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SCURDÁMMOCE ‘A SPERANZA

TACCO&SPILLO

C’è da dire, non senza soddisfazione, che il premierato della Meloni ed il centrodestra sono stati per Roberto Speranza una nemesi storica per tutto quello che di pessimo è riuscito a fare contro i poveri italiani. L’ex enfant prodige del dalemismo di guerra e pace ha così provato a riportarsi a nuova vita con un’intervista su La Stampa su “cosa rappresenta” la sinistra. Ora lasciamo stare la pochezza dell’analisi sull’autonomia differenziata come anche il refrain sulle vaccinazioni obbligatorie con cui ha chiuso il nostro bel Paese da turismo e sviluppo, pur ottenendo i decessi più alti d’Europa, ma è surreale che gli frulli l’idea di costruire “una casa nuova dove non ci sono padroni ed ospiti” senza un po’ d’autocritica per aver fatto diventare la sinistra un ancien régime, avvinghiata com’è negli ingaggi del potere ministeriale e del galleggiamento tattico anziché pronta a dar battaglia sui valori d’equità sociale e del riformismo. Del resto lo sanno bene anche i sindacati regionali che si sono ben guardati dall’invitarlo alla mobilitazione per il diritto alla buona sanità che da ministro e con foto ricordo con Bardi definiva efficiente proprio mentre frotte di lucani partivano disperati per farsi curare altrove. Canta un rapper napoletano:“Scurdámmoce ‘a Speranza. Scurdámmoce ‘a Speranza”.

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