GIOVANI, CRIMINALITÀ E «FASCINAZIONE DEL MALE»
Il convegno al tribunale di Potenza: istituzioni, magistratura e politica per una nuova alleanza. La presidente della Commissione parlamentare antimafia Colosimo: «Insegnamo che l’alternativa c’è»
«La nuova criminalità organizzata, quella che utilizza di meno la forza, ma tanto le infiltrazioni, non ha lo stesso impatto sulle giovani generazioni nel senso che non ha quell’impatto evidente di male che porta i ragazzi a schierarsi contro ed a scegliere da che parte stare: davanti a questo rischio noi dobbiamo alzare il livello, non abbassarlo». Devianza giovanile e criminalità organizzata, così ha esordito la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, al convegno svoltosi al Tribunale di Potenza. «Il problema – ha rimarcato Colosimo – è: vincerà la speranza di giustizia o vincerà chi andrà ad armare i ragazzi promettendo 500 euro per un’ora di spaccio? Questo è il tema. Sono tra coloro che credono che la presenza massiccia dello Stato debba passare per una presenza fisica massiccia delle Forze dell’Ordine, ma anche nella capacità della politica e delle Istituzioni di essere irreprensibili e di non tentennare mai davanti alle giuste scelte. Affinchè la devianza giovanile non diventi manovalanza della criminalità organizzata, bisogna ai ragazzi che esiste un’alternativa e che è meglio battersi per una battaglia di Giustizia che mettersi in tasca soldi facili attraverso reati. È un percorso lungo, ma facendo squadra si ottengono risultati». «Bisogna battersi per la Giustizia – ha concluso la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Colosimo – e la Giustizia deve essere sempre e comunque ineccepibile». Nel suo intervento, il Procuratore Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Potenza Francesco Curcio, si è soffermato molto sull’«aspetto culturale» della devianza giovanile. Se in alcuni contesti il degrado sociale facilita l’avvicinarsi dei giovani alla criminalità, non sempre è così, come, anche recenti inchieste della locale Procura dimostrano, chi inizia a delinquere in età precoce, «proviene anche da famiglie benestanti o senza particolari difficoltà economiche». «È – ha spiegato Curcio – una questione culturale. Mi sono occupato per tanti anni del clan dei Casalesi e nella famiglia del capo del clan che era Schiavone Francesco, c’era lui che era il capo del clan, ma c’era anche, una sorella che ha fatto il medico. Il discorso culturale è legato alla fascinazione del male che deve essere combattuta innanzitutto impedendo che si faccia propaganda alla criminalità organizzata e poi proponendo naturalmente dei modelli che non siano solo di “chiacchierologia” contro questi fenomeni, ma che rappresentino esempi concreti e alternativi a quelli che esaltano il criminale mafioso e l’etica della criminalità». Anche il Gip di Potenza, Salvatore Pignata, ha sottolineato come «per quello che abbiamo potuto constatare in Basilicata, per esempio nell’attività di illecita commercializzazione di sostanze stupefacenti, ci sono sicuramente soggetti che provengono da contesti sociofamiliari già dediti ad attività illecite, ma molto spesso anche soggetti che provengono da famiglie benestanti e che evidentemente realizzano queste condotte illecite perché attratti dalla facilità di guadagno». Per Pignata, non sufficiente, per combattere la devianza giovanile, «agire ex post attraverso le erogazioni di sanzioni penali quindi», ma bisognerebbe «agire in via preventiva attraverso una nuova cultura dell’educazione che deve partire dalla famiglia e coinvolgere anche le Forze dell’Ordine e le Istituzioni».