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PAPA FRANCESCO : “RISPETTARE SEMPRE LA VITA, A OGNI ETÀ E CONDIZIONE”

Dopo la preghiera mariana, il Papa esprime le sue preoccupazioni per l’escalation di violenza in Terrasanta e lancia un accorato appello ai due governi e alla comunità internazionale affinché si trovino subito, senza indugio le strade per la ricerca della pace

IL PAPA A TUTTO CAMPO

Il Papa affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico (Vatican Media)

PAPA FRANCESCO


DIRETTA DA PIAZZA SAN PIETRO

https://youtu.be/Cp4YL4HyQgE

RD Congo e Sud Sudan, il Papa atteso come pellegrino di pace
Una strada di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo
Nei due Paesi dell’Africa centrale devastati da povertà e violenze sale la gioia per il prossimo viaggio del Pontefice in programma dal 31 gennaio al 5 febbraio. Il racconto di due vescovi impegnati nella pacificazione nazionale: il Santo Padre porterà speranza, abbiamo bisogno che il mondo non si dimentichi di noi. Da Rumbek a Juba giovani in cammino per accogliere Francesco

Federico Piana – Città del Vaticano

“Tutto è pronto, Chiesa e governo attendono il Santo Padre con molta gioia, non vediamo l’ora che arrivi qui da noi”. A raccontare l’attesa per il viaggio che Papa Francesco inizierà nella Repubblica Democratica del Congo il prossimo 31 gennaio, è monsignor Félicien Mwanama Galumbulula, vescovo di Luiza, grande diocesi del Paese dell’Africa centrale, pervaso da una povertà endemica e scosso da decenni di violenze e scontri.

Preparazione spirituale

La Chiesa locale si è preparata ad accogliere il Pontefice soprattutto spiritualmente. “La Conferenza episcopale locale – spiega il presule – ha inviato un messaggio chiedendo a tutti di pregare per il viaggio del Papa. Al termine di ogni celebrazione eucaristica recitiamo una preghiera per chiedere al Signore che questa visita contribuisca alla riconciliazione in Cristo di tutta la popolazione”. Inoltre, le diocesi e le parrocchie “hanno svolto delle catechesi per spiegare ai fedeli il senso del ministero papale e l’importanza di questa visita apostolica”, aggiunge il vescovo.

Desiderio di pacificazione

Come tutta la nazione, anche monsignor Mwanama Galumbulula è in trepidante attesa di ascoltare le parole che il Papa pronuncerà durante quello che è stato definito un vero e proprio pellegrinaggio di pace e guarda con speranza all’incontro che Francesco avrà il 1 febbraio con le vittime dell’Est del Paese. “Quello che ora ci preoccupa molto è la situazione nella parte orientale, alle frontiere con il Ruanda, con l’Uganda e con il Burundi” dice il vescovo, ricordando che in quei territori si muore ogni giorno a causa delle tensioni per l’estrazione del coltan, miscela di minerali necessaria per la produzione delle apparecchiature elettroniche ed informatiche. “Il Santo Padre – ricorda ancora il presule – nel viaggio previsto nel nostro Paese per luglio dello scorso anno e poi rimandato, avrebbe dovuto fare tappa a Goma, capoluogo del Kivu del Nord. Ora questa tappa è stata cancellata dalla visita perché, proprio in quella città, operano dei ribelli che seminano morte e gruppi che sfruttano il coltan e lasciano distruzione”

Carlassare: “Anche in Sud Sudan, il Papa pellegrino di pace”

Dopo aver lasciato la Repubblica Democratica del Congo, il Papa arriverà in Sud Sudan nel primo pomeriggio del 3 febbraio: sarà la prima volta assoluta di un Pontefice. Nel Paese del centro est dell’Africa, Francesco sarà accompagnato dal primate della Chiesa anglicana, Justin Welby e dal moderatore della Chiesa di Scozia, Ian Greenshields. Sarà un vero e proprio pellegrinaggio di pace ecumenico, ci tiene a sottolineare monsignor Christian Carlassare, vescovo della diocesi di Rumbek: “La dimensione ecumenica è molto importante – precisa – perché in Sud Sudan c’è un’esperienza unica: tutte le Chiese sono state veramente unite nell’evangelizzazione e questo ci ha fatto scoprire che la stessa evangelizzazione ci ha costretto a parlare di pace, di giustizia, di riconciliazione”. Qui, aggiunge Carlassare, “l’ecumenismo da espressione teologica si è fatto carne”

Violenze senza fine

Monsignor Carlassare conosce bene la violenza che da anni investe la giovane nazione, diventata indipendente solo nel 2011, per averla provata sulla sua pelle, quando, nell’aprile del 2021, fu ferito alle gambe da alcuni colpi d’arma da fuoco. Sa perfettamente che, nonostante il conflitto etnico sia terminato ufficialmente ormai quasi tre anni fa, gli scontri sono ancora presenti soprattutto nella zona dell’Alto Nilo e nello Stato di Unity. “In sostanza, si consumano dove c’è povertà, dove ci sono gli sfollati senza più una casa dove vivere e dove si sfruttano le risorse in modo indiscriminato”, spiega il vescovo.

