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«AUTOVELOX NON OMOLOGATO» MA IL COMUNE FA RICORSO IN APPELLO PER LA SUA LEGITTIMITÀ

L’Amministrazione Guarente difenderà in Tribunale le sentenze del Giudice di Pace che ha invece annullato le multe agli automobilisti lungo Varco d’Izzo

Gli autovelox controllano che i veicoli non eccedano i limiti di navigazione imposti dalla legge nel preciso tratto di strada dove vengono installati e registrano l’eventuale presenza di irregolarità. L’automobilista che eccede nella velocità consentita viene fotografato e, tramite la targa, viene assoggettato ad una multa. E fine a qui, nulla di nuovo. Ma attenzione, perché non tutte le multe sono valide. Affinché tale meccanismo funzioni nel modo corretto è necessario che l’autovelox sia stato approvato ed omologa- to. Secondo quanto previsto dall’attuale normativa, con omologazione di un autovelox si intenderebbe quella procedura che viene eseguita una volta sola prima dell’installazione del dispositivo. Più nello specifico l’omologazione arriverebbe nel momento del rilascio dell’autorizzazione all’utilizzo dell’autovelox. E da qui nasce la diatriba che interessa il rilevatore di velocità installato lungo la SS 407 Basentana in località Varco d’Izzo – nota ai più dei potentini – come la zona delle “complanari” – dal Comune di Potenza per «garantire la sicurezza stradale», ma che ormai da mesi tiene banco con la faccenda delle multe causate dal diabolico macchinario. Multe che sono anche contestate e su cui si sono espressi sia il Prefetto di Potenza che il Giudice di Pace. Secondo quest’ultimo – addirittura – l’autovelox potrebbe risultare «non omologato» o comunque «non conforme». Il Comune di Potenza però difenderà in tribunale la legittimità dell’autovelox che è stato installato sulla Basentana nei mesi scorsi e, dunque, anche le multe finora comminate. L’Amministrazione Guarente proporrà appello contro le sentenze che il Giudice di Pace ha emesso nelle ultime settimane, ne le sanzioni. Tra i contro-motivi che opporrà il Municipio, un «evidente difetto di motivazione» e una «violazione del principio di corrispondenza tra quanto chiesto e quanto pronunciato». L’incarico è stato affidato ad un professionista del foro di Matera. Da agosto, da quell’autovelox, sarebbero state elevate 50.022 multe per un importo totale di oltre 7 milioni di euro. Di queste 19.110 sono destinate agli automobilisti che hanno superato il limite al massimo di 10 km/h. Gli altri 28.682 sanzionati hanno superato il limite di una quota compresa tra i 10 e i 40 km/h, viaggiando quindi a velocità compresa tra 86 km/h e i 110 km/h all’incirca. Numeri impressionanti, dunque, che potrebbero fomentare ancora di più le ipotesi di chi ha tacciato – anche su queste colonne – il Comune potentino di aver voluto questo autovelox «solo ed esclusivamente per fare cassa a spese degli automobilisti già pesantemente tartassati dal caro benzina-gasolio». Una vera e propria tassa di pedaggio posta all’ingresso di Potenza Est. Tesi ancora più alimentata dal Giudice di Pace di Potenza che ha accolto alcuni di quei ricorsi degli automobilisti multati da quell’autovelox con la motivazione che «tutti gli strumenti di misurazione del limite di velocità debbono essere sottoposti ad omologazione», e che quindi «non basta l’approvazione» bensì «l’esecuzione di tali verifiche periodiche deve essere dimostrata o attestata con apposite certificazioni di omologazione e conformità, non potendo essere provata con altri mezzi di attestazione o dimostrazione del loro corretto funzionamento». «Del resto – ha specificato il Giudice all’epoca nella nota – approvazione ed omologazione costituiscono due procedure completamente diverse, peraltro sono termini differenti ed il legislatore ha inteso riferire l’omologazione come obbligatoria alle apparecchiature utilizzate per accertare la velocità su strada, come l’apparecchio in questione, per i quali non è sufficiente l’approvazione». Principio che, a questo punto dovrebbe portare, a cascata, all’annullamento di altri possibili verbali impugnati che rischia un clamoroso effetto boomerang ai danni delle casse del Comune. All’Appello l’ardua sentenza.

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