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NEL NOME DI DON NICOLA SCIOIA RACCOLTA FONDI PER L’IRCCS CROB

Nel giorno in cui il parroco avrebbe compiuto 54 anni verrà donata al nosocomio rionerese una poltrona per la chemioterapia

Si avvicina il Natale, siamo in pieno Avvento e come una lieta novella giunge la notizia della donazione di una poltrona per la chemioterapia al Crob di Rionero. Non una poltrona qualsiasi, ma una poltrona speciale, come lo è stato Don Nicola Scioia e come lo sono stati i donatori volontari della raccolta fondi per l’acquisto. Coincidenza vuole che la consegna avverrà venerdì 16, giorno in cui il parroco avrebbe compiuto 54 anni. «Una coincidenza che fa riflettere – racconta oggi il fratello Michele – perché seppur venuto a mancare lo scorso 11 settembre, lui continua a vivere nel dono e nell’amore per il prossimo. Il suo sogno di avere una sanità efficiente, accogliente e sempre più vicina ai bisogni dei malati non è svanito con la sua morte. Grazie alla spontanea raccolta fondi, da parte di alcuni suoi amici e parenti, abbiamo acquistato nei giorni scorsi in sua memoria una poltrona ospedaliera da donare al day hospital oncologico di Rionero in Vulture». La storia che vi raccontiamo oggi parte infatti da lontano e vede protagoniste anche le colonne di Cronache, quando demmo voce al parroco di Palazzo San Gervasio, che combattendo contro un tumore raccontava la sua storia come paziente al Crob: «Luogo accogliente, ma che va rinforzato» asserì nella lettera aperta indirizzata al Governatore Bardi. «Il tumore si combatte dando speranza e fiducia che qualcosa cambierà» scriveva, ed in effetti, qualcosa è cambiato. I pazienti che si sottopongono alla chemioterapia seduti alla sedia, ora avranno una poltrona specifica. È Michele a raccontare ancora: «Mio fratello era in cura al Crob di Rionero e a marzo scrisse quella lettera al Presidente Bardi ed ebbe un incontro con il Direttore del Crob, sulla scia di quella che possiamo definire una “lettera aperta”, assolutamente non polemica ma che evidenziava ciò che lui, come gli altri, viveva durante la degenza. Accolse da malato oncologico il disagio e la sofferenza dei malati in cura a Rionero. Accolse anche il disagio dei tanti sanitari, medici ed infermieri, impegnati oltre ogni limite a dare le giuste cure a tutti i pazienti». Lo stesso Don Nicola fece la chemioterapia seduto su una sedia, «ed era molto faticosa – asserisce Michele – Così, a settembre in maniera spontanea, partendo da ciò che aveva fatto Don Nicola, si volle dare un segnale positivo. Lui era uno che non amava criticare, non era nel suo spirito, però amava la condivisione, si metteva in gioco per primo, cercando poi di coinvolgere gli altri. So che fu contattato telefonicamente dall’Assessore regionale alla Salute. Coinvolse infatti il mondo politico che ha il potere decisionale di spesa per rendere sempre più efficiente la certezza alle cure». E così si giunge ad oggi, e all’arrivo della speciale poltrona: «Siamo riusciti con un gruppo cospicuo di amici e familiari, a raccogliere un po’ di soldi per comprare una poltrona per l’oncologia. Ovviamente la sola poltrona non risolve “il” problema, ma risolve “un” problema. Se c’è una carenza di tali poltrone, l’iniziativa presa da mio fratello si rivela oggi essere un primo piccolo tassello realizzato. Ciò che lui faceva sempre, si metteva in gioco per far emergere ciò che di positivo può esserci in qualsiasi situazione, e lo ha fatto fino all’ultimo. Ci auguriamo che questa donazione possa essere da stimolo e da riflessione per chi, cittadini comuni, dirigenti sanitari e soprattutto politici, con il proprio lavoro, il proprio comportamento possano migliorare e rendere più efficiente la sanità pubblica». Dolce il ricordo del fratello, che rammenta: «Come disse il Vescovo durante la messa esequiale “l’operato di Don Nicola non finisce con la morte corporale, ma se ne parlerà ancora, continuerà a far rumore”, ed oggi tocchiamo con mano questo segno, lui continua ad essere presente con fatti concreti, per il tramite della sensibilità e buona volontà delle persone. Cercava di incoraggiare, stimolare, trovare punti chiave in un problema e invitare ad agire chi è nella condizione e posizione di poter fare. Noi facciamo parte di una comunità, e la sanità, essendo pubblica, è di tutti, per cui anche il malato che esprime un desiderio o evidenzia una criticità, fa la sua parte nel sistema di meccanismi che possono portare alla risoluzione del disagio. Lui era ben felice di essere accolto in una struttura all’avanguardia, aveva conosciuto tanti medici e infermieri, e ne riconosceva la professionalità. Metteva al primo posto questi aspetti, la positività delle cose, e dove vedeva margini di migliorabilità, agiva». Il sacerdote era amatissimo dalla comunità di Palazzo San Gervasio, fu padre confessore di centinaia di fedeli, che pregarono tanto per la sua guarigione. Un uomo mite, sereno, felice di servire gli altri, fino alla fine, fino a quando, pur sapendo che la malattia l’avrebbe spento, ha amato il prossimo e accolto Dio con gioia e amore, «un amore che libera», amava ripetere. Il gruppo che ha partecipato alla raccolta fondi, è in gran parte di San Chirico Nuovo, suo paese origine, «molti dei quali erano amici del suo stesso anno di nascita, il 1968 -spiega il fratello- ma la voce si è diffusa presto, ed hanno partecipato anche persone che vivono oltre i confini regionali, addirittura da Torino. In molti l’hanno saputo in ritardo e avrebbero voluto partecipare, ma come dicevo prima, questo è un piccolo tassello, molto si può fare». La poltrona verrà benedetta e sul poggiatesta sarà apposta una targhetta in ricordo di Don Nicola con su scritto “Dio è amore”, «perché ci lasciò un testamento spirituale – conclude Michele – sapeva che si avvicinava la fine della sua vita terrena e il 2 agosto in occasione della festa di Santa Maria delle Grazie stilò il suo testamento spirituale che si apre con questa stessa frase che scritta da un malato terminale, ci fa capire davvero quanto amasse il Signore, fino alla fine. Come amo dire io, mio fratello non faceva il prete, era prete».

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