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QUALITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA BASILICATA IN FONDO ALLA CLASSIFICA UE

Indice Eqi, su 208 regioni europee interessate dal monitoraggio sono 5 quelle del Sud nelle ultime 20 posizioni

Il cattivo funzionamento della Pubblica amministrazione «grava su famiglie e imprese per almeno 225 miliardi di euro all’anno e dovrebbero cubare oltre 11 punti di Pil all’anno». La stima è quella dell’Ufficio studi dell’associazione Artigiani e piccole imprese Cgia Mestre che per quanto riguarda i dati regionali ha ripreso anche il monitoraggio dell’Università di Göteborg effettuato su 208 regioni europee, quasi 27 mila interviste in 27 paesi, tra cui più di mille in Italia: «Male soprattutto in Basilicata, Campania e Calabria». L’indice europeo sulla qualità istituzionale tiene conto della percezione, da parte dei cittadini, della qualità, dell’imparzialità e della corruzione della Pubblica amministrazione presente in un determinata area regionale: «Sconsolante è la situazione che emerge dalla lettura dei dai riferiti alle nostre regioni del Sud». Scorrendo la classifica generale, la prima realtà italiana, al 100° posto, è la Provincia Autonoma di Trento. Seguono al 104° le strutture pubbliche presenti nel Friuli Venezia Giulia, al 109° quelle ubicate in Veneto e al 117° quelle insediate nella Provincia di Bolzano. Delle ultime 20 posizioni di questa graduatoria europea, ben 5 sono occupate dalle regioni italiane del Mezzogiorno: la Puglia è al 190° posto, la Sicilia al 191°, la Basilicata al 196°, la Campania al 206° e la Calabria, penultima a livello europeo, al 207° posto. Tornando all’incipit, così sono stati quantificati e suddivisi i circa 225 miliardi di euro di sprechi pubblici: il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la P.A. (burocrazia) è pari a 57,2 miliardi di euro, i debiti commerciali di parte corrente della nostra PA nei confronti dei propri fornitori ammontano a 55,6 miliardi di euro, la lentezza della giustizia costa al Paese 2 punti di Pil l’anno, ovvero 40 miliardi di euro, il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 40 miliardi di euro all’anno, gli sprechi nella sanità cubano oltre 21 miliardi di euro. Entro il 31 dicembre 2023, cioè alla scandenza della programmazione Ue 2014- 2020, l’Italia deve spendere i restanti 29,8 miliardi, pari al 46 per cento della quota totale, di soldi che ci sono stati erogati da Bruxelles, di cui 10 sono di cofinanziamento nazionale. La quota di fondi Ue non utilizzatati andrà persa.

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