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ULDERICO PESCE, IL PROF COL DOPPIO INCARICO: CONFERMATO IN APPELLO IL DANNO ERARIALE

Docente di scuola pubblica e dipendente del Centro Mediterraneo delle arti: l’attore-regista deve restituire 61mila euro

Ulderico Pesce e la «sovrapposizione tra l’attività di docente di scuola pubblica e le attività professionali nel campo artistico culturale»: confermato in Appello il danno erariale così come quantificato dalla Corte dei Conti di Basilicata nel 2020. I primi giudici, nell’aprile di quell’anno, condannarono il professore lucano conosciuto ai più per i suoi spettacoli, da “L’innaffiatore del cervello di Passannante” a “Petrolio”, passando per “Asso di monnezza: il traffico illecito di rifiuti” ed altre opere ancora, al pagamento in favore del Ministero dell’Istruzione della somma di 61mila e 879 euro «per aver svolto incarichi non autorizzati in costanza di rapporto di lavoro statale». La terza Sezione Centrale di Appello della Corte dei Conti, giudicando «corretta» la decisione di primo grado sia nella parte in cui ha attribuito a Biagio Ulderico Pesce «un’inescusabile negligenza» e sia «sotto il profilo della mancata individuazione di un altrui apporto causale o di qualsiasi culpa in vigilando», in riferimento a presunte omissioni dei controllori, per il prof si sarebbe dovuto quantomeno riconoscere un apporto concausale agli «inefficienti controlli da parte dell’Amministrazione» pubblica, ha respinto in toto il ricorso dell’attore. Il problema per Pesce, il fatto che l’attività espletata in qualità di docente con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato presso la scuola media statale “S. Giovanni Bosco” a Potenza con decorrenza dal 1° settembre 2015, si era sovrapposta, fino al maggio del 2017, al preesistente impiego alle dipendenze della Onlus “Centro Mediterraneo delle Arti” dove lo stesso risultava inquadrato con tipologia contrattuale «A.01.00 per lavoro a tempo pieno». In aggiunta a tale duplice incarico, il professore Pesce aveva espletato anche attività libero professionale in qualità di attore e regista, ipotesi per la quale l’Agenzia delle Entrate emise distinto atto di ingiunzione per i periodi non coperti da autorizzazione della scuola, chiedendo la restituzione dei compensi ricevuti. Quella dell’Agenzia delle Entrate, una storia a parte, si potrebbe definirla parallela, in quanto l’azione contabile rivolta, invece, alle prestazioni di lavoro di natura subordinata in favore dell’associazione culturale “Centro Mediterraneo delle arti”, con percezione dei corrispondenti emolumenti. Per la Procura contabile, «colpa grave» quella di Pesce atteso il carattere di esclusività del rapporto di pubblico impiego. Esclusa, inoltre, la deroga prevista dall’articolo 53 del Decreto legislativo 165 del 2001, «incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi», riguardante la previa autorizzazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza all’assunzione di incarichi reputati non confliggenti con l’impegno del dipendente, poiché le uniche autorizzazioni di cui vi era traccia agli atti si riferivano alle citate attività libero professionali in campo artistico, attore e regista, e non al rapporto di lavoro subordinato. Dato che «più volte la difesa di parte ha sostenuto la liceità dell’attività extraistituzionale», anche in Appello più volte ribadito e precisato che invece «le due autorizzazioni rinvenute agli atti e rilasciate dal preside della Scuola al prof. Pesce sono relative unicamente alla richiesta da costui elevata di esercitare attività artistica, recitazione e regia, e non contengono alcun cenno in ordine alla possibilità di continuare a svolgere il lavoro a tempo indeterminato presso la Onlus, quest’ultimo preesistente all’incarico di docente». Il rapporto di lavoro dipendente con la Onlus «inizia in data 6 aprile 2004 e cessa in data 5 maggio 2017 a seguito di dimissioni». Pertanto, «il professor Pesce all’atto dell’assunzione presso il Ministero della Pubblica istruzione omise di dichiarare di essere dipendente del Centro Mediterraneo». Anche perchè, come evidenziato dai giudici, ci sono «le copie delle buste paga rilasciate dal centro Mediterraneo nonché la Certificazione unica del datore di lavoro per i redditi da lavoro dipendente percepite in tale contesto». Pure in Appello, infine, la magistratura contabile nel determinare l’entità del danno erariale, è giunta alla stessa conclusione: sommando le somme percepite negli anni di sovrapposizione, nel 2015 12mila e 321 euro, cifra ottenuta calcolando la retribuzione media mensile e moltiplicandola per il numero di mesi durante i quali è stata svolta l’attività di lavoro subordinato a favore di terzi, nel 2016 40mila e 396, e nel 2017 poco più che 9mila euro, il risultato è paro 61mila e 879 euro. Per queste ed altre motivazioni, la terza Sezione Centrale di Appello della Corte dei Conti rigettando il ricorso proposto dal prof. Biagio Ulderico Pesce, ha confermato il danno erariale.

 

Ferdinando Moliterni

3807454583

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