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SUD, OCCUPAZIONE FEMMINILE: BASILICATA MIGLIORE REGIONE

Lavoro dati Istat incoraggianti, soddisfazione in regione

L’ occupazione cresce in Italia, ma il divario di genere non cambia. Lo conferma l’ultima pubblicazione su “Il Sole 24 ore” che fotografa una situazione poco incoraggiante per le donne: se si guarda ai dati del 2022, lavoravano il 69,2% dei maschi fra 15 e 64 anni e il 51,1% delle donne nella stessa fascia d’età. Il divario cambia di poco se si guarda agli ultimi dati diffusi dall’Istat per il 2023: ad aprile il tasso di occupazione maschile era al 69,8%%, contro il 52,3% delle donne (-17,5%). In Italia il divario fra il tasso di occupazione maschile e quello femminile è al 18 per cento. Questa fotografia ha però declinazioni diverse nel territorio, come rivelano i dati elaborati: le regioni più penalizzate risultano quelle del Sud e le Isole, con i dati più bassi registrati n Sicilia (30,5%) e Campania (30,6%). Al sud ad avere la meglio sembra essere proprio la Basilicata che passa ad un tasso di occupazione femminile più alto del Mezzogiorno registrando un 39.9%. Un dato entusiasmante anche secondo il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi che ha commentato tramite Twitter: «dati Istat su occupazione femminile vedono la #Basilicata in vetta al Sud, ma ancora indietro rispetto al resto del Paese. Bene anche il dato sull’occupazione maschile. Nei giorni scorsi il tasso di disoccupazione @EU_Eurostat al 7,1%: poco sopra la media UE». Infatti, anche nell’occupazione femminile la Basilicata si registra come prima regione del sud con il 66.2%. L’occupazione cresce in Italia, ma il divario di genere non cambia. In generale, la situazione dell’occupazione femminile in Italia è influenzata da fattori culturali, economici e sociali complessi, che richiedono un impegno costante per promuovere una maggiore uguaglianza di opportunità. C’è anche una questione culturale da affrontare: in Italia, soprattutto al Sud, ci sono ancora molte persone che vedono il ruolo della donna principalmente come quello di moglie e madre, e non considerano l’occupazione come una scelta possibile o auspicabile. Ciò comporta una mancanza di sostegno per le donne che desiderano lavorare, ma anche una mancanza di modelli femminili positivi. Viene, quindi, naturale pensare che la parità di genere nel mondo del lavoro in Italia sia più lontana di quanto ci si potesse auspicare. A corroborare questa evidenza contribuisce anche il Gender Policies Report 2022, la pubblicazione dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) che ogni anno monitora le differenze di genere nel mondo del lavoro. Le statistiche evidenziano che il divario uomo-donna resta immutato nel tempo e sempre sbilanciato sulla componente maschile, perché la partecipazione femminile è ancora oggi ostaggio di criticità strutturali: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Dunque, la situazione femminile, pur migliorata in termini assoluti, peggiora in termini relativi. Per affrontare questi problemi, sono necessari interventi a diversi livelli. A livello istituzionale, è importante garantire politiche di sostegno alle donne che lavorano, come permessi parentali retribuiti, asili nido accessibili e flessibilità lavorativa. Inoltre, è fondamentale affrontare il divario salariale di genere e promuovere politiche di parità di trattamento. A livello culturale, invece, è importante promuovere una maggiore consapevolezza dei diritti delle donne e dei loro potenziali, ma anche sensibilizzare la società sulla necessità di una ripartizione più equa delle responsabilità familiari. Lo sguardo ora è rivolto ora al Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza) con cui l’Italia punta a ridurre il gap tra occupazione maschile e femminile. Oltre all’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro salariato e al raggiungimento di un maggiore livello di benessere e di qualità delle condizioni di lavoro, la Missione 5 del Pnrr (coesione e inclusione) ha tra gli obiettivi due misure strategiche: la valorizzazione dell’imprenditorialità femminile e l’introduzione e definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere. La “questione meridionale” è un punto centrale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ha destinato il 40% delle risorse per finanziare riforme e interventi per le 8 regioni del Sud. Territori che scontano un gap importante rispetto al Nord per quanto riguarda mercato del lavoro e chance occupazionali. «Dal 2000 in poi si registrano circa 3 occupati ogni 10 in meno nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord (25-34 anni). Tranne rare eccezioni, l’intero Mezzogiorno presenta tassi di occupazione giovanile molto inferiori alla media», aggiungono gli analisti. Tuttavia qualche segnale incoraggiante deriva dalle informazioni del Sistema Informativo Excelsior (excelsior.unioncamere.net), dalle quali emerge la tendenza da parte delle imprese del Sud ad assumere con contratto almeno pari a tre settimane quasi 318 mila lavoratori nel periodo maggio-luglio.

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