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FORZA ITALIA FUORI DALLA GIUNTA?

L’assessorato all’Agricoltura vacante potrebbe piuttosto servire per sedare i dissidenti Vizziello e Zullino. Serpeggia l’idea con Piro fuori dalla maggioranza e lo stabilizzato Bellettieri senza pretese

Dalle parti di Palazzo Chigi hanno dato un segnale chiaro per la centralità che l’agricoltura avrà nelle scelte politiche del nuovo governo. Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni non soltanto ha indicato che al dicastero che fu di Cavour spetterà anche occuparsi di sovranità alimentare ma ha anche messo a presiederlo l’uomo forte del partito Lollobrigida. Una rivoluzione politica e culturale che ha preso le mosse proprio dalla Basilicata, dall’affollata manifestazione che, alla presenza di Prandini e Lollobrigida ha sancito la centralità della Sovranità Alimentare nella politica del Governo e la centralità di Aldo Mattia nel partito in Regione.

IN BASILICATA LA SEDE È VACANTE

Il centrodestra lucano, in controtendenza rispetto alla linea politica nazionale, ha deciso invece che il Dipartimento Agricoltura può rimanere vuoto dopo le dimissioni di Cupparo. Una scelta alquanto singolare, decisamente non in linea con le politiche del Governo Meloni come del resto è singolare la posizione dello stesso partito della Meloni che a Roma ha fatto della coerenza il suo punto forte e a Potenza vede nel suo capogruppo Coviello il pontiere per un allargamento della maggioranza almeno nel segno della sopravvivenza. Evidentemente l’agricoltura non è tra le priorità del Governo Bardi, una tematica residuale da trattare in sordina senza segnali politici di nessun tipo.

LA GUERRA DI SUCCESSIONE

Forza Italia rivendica l’Assessorato, dimenticando che il Partito di Berlusconi praticamente non esiste più. Bellettieri, non eletto e precario fino a ieri è riuscito finalmente a far scorrere la graduatoria fino ad una sua stabilizzazione. Piro è in posizione fortemente critica sia verso il Generale che verso il suo stesso partito. Francamente la collocazione al Dipartimento Agricoltura sarebbe veramente troppo in termini numerici per un partito in via di disfacimento. Il Partito di Arcore, però, rivendica la postazione in una sorta di legge salica applicata alla politica e, in mancanza di eletti, si sofferma sulla possibilità che sia un esterno a prendere il posto che fu del dimissionario Cupparo. Avremmo, così, una singolare giunta del cambiamento con tre esterni su cinque in Giunta.

L’OCCASIONE PER CHIARIRE IL PERIMETRO?

Il perimetro è diventato il liet motive della seconda parte della legislatura e, come tutti gli studenti medi sanno, è sempre difficile calcolare il perimetro di un poligono irregolare. Nel- la maggioranza ma in posizione critica stanno Vizziello e Zullino. Cariello e Fanelli chiedo- no la loro testa a Salvini ma il capitano non risponde, evidentemente i due uomini forti della Lega in Basilicata valgono come il due di briscola fuori dai confini lucani. La mancata nomina a sottosegretario del lucano Pepe che lascia la nostra regione come unica non rappresentata in nessun modo nell’arcipelago parlamentare e governativo del Carroccio, del resto, lascia immaginare una evidente indifferenza dei vertici leghisti per una terra la cui classe dirigente esprime un vicepresidente della Giunta Regionale che senza proferire verbo accetta che sia deciso da Bardi che in sua assenza viene sostituito da Perri. La politica è anche dimostrazione di forza e volontà di potenza, le volontà di impotenza non sono quasi mai premiate. In attesa del chiarimento interno alla Lega, il Generale, se avesse una benché minima capacità politica, potrebbe provare ad imbastire un dialogo proprio con i dissidenti leghisti cui offrire l’assessorato all’agricoltura.

DUE PICCIONI CON UNA POLTRONA

Con una sola poltrona, i due leghisti dimostrerebbero di saper trattare meglio di Cariello, Pepe e Fanelli che sarebbero messi spalle al muro ad applaudire all’ingresso di un altro assessore del proprio partito e Bardi otterrebbe la tanto sospirata maggioranza. Tutto ciò costringerebbe Coviello e Cariello a doversi rimangiare i propri comunicati stampa di ieri ma, se Parigi val bene una messa, qualche mensilità di stipendio val bene una perdita ulteriore di faccia. Non sarebbe il primo volo pindarico dell’attendente del Generale e del leghista.

MORIREMO DI NOIA

Ovviamente la nostra è una analisi che parte dalla politica, parla di strategia e tattica e, quindi, siamo certi che non accadrà. Non con uno schianto ma con uno sbadiglio finirà questa lenta e triste parte di legislatura e con essa la stagione del centrodestra al Governo. L’attendende Coviello continuerà a trattare volta per volta con Braia e Polese, l’avvallo di Rosa finalizzato alla tutela della crescita del giovane Galella eviterà ogni problema, i due consiglieri di Italia Viva garantiranno il numero legale in Aula pur assicurando il solito spettacolo di parole al vetriolo. Uno sbadiglio lungo un anno e mezzo per il Governo del Cambiamento che non ha cambiato niente.

UN BILANCIO FALLIMENTARE

È, infatti, decisamente fallimentare il bilancio del centrodestra al Governo. La Sanità va peggio di prima e, se sono vere le parole di Pittella, sono riusciti a garantire una poltrona dirigenziale a qualche campione dell’assenteismo. Al di là dell’agitarsi dell’assessore Galella, le crisi occupazionali regionali sono ferme al palo e non si vede nessuna soluzione che vada oltre l’annuncio. L’ambiente che aveva trovato uno slancio nuovo grazie a Rosa, è tornato nell’anonimato e nell’accidia della tranquilla sopportazione. Dell’agricoltura abbiamo già parlato mentre gli interventi della Merra alle infrastrutture si riducono ad una fotografia con Salvini appena nominato. Nella base del centrodestra il malessere è tanto e non per le indagini ma perché dopo quattro anni non è cambiato assolutamente niente, gli equilibri di potere sono rimasti gli stessi, gli uomini che comandano pure. L’unica cosa ad essere cambiata è il conto corrente degli eletti ma tutto ciò agli elettori interessa poco. Con uno sbadiglio e non con uno schianto finirà questa legislatura senza che nulla sia cambiato davvero.

Di Massimo Dellapenna

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