3º GIORNO DEL VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN CONGO
L’augurio, infine, è di essere sempre “testimoni gioiosi del Vangelo, profezia di pace nelle spirali della violenza, discepoli dell’Amore pronti a curare le ferite dei poveri e dei sofferenti”
Cori, balli e striscioni: 65 mila giovani in festa nello stadio di Kinshasa per il Papa

Si balla, si canta, si suda allo Stadio dei Martiri di Kinshasa, dove Papa Francesco questa mattina ha incontrato i giovani e i catechisti della Repubblica Democratica del Congo. Oltre 65 mila persone hanno partecipato al secondo grande evento pubblico del viaggio del Papa, dopo la Messa di ieri a N’dolo. Cori da stadio e bandierine all’unisono, striscioni con il volto del Papa e bandiere scritte a mano in italiano con la scritta: “Vogliamo la pace a Est”, erano lo spettacolo che dalle 5 del mattino si poteva ammirare dagli spalti dello Stadio che prende il nome da quattro politici impiccati nel 1966 nella zona dove sorge l’impianto, perché accusati di cospirazione. Soprattutto ad elettrizzare l’atmosfera è stato lo “Chant d’accueil”, la canzone composta appositamente per l’evento, dal ritmo travolgente che ha fatto alzare dalle sedie tutti i presenti. Tra loro, un bimbo di 6 anni vestito come un piccolo cardinale, divenuto l’obiettivo preferito di cameraman e fotografi.
(Testo a cura di Salvatore Cernuzio e video di Franco Piroli, inviati a Kinshasa)
Francesco ai giovani congolesi: no alla corruzione! Un futuro di pace è nelle vostre mani
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Tante mani levate al cielo acclamano il Vescovo di Roma nello Stadio dei Martiri di Kinshasa, pienissimo: oltre 65mila i presenti. Musica e applausi, percussioni e bandierine colorate accompagnano l’arrivo in papamobile. Espressione di festa, gioia contagiosa e incontenibile con canti, balli e costumi tradizionali. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Sono le mani dei giovani congolesi, accorsi insieme ai loro catechisti, ad un incontro lungamente atteso: presentano al Papa la loro vita, le attese, i problemi, il loro anelito all’onestà e al bene. “Vogliamo la pace in RDC” si legge su alcuni cartelli scritti in italiano. Francesco invita tutti a cantare insieme e stringere la mano del vicino e alla consapevolezza di essere un’unica Chiesa: le mani di ognuno sono indispensabili alla costruzione della pace, di un futuro diverso per la Repubblica Democratica del Congo.
“Giovane”, esorta, “dalle tue mani può venire la pace che manca a questo Paese”. La forza di ciascuno è nella liberà di scegliere il bene, senza “lasciarsi inghiottire dalla palude del male”. Nessuna mano è uguale all’altra: ognuna può costruire o distruggere, amare o odiare.
I Cinque ingredienti
Alle dita della mano il Pontefice associa cinque diversi ingredienti per edificare un futuro di pace. Pollice, indice, medio, anulare e mignolo – suggerisce – possono orientarci ad individuare le priorità nella confusione: preghiera, comunità, onestà, perdono e servizio.

Preghiera, acqua dell’anima
Sebbene possa sembrare una realtà astratta – osserva Francesco – la preghiera è l’arma più potente, apre sempre nuove possibilità, aiuta a vincere le paure e ricorda che da soli non ce la facciamo. Chi crede di essere onnipotente infatti fallisce.
È come un albero sradicato: anche se grande e robusto, non si regge in piedi da solo. Ecco perché bisogna radicarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, che ci permette di crescere ogni giorno in profondità, di portare frutto e di trasformare l’inquinamento che respiriamo in ossigeno vitale. Per farlo, ogni albero ha bisogno di un elemento semplice ed essenziale: l’acqua. Ecco, la preghiera è “l’acqua dell’anima”.

Amici di Gesù
Il Papa esorta i giovani a confidare in Gesù, l’amico che in croce ha dato la vita per noi e a cui affidare le nostre croci e lacrime:
Allora, alza ogni giorno le mani a Lui per lodarlo e benedirlo; gridagli le speranze del tuo cuore, confidagli i segreti più intimi della vita: la persona che ami, le ferite che porti dentro, i sogni che hai nel cuore. Raccontagli del tuo quartiere, dei vicini, degli insegnanti, dei compagni, degli amici, del tuo Paese. Dio ama questa preghiera viva, concreta, fatta col cuore.