I giovani della diocesi di Rumbek in cammino verso Juba, capitale del Sud Sudan 🇸🇩
A piedi per il Papa

Per accogliere Papa Francesco al suo arrivo nella capitale, Juba, monsignor Carlassare è in cammino da mercoledì scorso con numerosi giovani partiti insieme a lui dalla diocesi di Rumbek. Quattrocento chilometri in nove giorni transitando in nove realtà parrocchiali differenti dove, ad ogni cristiano incontrato per strada, parleranno di pace, di riconciliazione e di comunione. “Con questo nostro impegno – conclude Carlassare – vogliamo far passare il messaggio che sicuramente il Papa verrà a ribadirci: dobbiamo essere tutti uno, come dice la preghiera di Gesù. Sarà un grande momento di fede”


I giovani della diocesi di Rumbek in cammino verso Juba, capitale del Sud Sudan 🇸🇩

Africa, Parolin: un viaggio per promuovere la riconciliazione

Ci si aspetta che il viaggio del Papa nella Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan aiuti a promuovere la cessazione delle violenze. Così, nell’intervista ai media vaticani, il segretario di Stato vaticano, per il quale la visita “potrebbe segnare un momento di svolta nelle vicende, spesso tragiche, di questi Paesi”

Massimiliano Menichetti

L’Africa attende il Papa che non ha mai smesso di desiderare e costruire questo incontro nelle terre, martoriate da conflitti e sfruttamento, della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Il quarantesimo viaggio internazionale vedrà Francesco, dal 31 gennaio al 5 febbraio, portare la parola di Dio, la speranza della pace e del dialogo. Un viaggio che in Sud Sudan avrà una forte connotazione ecumenica, infatti insieme al Successore di Pietro ci saranno anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il moderatore della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields. Sarà “un ecumenismo della testimonianza” ribadisce il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, precisando che questa visita si muove sulla direttrice della vicinanza alle Chiese e comunità locali, che sono “vive e attive”, e quella “socio-politica” che auspica la riconciliazione, in due realtà che per motivi diversi vivono il dramma di milioni di profughi, della guerriglia, delle tensioni etniche e politiche.

Eminenza, il Papa si appresta a partire per la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Una visita molto desiderata, rimandata a luglio dello scorso anno a causa del dolore al ginocchio. Quale desiderio c’è nel cuore di Francesco?

Come in ogni viaggio apostolico, il Santo Padre desidera innanzitutto farsi vicino, incontrare la Chiesa e la popolazione locale. Direi che in questa visita, questo desiderio è particolarmente intenso perché si tratta di un viaggio atteso da molto tempo che il Papa ha dovuto rimandare a causa del problema al ginocchio, sia perché si tratta di due Paesi che si trovano in una situazione particolarmente difficile a causa dei conflitti in atto: quindi il Papa ci va come pastore che incontra il popolo di Dio e nello stesso tempo anche pellegrino di pace e di riconciliazione.

Due Paesi con straordinarie risorse eppure schiacciati da conflitti e violenze che non si fermano: quale il significato di questo viaggio?

Direi che ha due aspetti: c’è un aspetto pastorale, di vicinanza alle Chiese locali e a queste comunità che sono comunità vive, attive, e c’è poi l’aspetto socio-politico, e da questo punto di vista ci si aspetta che la presenza del Santo Padre, la sua parola, la sua testimonianza, possa aiutare a promuovere la cessazione delle violenze in atto e rafforzare i processi di pace e di riconciliazione in corso.

La prima tappa sarà la Repubblica Democratica del Congo dove si terrà anche l’incontro con le vittime dell’Est del Paese. Questa visita può aiutare a cicatrizzare le ferite nel cuore degli uomini?

