AUMENTO DISOCCUPAZIONE: IL RECORD NEGATIVO LUCANO
Secondo le stime della Cgia di Mestre la variazione percentuale più alta nel 2023 la farà registrare la Basilicata: più 6,8 per cento
Per l’anno venturo le previsioni economiche non sono particolarmente positive: rispetto al 2022 la crescita del Pil e dei consumi delle famiglie, secondo l’Ufficio studi dell’associazione Artigiani e piccole imprese Cgia Mestre, è destinata ad azzerarsi e ciò contribuirà a incrementare il numero dei disoccupati, almeno di 63 mila unità. Il numero complessivo dei senza lavoro, nel 2023 «sfiorerà la quota di 2 milioni e 118 mila» unità e in termini assoluti, le situazioni più critiche si verificheranno nel Centro-Sud: ripartizione che già oggi presenta un livello di fragilità occupazionale molto preoccupante.
LAVORO E DISOCCUPAZIONE IN BASILICATA
Nella classifica delle regioni, la Basilicata si piazza in posizione mediana: 11° posto. I disoccupati aumenteranno, secondo le stime, da 15 mila e 619 unità del 2022 a 16 mila e 677 unità del 2023. Un incremento di mille e 58 unità pari a una variazione percentuale del più 6,8%. Proprio il dato percentuale, più descrittivo rispetto ai numeri assoluti, fa schizzare la Basilicata dall’11esima posizione alla prima. In termini percentuali, la Basilicata è la regione dove sarà maggiore l’aumento della disoccupazione. Seguono Sardegna (+6,6%) e Lazio (+6,2%). Sul fronte province, invece, Matera si stima farà registrare un aumento del tasso di disoccupazione del +8,2%, da 5 mila 539 unità del 2022 a 5 milia 994 unità nel 2023, mentre Potenza del +6,0%. In valori assoluti, tuttavia, mentre per Matera si prevedono 456 disoccupati in più, per Potenza 602, passando la provincia da 10 mila e 81 unità del 2022 a 10 mila 683 nel 2023.
LA SITUAZIONE IN ITALIA
Nel 2023, secondo l’Ufficio studi dell’associazione Artigiani e piccole imprese Cgia Mestre, il tasso di disoccupazione è destinato a salire all’8,4 per cento. Un livello, comunque, che torna ad allinearsi con il dato del 2011; anno che ha anticipato la crisi del debito sovrano del 2012-2013. L’incidenza della sommatoria dei nuovi disoccupati di Sicilia (+12.735), Lazio (+12.665) e Campania (+11.054) sarà pari al 58 % del totale nazionale. A livello territoriale le 10 province più interessate dall’aumento della disoccupazione saranno Napoli (+5.327 unità), Roma (+5.299), Caserta (+3.687), Latina (+3.160), Frosinone (+2.805), Bari (+2.554), Messina (+2.346), Catania (+2.266), Siracusa (+2.045) e Torino (+1.993). Poche le realtà territoriali che, invece, vedranno diminuire il numero dei senza lavoro. Nel merito, segnalate in particolare, Perugia (-741), Lucca (-864) e Milano (- 1.098).
I SETTORI PIÙ IN DIFFICOLTÀ
Non facile stabilire in questo momento i settori che nel 2023 saranno maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, ma comunque sembra che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire dei contraccolpi occupazionali, mentre le imprese più attive nei mercati globali tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda saranno meno esposte. Altre difficoltà interesseranno i trasporti, la filiera automobilistica e l’edilizia, quest’ultima penalizzata dalla modifica legislativa relativa al superbonus, potrebbero registrare le perdite di posti di lavoro più significative. Per l’Ufficio studi dell’associazione Artigiani e piccole imprese Cgia Mestre, «il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte». Le chiusure stanno interessando sia i centri storici sia le periferie delle nostre città, «gettando nell’abbandono interi isolati, provocando un senso di vuoto e un pericoloso peggioramento della qualità della vita per chi abita in queste realtà». Meno visibile, ma altrettanto preoccupante, sono le chiusure che hanno interessato anche i liberi professionisti. Anche la Grande distribuzione organizzata (Gdo) è in difficoltà e «non sono poche le aree commerciali al chiuso che presentano intere sezioni dell’immobile precluse al pubblico, perché le attività presenti precedentemente hanno abbassato definitivamente le saracinesche».