I falsi paradisi dell’egoismo
Pensando all’indice, attraverso cui indichiamo qualcosa agli altri, il Santo Padre rimarca l’importanza della comunità con l’invito a pensarsi sempre insieme per essere felici, a non lasciare che solitudine e chiusura rovinino la gioventù. Scelte individualistiche all’apparenza allettanti – spiega – lasciano solo un gran vuoto interiore. Ognuno è indispensabile e responsabile per la Chiesa e per il Paese.
Pensate alla droga: ti nascondi dagli altri, dalla vita vera, per sentirti onnipotente; e alla fine ti ritrovi privo di tutto. Ma pensate anche alla dipendenza dall’occultismo e dalla stregoneria, che rinchiudono nei morsi della paura, della vendetta e della rabbia. Non lasciatevi affascinare da falsi paradisi egoisti, costruiti sull’apparenza, su guadagni facili o su religiosità distorte.
La forza dell’insieme
Mai chiudersi o puntare il dito contro qualcuno perché di origine diversa dalla nostra, raccomanda ancora il Pontefice pensando alle tentazioni del regionalismo e del tribalismo. La via indicata da Dio per costruire un mondo diverso passa per l’altro, per la comunità. Questo vuol dire essere Chiesa: avvicinare con l’offerta del sorriso e dell’amicizia i sofferenti, le persone sole e trascurate, sentirsi responsabile per gli altri, parte di una grande rete di fraternità, appartenente ad una storia più grande che chiama ad essere protagonisti. Il pensiero di Francesco va ai giovani di ogni parte del mondo interconnessi, ma anche confusi dai social:

La virtualità non basta, non possiamo accontentarci di interfacciarci con persone lontane o persino finte. La vita non si tocca con un dito sullo schermo. È triste vedere giovani che stanno ore davanti a un telefono: dopo che si sono specchiati, li guardi in faccia e vedi che non sorridono, lo sguardo è diventato stanco e annoiato. Niente e nessuno può sostituire la forza dell’insieme, la luce degli occhi, la gioia della condivisione!
I santi, amici dagli spalti del cielo
Un invito paterno a sognare in grande, a costruire da protagonisti un mondo più unito e in comunione:
Sembra una sfida difficile. Non è difficile! Voi avete anche degli amici che dagli spalti del cielo vi sospingono verso questi traguardi. Sapete chi sono i vostri amici? I santi.
Il Papa, interrotto da applausi, cita il Beato Isidoro Bakanja, la Beata Marie-Clementine Anuarite, San Kizito e ai suoi compagni: “testimoni della fede, martiri che non hanno mai ceduto alla logica della violenza”. Tra la folla i cartelli in lingua italiana: “santi subito”
Onestà per vincere la corruzione
I santi ricordano che essere cristiani, testimoniare Cristo richiede onestà, ingrediente fondamentale a cui il Papa associa il dito centrale della mano: il più alto di tutti. “Un cristiano non può che essere onesto altrimenti tradisce la sua identità”. Essere onesti vuol dire non lasciarsi imbrigliare dai lacci della corruzione, cancro che sembra espandersi inarrestabile, ma che può essere sconfitto. Francesco cita le parole di San Paolo ai Romani: “non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”:
C’è gente brava, intelligente, ma corrotta. Una persona corrotta è onesta o non è onesta? Je vous demande: è onesta o non è onesta? Pas de corruption. Pas de corruption. Tutti insieme diciamo: “Pas de corruption!”
Tutti insieme gridano e cantano: “Basta corruzione!”. Francesco ricorda Floribert Bwana Chui, il giovane che quindici anni fa, all’età di ventisei anni, venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente: “scelse di essere onesto, dicendo no alla sporcizia della corruzione”
Non lasciarsi vincere dal male
Un invito accorato a mantenere non solo le mani pulite, ma il cuore pulito:
Se qualcuno ti allungherà una busta, ti prometterà favori e ricchezze, non cadere nella trappola, non farti ingannare, non lasciarti inghiottire dalla palude del male. Non lasciarti vincere dal male.
Il perdono per ricominciare
Ma “i grandi traguardi della vita passano attraverso la fragilità”. Questo ricorda il dito anulare, il più debole, “quello che fa più fatica ad alzarsi”, prosegue il Papa affermando che nelle fragilità la forza che fa andare avanti e aiuta a ricominciare è il perdono. “Non significa dimenticare il passato, ma non rassegnarsi al fatto che si ripeta”. Francesco chiede un minuto di silenzio da dedicare al perdono, un pensiero per “le persone che ci hanno offeso”.
E in questo silenzio, davanti a Dio, diamogli il perdono.