Speriamo di sì, perché sono veramente ferite molto profonde. È una situazione che si protrae ormai nel tempo: violenza, contrapposizione e conflitto. Quindi, il fatto che il Papa incontri le vittime di questa situazione è un gesto molto significativo che certamente le conforterà. Credo che il primo aspetto e la prima dimensione di questo incontro sia proprio l’aspetto del conforto e della consolazione di queste popolazioni che hanno sofferto, con morti, rifugiati… Poi l’altro aspetto è sempre quello dell’incoraggiamento a non perdere la fiducia, la speranza, a non cedere alla vendetta, a non aumentare le divisioni che ci sono, ad avere come obiettivo la pace. Quindi, comunione e fraternità sono lo scopo per cui il Papa incontra queste vittime.

Dal Congo il Santo Padre si sposterà in Sud Sudan. Nel 2019 – lo ricordiamo – baciò i piedi dei leader sud-sudanesi per implorare la pace. Che ruolo può avere la religione nella stabilizzazione del Paese?

Le Chiese cristiane – come ho potuto constatare anch’io – operano a servizio dell’intera popolazione, dove molto spesso anche lo Stato e talvolta anche le agenzie internazionali non riescono ad arrivare. Pertanto, godono presso la popolazione di fiducia e di autorevolezza e questo ha permesso loro di avere un ruolo significativo all’interno del complesso dialogo internazionale. Quando sono stato in Sud Sudan, lo stesso presidente mi ha ricordato quel gesto che il Papa ha compiuto nei suoi confronti e che l’ha profondamente toccato e profondamente commosso: potremmo dire un gesto profetico. Ed è un gesto che impegna: credo che impegni le autorità, davvero, a fare passi concreti sulla via della pace. Speriamo che questo viaggio dia continuità a quel momento così particolare e stimoli in questo senso a fare scelte concrete, ad assumere decisioni molto pratiche perché il processo di pace possa raggiungere il suo obiettivo.

Il Papa visiterà il Sud Sudan insieme all’arcivescovo di Canterbury e al moderatore della Chiesa di Scozia. È dunque un viaggio anche dalla forte valenza ecumenica…

Sì. Questa presenza dei tre leader religiosi – il Papa, l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa di Scozia – è un’espressione di ecumenismo molto significativa, anzi, un ecumenismo – lo chiamerei – della testimonianza. Intanto, il fatto stesso che i tre vadano insieme è un segno che è possibile trovare modalità di comunione anche al di là delle differenze o attraverso le differenze. E poi, questo impegno comune da parte dei gruppi religiosi presenti nel Paese a essere testimoni del Vangelo, essere promotori di pace. Quindi, sarà una presenza e sarà un viaggio molto significativo proprio perché sarà a tre voci.

Tanta è dunque l’attesa per la presenza del Papa in questi Paesi africani. Lei stesso, come ci ha ricordato, ha recentemente visitato i luoghi che vedrà Francesco, dove si fondono però speranza e povertà, dramma e futuro. Come si cambia, questo scenario?

È un cambiamento lento che richiede impegno, la convergenza dell’impegno di tutti. I singoli Paesi dovranno cercare di impostare politiche che siano veramente fondate sulla giustizia e sulla pace. E poi, la comunità internazionale che deve affiancarsi ai leader politici di ciascun Paese: sostenere i Paesi in questa delicata congiuntura, accompagnandoli verso il completo raggiungimento del loro sviluppo sociale, economico ed istituzionale. E in questo contesto c’è anche il ruolo delle Chiese, ricordavo prima, soprattutto nell’ambito caritativo, educativo e sanitario.

Qual è il suo personale auspicio per questi popoli che, peraltro, ha incontrato e visitato, e più in generale per l’Africa?

Sono molto contento di poter accompagnare il Papa in questa visita, proprio perché nel mese di luglio ho compiuto lo stesso viaggio per dire alla gente di non scoraggiarsi, che il Papa sarebbe venuto, anche se aveva dovuto – in quell’occasione – sospendere il suo viaggio. La gente ha capito questo messaggio e ora è piena di gioia per accogliere il Papa e stare con lui. Io credo che l’auspicio sia che questo incontro con il Papa e poi, in Sud Sudan, anche con gli altri leader religiosi possa segnare un momento di svolta nelle vicende, spesso tragiche, di questi Paesi, e possa sostenere la buona volontà di tutti: credo che davvero ci sia bisogno da parte di tutti di un rinnovato impegno. Se c’è questo impegno, si potrà fare uscire i Paesi dalle situazioni di conflittualità attuali, si potrà assicurare uno sviluppo equo di tutta la popolazione e avviare questi Paesi verso un futuro migliore.

