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RIESAME DEL CONSIGLIO

L’attendismo non paga: cambiano ancora gli equilibri in maggioranza. Ecco la mappa dei nuovi numeri Severino alla mano. Cupparo e Piro tornano al loro posto e vogliono partecipare all’Assise sulle loro dimissioni

Il riesame e il GIP hanno modificato la situazione del Consiglio Regionale di Basilicata. Come noto, infatti, è stato rimesso in libertà Francesco Cupparo mentre è stato modificato il provvedimento cautelare a carico di Francesco Piro che adesso è sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di Lagonegro. Una situazione che modifica radicalmente la situazione del Consiglio Regionale che adesso vede cessati gli effetti della sospensione per Cupparo e per Piro, mentre resta ancora sospeso il Consigliere Rocco Leone.

LA LEGGE SEVERINO

L’art. 8 comma 2 della Legge Severino dispone che “la sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l’applicazione di una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale nonchè di cui all’articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale”. Tra le misure cautelari che comportano l’applicazione della sospensione non c’è l’obbligo di dimora, il Consigliere Piro, pertanto, non sarebbe sospeso dalla sua attività e potrebbe tornare a svolgere la sua attività di Consigliere regionale, così come può tornare a svolgere la sua attività in pieno il Consigliere Cupparo. I due, per quanto dimissionari, sono ancora in carica perché le dimissioni dei Consiglieri Regionali sono efficaci soltanto dall’accettazione delle stesse da parte del Consiglio Regionale. L’effetto immediato dei provvedimenti è che le loro eventuali assenze influiscono sul numero legale per cui i due consiglieri dovranno essere presenti al prossimo Consiglio Regionale se vogliono che la loro richiesta di dimissioni sia accettata dal parlamentino lucano. Per il solo Piro occorre una autorizzazione del GIP per muoversi da Lagonegro, visto l’obbligo di dimora.

IL GARANTISMO FRETTOLOSO FA I GATTINI CIECHI

Sia una parte delle opposizioni che della maggioranza, con il capogruppo di Fratelli d’Italia Coviello in testa, hanno dimostrato che, come la gattina frettolosa, anche il garantismo frettoloso un tanto al chilo fa i gattini ciechi. Per una strana eterogenesi dei fini, infatti, l’attendismo di Vizziello e Zullino nonché la volontà della minoranza di non fare da stampella alla maggioranza, oggi consentono ai due consiglieri regionali di tornare nell’aula. La situazione, inoltre, evidenzia come avessimo ragione e non il capogruppo di Fratelli d’Italia quando dicevamo che l’accettazione delle dimissioni di un Consigliere Regionale non è un atto dovuto, ma necessita la verifica della piena libertà volitiva del dimissionario. L’avvocato di Lagopesole, infatti, ha confuso il diritto degli enti locali con quello delle assemblee legislative o, forse, più banalmente malgrado i tre anni da capogruppo, ha dimenticato di trovarsi in un organismo legislativo e non in un ente locale e ha creduto di essere ancora consigliere comunale di Avigliano. In questo caos cognitivo, determinato dal desiderio di eseguire ciecamente la volontà del Presidente, Tommaso Coviello ha confuso l’art. 38 del T.U.E.L. secondo il quale “le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo” con l’art. 36 comma 3 dello Statuto Regionale secondo cui “le dimissioni del Consigliere, presentate al Presidente del Consiglio, hanno efficacia solo a seguito di accettazione da parte del Consiglio”. Norma che riproduce il principio già presente nell’art. 39 del DPR n. 361 del 1957 secondo cui sono le Camere a dover accettare le dimissioni. Un principio che il dibattito politico-giuridico fa discendere direttamente dall’assenza di vincolo di mandato che non può tradursi soltanto nella possibilità di cambiare gruppo politico di appartenenza ma anche nella necessità di verificare che nessun potere esterno influisca nella determinazione alle dimissioni del Consiglio Regionale. In Parlamento sono stati tantissimi i casi di dimissioni respinte perché non assunte in piena libertà o perché supportate da motivazioni che facevano immaginare la presenza di una volontà non personale ma condizionata. Nel dibattito politico di basso profilo che ha caratterizzato queste settimane nessuno è intervenuto nel merito della libertà di decisione di un consigliere sottoposto a misura cautelare o che, comunque, determini la propria volontà di dimissioni sulla scorta di un’indagine in corso.

LA SEPARAZIONE DEI POTERI

La separazione dei poteri, infatti, non consiste soltanto nella rituale dichiarazione di fiducia nella magistratura ma anche nella necessità di impedire che la libera determinazione dei Consiglieri Regionali sia in qualche modo condizionata dalla presenza di indagini o di misure cautelari. Nell’accettare le dimissioni di Franco Cupparo dalla carica di assessore il Presidente Bardi ha dimostrato il rischio democratico del pericoloso mix tra moralismo e terrore, un mix esplosivo che per salvare la poltrona e prendere le distanze dai più deboli di un’indagine. Non sono, infatti, sfuggite ai più le dichiarazioni presidenziali che hanno preceduto l’accettazione delle dimissioni di Cupparo, laddove il Presidente ha difeso se stesso dichiarandosi estraneo ai fatti ma ha preso formalmente e fermamente le distanze da comportamenti emersi dalle indagini che ha definito distanti dal suo modo di vivere le istituzioni. Allo stato attuale, infatti, Cupparo è nella medesima condizione di indagato a piede libero che hanno il Generale e gli assessori Merra e Fanelli. Cupparo avrebbe pieno diritto politico non soltanto di revocare le proprie dimissioni, ma anche di chiedere di essere reintegrato nella Giunta Regionale. Non si capirebbe, infatti, per quale motivo con le stesse imputazioni e nelle stesse condizioni giuridiche Bardi può fare il Presidente, Fanelli e Merra possono rimanere in Giunta mentre Cupparo sarebbe costretto in un limbo da reietto presunto colpevole per una decisione assunta con senso di responsabilità quando era impossibilitato a svolgere il proprio mandato assessorile a causa della limitazione della libertà che il Riesame ha revocato in quanto non fondate in fatto e in diritto. Se, invece, il Consigliere di Francavilla decidesse di confermare le proprie dimissioni darebbe un vero e proprio schiaffo al Presidente e ai due assessori dicendo chiaramente che lui si dimette perché indagato mentre i tre restano al loro posto malgrado le indagini. Una scelta che dovrebbe costringere il Generale al gesto etico delle dimissioni o della revoca di Fanelli e Merra.