Servizio è potere che trasforma il mondo
Il dito più piccolo, il mignolo suggerisce al Papa la dimensione del servizio: “è proprio la piccolezza, il farsi piccoli che attira Dio. Secondo Gesù il servizio è il potere che trasforma il mondo”. Il pensiero e la gratitudine di Francesco vanno ai catechisti a cui dice: “chi serve si fa piccolo”.
Non un discorso a senso unico, ma un dialogo serrato quello che ha animato lo Stadio dei Martiri di Kinshasa. Ai cori e alla gioia dei giovani ha fatto eco la voce del Papa venuto da Roma per incoraggiarli a vivere da protagonisti il presente e il futuro della Repubblica Democratica del Congo:
Non scoraggiatevi mai! Quando avrete tristezza e sarete scoraggiati prendete il Vangelo, Gesù vi darà la forza.
Al termine di una vera e propria festa della fede Francesco invoca la benedizione su tutti i giovani congolesi perchè il Signore sia con loro per andare avanti. La risposta sono le grida di giubilo che riempiono lo Stadio dei Martiri. L’onestà è il contrario della corruzione, ripetono tutti dagli spalti. Un messaggio che Kinshasa non dimenticherà: un’iniezione di fiducia per le nuove generazioni.
La Chiesa congolese chiede aiuto al Papa per le piaghe del Paese
Antonella Palermo – Città del Vaticano
L’opera di evangelizzazione in Repubblica Democratica del Congo si svolge “in condizioni spesso difficili e talvolta pericolose”. Lo sottolinea il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, nell’incontro del Papa con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi presso la cattedrale “Notre Dame du Congo” . La presenza del Pontefice, sottolinea, riaccende i motivi di speranza e proietta nel futuro con “maggiore determinazione e dedizione”.
Testimoni di carità e giustizia in un mondo sfruttato
“Vivere l’impegno sacerdotale e religioso nel Congo di oggi comporta enormi sfide”, precisa il porporato che, tuttavia, si dice convinto dell’indefettibile attaccamento al Signore, della fedeltà ai valori evangelici e della gioia di servire e accompagnare il Popolo di Dio nella sua ricerca di una maggiore dignità come “garanzie di una vita sacerdotale e religiosa autentica e vera, gioiosa e appagante”. La visita di Francesco porta uno slancio e una vitalità nuova alla missione della Chiesa nel Paese. Lo dice don Léonard Santedi rivolgendosi al Papa. È una visita, quella del Successore di Pietro, che incoraggia i sacerdoti a rispondere con zelo e spirito di sacrificio, generosità e sollecitudine alla chiamata del Signore nelle periferie esistenziali del mondo. Il sacerdote si fa portavoce del desiderio di essere “testimoni della giustizia in un mondo che affonda nella corruzione e nelle condanne arbitrarie” e che preferisce il tribalismo e le “cricche”.
Don Léonard rinnova il desiderio di “essere testimoni della carità e della solidarietà in un mondo che sfrutta i piccoli e persegue interessi egoistici”. Poi torna a dire delle condizioni disumane in cui troppe persone vivono. “Scoprire nei volti sofferenti dei poveri il volto di Cristo richiede da parte nostra una più grande coscienza del nostro dovere di Pastori”, aggiunge. Da qui la richiesta al Pontefice di intercedere in favore della riconciliazione e della pace nel Paese per denunciare i crescenti squilibri tra il Nord e il Sud del mondo. Promette, a nome del clero locale, azioni pastorali in favore dell’ecologia integrale, “della famiglia come santuario della vita, dell’educazione come laboratorio di umanizzazione e cammino verso un nuovo umanesimo”. L’invocazione, infine, ai beati Marie-Clémentine Anuarite e Isidore Bakanja ancora una volta “per un Congo nuovo, un Congo di riconciliazione, di giustizia e di pace”.
Suor Alice: una terra di martiri che il Papa viene a soccorrere
E, nella significativa Giornata per la vita consacrata, si leva la testimonianza di Suor Alice Sala, che insieme a uomini e donne di più di 300 Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, e di nuove Comunità, accoglie il Papa vedendo in lui il Buon Samaritano “venuto a soccorrere un popolo dimenticato a livello internazionale”. Anche lei insiste sull’oltraggio alla terra e alle risorse congolesi saccheggiati da soggetti stranieri che, dice, “lasciano mezzo-morti sulla strada” la popolazione. Esempio di fraternità e di sinodalità, il Papa è colui che avvolge in bende le ferite e aiuta l’azione del Signore nel guarirle. “Visto che il Congo è una terra di martiri, di omicidi e di guerre intrattenute e finanziate da fuori, chiediamo alla Santità Vostra di essere il nostro portavoce nel mondo affinché il bene del popolo abbia precedenza sull’interesse per le nostre ricchezze naturali”. Suor Alice esalta la bellezza di questo Paese che, nonostante le ingiustizie cui è sottoposto, è una “terra benedetta da Dio, con una popolazione generosa, che ama la preghiera, ripiena di vitalità e di speranza”. E aggiunge: “Ecco perché noi non ci scoraggiamo, perché crediamo in Cristo risorto”.
