcini (due anni, roba piu lunga dei contratti che si hanno a disposizione) sono mesi che commissioni per rtt non vengono nominate – perchè la nomina è dopo aver ricevuto le candidature. Sono mesi di chiamate dove tutti pensano di farti dei favori, attese non conciliabili con nessun aspetto pratico ed emotivo della vita. È un gioco a chi resiste di più, a chi accetta le condizioni (in peggioramento come si scrive qui sotto), a chi spera di essere tra quei pochi che barcollando ce la fanno. Solo tra quelli che conosco io, una decina sta aspettando la firma del Ministro per qualcosa. Quanti sono quelli in attesa? Quanti quelli che in attesa non possono piu stare?

Questo sfogo è relativo per il 95%a questioni della dolce metà (che siccome siamo svegli facciamo pure lo stesso lavoro😂) e a amici e colleghi che ogni giorno sono in attesa di qualcosa. A casa abbiamo quello che i fisici chiamano 2-body problem. Io ho talmente paura di non farcela, che non ce la faccia uno dei due, che si finisca in posti lontani, paura della melma che me ne sto in panchina, qualche giocata fuori tempo massimo per quel 5%. Osservo le attese, le vivo in prima o in seconda persona, e capisco che anni cosi ti riducono esattamente come volevano ridurti: il futuro è nell’arco di qualche mese, un anno massimo. Non esiste piano, umano e personale, che vada al di là dei 12 mesi.


Quello che la Ministra Bernini ha disegnato ieri al Question Time in XII Commissione é un disegno chiaro a tutto tondo:

Alle università, a ciascuna università, si dà la possibilità di scegliere tra borse borsine e borsette per sottopagare il lavoro di ricerca.

Siccome ci sarà “una cassetta degli attrezzi di strumenti” a cui attingere, secondo la Ministra ogni Rettore potrà decidere quale usare “a seconda di chi si trova davanti e quali obiettivi ha”. Peccato che:

– i concorsi in Italia sono pubblici: come fa il Rettore a sapere chi lo vince? Gli strumenti vanno determinati prima in base al lavoro di ricerca non ex post in base all’esperienza della persona.

– in Italia il sistema é sottofinanziato: con il 50% degli atenei che rischia di non chiudere i bilanci nel 2026, é ovvio che i Rettori sceglieranno sempre lo strumento che costa meno, cioè quello che non dà ai ricercatori la possibilità di una vita dignitosa e di pagare l’affitto e farsi una famiglia se lo desiderano

– le università così si assicurano migliaia di lavoratori senza alcun diritto che però svolgono tutte le funzioni vitali degli atenei, ricerca insegnamento ecc., per un tempo potenzialmente lunghissimo, senza certezza di stabilizzazione nemmeno dopo molti anni. In questo modo si assicurano di mandare avanti le attività scaricandone l’onere umano sui sacrifici del singolo. Ovviamente, chi avrà bisogno dell’indipendenza economica perché non ha risorse di famiglia proprie sarà portato a uscire dal sistema perché non può permettersi di vivere in queste condizioni.

– i contratti di ricerca, strumento tutelato e adeguatamente compensato perché sottoposto a contrattazione collettiva nazionale, rimarranno in vigore per chi vince enormi finanziamenti europei con gruppi di ricerca molto forti in atenei molto ricchi e per attrarre dall’estero colleghi che altrimenti col cavolo che verrebbero in Italia a prendersi condizioni molto peggiori di quelle che avrebbero in qualunque altro Paese europeo.

– non si mette un euro in più sul finanziamento, quindi si prospettano cali di qualità su tutto il comparto: dalla ricerca alla docenza al diritto allo studio e all’esperienza studentesca tutta. 

Ancora una volta, con la retorica del mandare avanti un sistema sottofinanziato, ci stanno chiedendo letteralmente di scegliere tra la borsa e la vita. Grazie tante al Ministero.

Ora però tocca a professori e rettori dire con forza che questa manovra é una vergogna e che non si può avere come unico strumento di sostenibilità dell’Università italiana la compressione a ribasso delle condizioni di vita di chi l’università la tiene in piedi ogni giorno. Chi non si schiera é complice di una selezione basata sul censo e non sul merito, di un sistema che crea malessere psicologico non come patologia ma come elemento costitutivo e di una ricerca fatta al prezzo degli anni migliori di coloro che in Italia hanno l’unica colpa di voler studiare, innovare e contribuire alla crescita del Paese.

#sapevatelo2024

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