LA PALLA PASSA AL CONSIGLIO REGIONALE

Sia Cupparo che Piro hanno annunciato di voler presenziare al prossimo Consiglio Regionale ma nulla hanno detto rispetto alla richiesta di dimissioni. Politicamente la situazione cambia e non di poco. Con la revoca delle misure cautelari e la consequenziale caduta della sospensione, il Consiglio Regionale torna ad essere composto da 20 Consiglieri Regionali a tutti gli effetti (tenendo dentro Bardi e non ancora Leone che potrebbe anche egli essere rimesso in libertà in queste ore). Se i due consiglieri confermassero le loro dimissioni, per poterle approvare servirebbe il voto di 11 Consiglieri Regionali, quindi o tutta la maggioranza (compreso Vizziello e Zullino) oppure la maggioranza mutilata con i promessi voti di Italia Viva. Il garantismo e la necessaria tutela della libertà di azione dei consiglieri regionali vorrebbero che, anche alla luce di quanto accaduto nelle ultime settimane, il Consiglio Regionale respingesse le dimissioni anche se confermate dai due dimissionari. Sarebbe un atto di piena autonomia del Consiglio Regionale, una scelta di sovranità del Consiglio con la quale si affermerebbe che un Consigliere Regionale non solo non deve ma non può rinunciare alla propria azione senza vincolo di mandato soltanto per un’indagine in corso. Una posizione politica difficile ed articolata che, ovviamente, sarebbe assolutamente in contrasto con il basso livello della discussione politica di queste settimane nella quale si è parlato di tutto tranne che di ciò di cui si doveva parlare, ovvero della libertà di azione dei Consiglieri Regionali e dell’autonomia della valutazione politica rispetto alle vicende giudiziarie. Terminata l’emergenza delle misure cautelari e del caos che ne è scaturito, la speranza è che il Consiglio Regionale ed i Partiti tornino a parlare di politica. Magari partendo dalla risposta ad una domanda: premesso che il Consigliere non può lasciare l’aula senza l’accettazione del Consiglio, è politicamente corretto che il Consiglio Regionale consenta che Bardi, Cupparo, Fanelli e Merra, pur essendo nella medesima condizione giuridica possano subire effetti diversi rispetto al loro ruolo politico? Può il Consiglio Regionale accettare le dimissioni di Cupparo e Piro e nulla obiettare sulla posizione di Bardi, Fanelli e Merra? Può la maggioranza consiliare accettare che le indagini allontanino Piro e Cupparo dall’aula e lascino al loro posto Bardi, Fanelli e Merra? L’obiezione secondo la quale Cupparo e Piro si sarebbero dimessi mentre Bardi, Fanelli e Merra non hanno presentato le dimissioni è un’obiezione infondata che ignora che la decadenza del Consigliere Regionale in caso di dimissioni per essere efficace deve avere la corrispondenza di due volontà distinte quella dimettente del Consigliere Regionale e quella accettante del Consiglio Regionale che deve valutare se le dimissioni non siano state rese in modo incompatibile con l’esercizio senza vincolo del mandato e se siano state pienamente libere e non influenzate da fattori esterni. E’ una decisione che spetta esclusivamente al Consiglio Regionale (sperando di aver chiarito una volta per tutte che l’accettazione delle dimissioni non è un atto dovuto ma un atto squisitamente politico) che potrebbe interrogarsi sui rapporti tra libertà politiche, rappresentanza istituzionale e ingerenze esterne nell’esercizio del mandato istituzionale e potrebbe dare quel segnale di piena autonomia della politica rispetto a qualsiasi ingerenza esterna di cui l’etica e l’estetica delle istituzioni dovrebbero sempre alimentarsi. Accettare le dimissioni di Cupparo e Piro (qualora fossero confermate) e non pretendere quelle di Bardi, Fanelli e Merra significherebbe confutare l’uguaglianza dei cittadini davanti alla Legge, principio cardine del nostro ordinamento che rientra tra i diritti cui neanche i cittadini possono liberamente disporre per se stessi. Un’occasione che vogliamo sperare i nostri Consiglieri questa volta non vorranno lasciarsi sfuggire ammesso che siano capaci di volare un po’ più in alto rispetto alle beghe di bottega e agli equilibrismi personalistici.

IL FRONTE GIUDIZIARIO

Sarà particolarmente interessante seguire “Oltre il giardino” domani sera su cronache TV, Canale 76. Saranno ospiti dell’ottimo Paride Leporace, tra gli altri, Maria Di Lascio e Sergio Lapenna. Sarà certamente interessante sentire la posizione dell’ex sindaca, la quale ha annunciato sui social di voler dire fortemente la sua sull’inchiesta, a suo avviso eccessivamente politica. Lapenna invece, in quanto difensore di Piro, potrà meglio chiarire quale sarà la posizione del Consiglio regionale suo assistito venerdì.

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