Le “chiese del risveglio” mettono in crisi l’identità cattolica
Prende la parola Don Divin Mukama a nome di tutti i seminaristi che hanno fatto tesoro degli inviti del Papa nel rendere i luoghi di formazione spirituale ed ecclesiale luoghi per crescere in umanità. Ogni giorno i seminaristi fanno del loro meglio, confida Divin, per essere pieni di zelo apostolico, disposti a condividere le gioie e le sofferenze di tutto il Popolo congolese. Anche lui ripete che le violenze non risparmiano queste case portando con sé “crisi di ordine morale, economico e sociale. In tale contesto, i seminaristi sono dei veri segni di speranza”. Cita, infine quella che definisce la proliferazione delle chiese pentecostali, le cosiddette “chiese del risveglio” che, spiega, pongono un serio problema in relazione alla crisi d’identità cattolica. “A questo, associamo la dipendenza dalle reti sociali, il cui abuso provoca l’inquinamento mentale dei giovani. I seminaristi non ne sono risparmiati”. L’impegno è di costruire, insieme una Chiesa che sia veramente sinodale, che cammina alla sequela di Cristo, che si presenta come la Via, la Verità e la Vita.
RD Congo, Francesco a clero e religiosi: siate profezia di pace nelle spirali di violenza
Adriana Masotti – Città del Vaticano
L’incontro del Papa con sacerdoti, diaconi e seminaristi, consacrate e consacrati della Repubblica Democratica del Congo avviene proprio nella Giornata mondiale della vita consacrata che la Chiesa celebra oggi, festa della Presentazione del Signore. Francesco guarda alle sfide poste alla loro vocazione in una terra segnata da condizioni difficili e ne elenca tre: la mediocrità spirituale, la comodità mondana e la superficialità, dando alcuni suggerimenti per affrontarle. Poco prima ha potuto ascoltare l’arcivescovo di Kinshasa, cardinale Ambongo e alcune testimonianze in un clima di gioia e di affetto. In attesa dell’arrivo del Papa i partecipanti all’incontro, fuori e dentro la Cattedrale Notre-Dame du Congo, hanno recitato insieme il Rosario.
https://youtu.be/jtMcdRhTwOw
Un segno delle promesse e dell’amore di Dio
Prendendo la parola, Francesco cita le consolanti parole di Isaia sulla fedeltà di Dio che, attraverso il profeta, promette: “Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa”. E’ dunque ciò che Dio opera, rivelandosi come il “Dio della compassione”, ed è anche ciò che chiede ai consacrati: “essere segno di questa promessa”, chiamati cioè a “servire il popolo come testimoni dell’amore di Dio”, a ungerlo “con l’olio della consolazione e della speranza” a “incoraggiare il cammino della comunità e accompagnarla nella fede” incontro a Gesù.
Ecco che cosa significa essere servitori del popolo: preti, suore, missionari che hanno sperimentato la gioia dell’incontro liberante con Gesù e la offrono agli altri. Ricordiamocelo: il sacerdozio e la vita consacrata diventano aridi se li viviamo per “servirci” del popolo invece che per “servirlo”. Non si tratta di un mestiere per guadagnare o avere una posizione sociale, e nemmeno per sistemare la famiglia di origine, ma è la missione di essere segni della presenza di Cristo, del suo amore incondizionato, del perdono con cui vuole riconciliarci, della compassione con cui vuole prendersi cura dei poveri.

Tre tentazioni da vincere, la prima è la mediocrità spirituale
Ed ecco le sfide che si presentano e le tentazioni da cui guardarsi per quanti vogliono vivere così. Il segreto per vincere la prima, la mediocrità spirituale è la preghiera, afferma il Papa, perché la relazione con il Signore “è il fondamento del nostro operare”. Al di là degli impegni pastorali, delle urgenze e della stanchezza, prosegue, è necessario trovare “tempo ed energie sufficienti alla preghiera”, che deve scandire l’intera giornata.