Il Papa affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico (Vatican Media)
Il Papa: non sprechiamo ciò che abbiamo, diffondiamo un’ecologia della giustizia e della carità
All’Angelus domenicale, Francesco invita ad imparare dai poveri in spirito, che riconoscono il bene che viene da Dio e fanno tesoro di quello che ricevono. L’invito è ad apprezzare il valore di noi stessi, delle persone e delle cose: un principio – osserva il Pontefice – spesso disatteso, soprattutto nelle società più agiate. Ogni persona va considerata come un dono sacro e unico

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Non sprecare: questo ci insegnano i poveri in spirito, tra coloro che Gesù definisce beati nella pagina del Vangelo di Matteo della IV domenica del tempo ordinario. Francesco lo sottolinea all’Angelus, spiegando che sono poveri in spirito quanti “sanno di non bastare a sé stessi, “e vivono come ‘mendicanti di Dio’: si sentono bisognosi di Dio e riconoscono che il bene viene da Lui, come dono, come grazia”. “Chi è povero in spirito” infatti, aggiunge il Papa, “fa tesoro di quello che riceve” e desidera che nessun dono vada sprecato”, “i poveri in spirito cercano di non sprecare nulla”. E anche Gesù ci insegna a non sprecare, ad esempio, quando “dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci”, “chiede di raccogliere il cibo avanzato perché nulla vada perduto”.

Non sprecare ci permette di apprezzare il valore di noi stessi, delle persone e delle cose. Purtroppo, però, è un principio spesso disatteso, soprattutto nelle società più agiate, in cui domina la cultura dello spreco e dello scarto.

Le sfide contro lo spreco

E “contro la mentalità dello spreco” Francesco propone tre sfide: “non sprecare il dono che siamo”, “non sprecare i doni che abbiamo” e “non scartare le persone”. Bisogna anzitutto partire da sé stessi.

Ognuno di noi è un bene, indipendentemente dalle doti che ha. Ciascuna donna, ciascun uomo è ricco non solo di talenti, ma di dignità, è amato da Dio, vale, è prezioso. Gesù ci ricorda che siamo beati non per quello che abbiamo, ma per quello che siamo.

Dunque “la vera povertà” consiste nel lasciarsi andare, buttarsi via, sprecare sé stessi. Bisogna allora lottare, con l’aiuto di Dio “contro la tentazione di ritenerci inadeguati, sbagliati, e di piangerci addosso”.

Oggi si spreca circa un terzo degli alimenti prodotti

Sullo spreco di quanto abbiamo, il Papa ricorda che nel mondo ogni anno si perde circa un terzo della produzione alimentare totale.

E questo mentre tanti muoiono di fame! Le risorse del creato non si possono usare così; i beni vanno custoditi e condivisi, in modo che a nessuno manchi il necessario. Non sprechiamo quello che abbiamo, ma diffondiamo un’ecologia della giustizia e della carità!

Le persone non si possono buttare via

E poi la cultura dello scarto usa le persone, buttate via quando non servono più, non interessano più o sono di ostacolo. “Si trattano così specialmente i più fragili”, osserva Francesco, “i bambini non ancora nati, gli anziani, i bisognosi e gli svantaggiati”.

Ma le persone non si possono buttare via, mai! Ciascuno è un dono sacro e unico, ad ogni età e in ogni condizione. Rispettiamo e promuoviamo la vita sempre!

Riflettere sui propri stili di vita

L’invito del Papa è allora ad interrogarsi su come si vive la povertà di spirito, sullo spazio che Dio ha nella propria vita, se lo si considera la propria ricchezza e si crede di essere amati da Lui o ci si butta via “con tristezza, dimenticando di essere un dono”. E poi il richiamo ad un uso responsabile delle cose, e quindi l’attenzione a non sprecare. Infine Francesco esorta ad un esame di coscienza sulla propria disponibilità a condividere i beni con gli altri, su come si considerano i più fragili – “doni preziosi, che Dio mi chiede di custodire” – e se ci si ricorda “di chi è privo del necessario”.

Nel dopo Angelus il dolore per Terrasanta, Nagorno-Karabach e Ucraina

 

Dopo la preghiera mariana, il Papa esprime le sue preoccupazioni per l’escalation di violenza in Terrasanta e lancia un accorato appello ai due governi e alla comunità internazionale affinché si trovino subito, senza indugio le strade per la ricerca della pace.

Poi il suo pensiero va alla situazione di stallo nella regione del Nagorno-Karabach dove forte è l’emergenza umanitaria.

Francesco ricorda inoltre la Giornata mondiale della lebbra che si celebra proprio oggi.

Accanto a lui due ragazzi dell’Azione Cattolica riuniti in Piazza San Pietro per l’annuale appuntamento della Carovana della Pace.

Ancora una volta si è levato, anche attraverso la loro voce, l’auspicio che finisca la guerra in Ucraina 🇺🇦 

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