La celebrazione eucaristica quotidiana è il cuore pulsante della vita sacerdotale e religiosa. La Liturgia delle Ore ci permette di pregare con la Chiesa e con regolarità: non trascuriamola mai! E non tralasciamo neanche la Confessione: abbiamo sempre bisogno di essere perdonati per poter donare misericordia. Un altro consiglio: come sappiamo, non possiamo limitarci alla recita rituale delle preghiere, ma occorre riservare ogni giorno un tempo intenso di preghiera, per stare cuore a cuore con il nostro Signore: un momento prolungato di adorazione, di meditazione della Parola, il santo Rosario; un incontro intimo con Colui che amiamo sopra ogni cosa.
La preghiera ci apre a Dio, afferma ancora, “ci rimette in piedi (…) senza preghiera non si va lontano”.
Sobrietà e libertà interiore nella vita dei consacrati
La seconda tentazione indicata da Francesco a sacerdoti e consacrati è la ricerca “di una vita comoda in cui sistemare più o meno tutte le cose”, la ricerca insomma del proprio confort approfittando del ruolo ricoperto per soddisfare i propri bisogni. E prosegue:
È triste quando ci si ripiega su sé stessi diventando freddi burocrati dello spirito. Allora, anziché di servire il Vangelo, ci preoccupiamo di gestire le finanze e di portare avanti qualche affare vantaggioso per noi. È scandaloso quando ciò avviene nella vita di un prete o di un religioso, che invece dovrebbero essere modelli di sobrietà e di libertà interiore. Che bello invece mantenersi limpidi nelle intenzioni e affrancati da compromessi col denaro, abbracciando con gioia la povertà evangelica e lavorando accanto ai poveri! E che bello essere luminosi nel vivere il celibato come segno di disponibilità completa al Regno di Dio!

La formazione spirituale e teologica non è un optional
Anche la superficialità è una sfida e Papa Francesco dice che “c’è bisogno di preti e religiosi preparati, formati, appassionati al Vangelo”. E’ necessario dunque lavorare costantemente su stessi sia dal punto di vista spirituale, sia teologico. Il Papa avverte: la formazione non è un optional e precisa:
Siamo tenuti a entrare nel cuore del mistero cristiano, ad approfondirne la dottrina, a studiare e meditare la Parola di Dio; e al tempo stesso a restare aperti alle inquietudini del nostro tempo, alle domande sempre più complesse della nostra epoca, per poter comprendere la vita e le esigenze delle persone, per capire come prenderle per mano e accompagnarle.
Testimoni di fraternità oltre le culture e le etnie
Il Papa sottolinea ancora che essenziale per il servizio dei consacrati al Popolo di Dio è la testimonianza: non bastano le parole, perché è la vita a parlare per prima. Ricorda come loro stessi abbiano poco prima fatto riferimento alla parabola del buon samaritano, che è Gesù “che passa lungo le nostre strade e, specialmente attraverso la sua Chiesa, si ferma e si prende cura delle ferite degli oppressi”, e raccomanda:
Carissimi, il ministero a cui siete chiamati è proprio questo: offrire vicinanza e consolazione, come una luce sempre accesa in mezzo a tanta oscurità. E per essere fratelli e sorelle di tutti, siatelo anzitutto tra di voi: testimoni di fraternità, mai in guerra; testimoni di pace, imparando a superare anche gli aspetti particolari delle culture e delle provenienze etniche, perché, come affermò Benedetto XVI rivolgendosi ai sacerdoti africani, “la vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori”
Persone che non si spezzano quando soffiano i venti delle divisioni
Papa Francesco cita il proverbio: “Il vento non spezza ciò che sa piegarsi”. Riconosce che il continente africano nella storia si è dovuto piegare più volte “alla prepotenza del più forte” ma invita a leggere quelle parole in positivo. Dice: “C’è un piegarsi che non è sinonimo di debolezza ma di fortezza”, quando significa mantenersi flessibili, superare le rigidità, “essere disponibili a lasciarsi cambiare”.
Quando restiamo docili nelle mani di Dio, Egli ci plasma e fa di noi delle persone riconciliate, che sanno aprirsi e dialogare, accogliere e perdonare, immettere fiumi di pace nelle aride steppe della violenza. E, così, quando soffiano impetuosi i venti dei conflitti e delle divisioni, queste persone non possono essere spezzate, perché sono ricolme dell’amore di Dio.
“Siate anche voi così – prosegue Francesco – docili al Dio della misericordia, mai spezzati dai venti delle divisioni”. Raccomanda di non lasciarsi scoraggiare, ricordando che tutti loro sono preziosi e importanti.
L’augurio, infine, è di essere sempre “testimoni gioiosi del Vangelo, profezia di pace nelle spirali della violenza, discepoli dell’Amore pronti a curare le ferite dei poveri e dei sofferenti”
https://youtu.be/RzYYsem9UR4