L’ANTIMAFIA NON S’ARRENDE
Misure cautelari, corsa dal Gip per Piro e Leone: anche loro ora puntano alla piena libertà. La Procura a lavoro per smontare in Cassazione i verdetti sfavorevoli del Riesame
Inchiesta Sanità e voto di scambio alle ultime comunali di Lagonegro, tra l’ora per allora del Riesame di Potenza e i fatti intervenuti dal giorno degli arresti, circa 2 settimane fa, ad oggi plurimi passaggi spartiacque. Il verdetto del Riesame presieduto da Aldo Gubitosi, appare come una spinta di rottura che in qualche modo sfalda, parzialmente, la struttura dell’impianto accusatorio forse anche oltre lo specifico riferimento alle esigenze cautelari. L’Antimafia di Potenza, già a lavoro per le impugnazioni in modo tale da, seguendo la rituale tempistica procedurale, interpellare la Cassazione. Da sottotitolo al quadro emerso dall’Ordinanza applicativa di misure cautelari personali del Gip Antonello Amodeo, la più volte richiamata indicazione sul fatto che residuino distinti ed interdipendenti settori di operatività criminale da ulteriormente vagliare e riscontrare sia con riferimento a collegamenti con ulteriori soggetti istituzionali coinvolti nei presunti traffici delittuosi, « tuttora oggetto di mirate delegate investigazioni», che con riguardo alla specifica posizione di Piro a collegamenti con la criminalità organizzata alla base della competenza della Direzione distrettuale Antimafia del capoluogo. Maria Di Lascio non è più sindaca di Lagonegro, Comune sciolto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con contestuale nomina del Commissario straordinario Quaranta, e, per quanto l’Assise regionale debba ancora procedere alla surroghe, sia Cupparo che Piro hanno rassegnato le dimissioni da consiglieri regionali. Il Riesame accogliendo i ricorsi di Di Lascio, Cupparo e Spera, ovvero annullando le misure cautelare per loro decise dal Gip, ha consentito il rientro in Ufficio, era stato sospeso dai pubblici uffici, del Direttore regionale dell’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, Giuseppe Spera. Per Spera, inoltre, lo stesso Riesame ha anche annullato il decreto di perquisizione eseguito il giorno degli arresti, con conseguente restituzione di quanto sequestrato. Anche Piro, attualmente ai domiciliari, e Leone, sottoposto al divieto di dimora a Potenza, sede del Consiglio regionale, che non hanno fatto ricorso al Riesame, potrebbero riacquistare a breve la piena libertà a condizione che la pronuncia del Gip avrà esito positivo. Già ieri mattina, l’avvoca- to difensore di Piro, Sergio Lapenna, ha presentato una nuova istanza al Gip per la revoca dei domiciliari al suo assistito. Il giudice ha 5 giorni di tempo per la decisione. A ruota, anche l’avvocato Nuccio Labriola, legale del consigliere Rocco Leone. Dei due, tornerebbe in carica Leone che non si è dimesso dalla carica di consigliere regionale. In superficie la spinta di rottura del Riesame appare abbastanza delineata, più difficile scorgerne, allo stato attuale, le fondamenta motivazionali. La divergenza è più netta in alcune parti, meno in altre. Per l’Antimafia, per esempio, le indagini oltre ad aver consentito di disvelare «un allarmante scenario caratterizzato dalla ferma volontà dei principali indagati di condizionare la genuina acquisizione probatoria tuttora in corso», avevano fatto emergere la volontà «di condizionare» i testimoni ed anche le «persone informate sui fatti ancora da escutere nel corso delle indagini». Altro spartiacque interpretativo, il «diffuso e sistematico mercimonio delle pubbliche ricoperte dagli indagati» evidenziato dal Pm Vincenzo Montemurro. Per Spera, per esempio, il Gip ha operato mirando ad impedire al Direttore generale del San Carlo, sia «la reiterazione di analoghe condotte» a quelle contestate, sia «l’alterazione di documenti negli Uffici della Direzione Generale e o l’influenza sulle acquisizioni dichiarative da compiersi in relazione a soggetti impiegati nel predetto ambiente d’Ufficio». Annullando l’ordinanza, dal Riesame pericolo non ravvisato. La finalità citata è stata perseguita anche nei confronti di Leone: «impedire l’azione diretta su possibili fonti testimoniali e su atti e documenti di pertinenza degli Uffici Regionali». Per Leone, tuttavia, il Riesame si è pronunciato solo emettendo il diniego alla richiesta di aggravamento della misura cautelare avanzata dall’Antimafia che voleva la restrizione in carcere. Ulteriore scoglio, la spiccata o meno «pervicacia criminale» ritenuta, dalla Procura, così predominante da «essere neutralizzata solo impedendo agli indagati di continuare ad avere contatti fra di loro». L’Antimafia, pertanto, aveva ravvisato una «spiccata pericolosità sociale» da rendere «assai probabile la reiterazione di analoghi comportamenti delittuosi», evidenziando, inoltre, come «l’assiduità delle condotte delittuose» denotasse «una professionalità tale da determinare un notevole allarme sociale». L’accusa ha anche rimarcato «il costante e totale impegno degli indagati nella commissione di fatti reato», unendo il dato al fatto che «nel corso delle conversazioni intercettate i predetti non manifestano inoltre segni di resipiscenza o intento di interrompere le attività delittuose», apparendo, al contrario, «quasi sempre proiettati verso il compimento di nuovi crimini con modalità operative tali da fugare qualsiasi dubbio circa la responsabilità penale degli indagati». Ciò perchè, secondo l’impianto accusatorio, era in- saziabile la volontà di consolidare e accrescere il potere sul territorio, «abusando della carica di Pubblici Ufficiali per costringere o comunque indurre soggetti a favorire illecitamente gli appartenenti alla loro cerchia in dispregio delle norme a presidio dell’ imparzialità e del buon andamento dell’operato della Pubblica Amministrazione». «Pienamente inserito nel “sistema” e nella “filiera”», per l’accusa, anche il Dg Spera. Oltre l’ora per allora, e al di là delle cessazioni dalle cariche o meno, altro punto cardine, non può non essere la valutazione interpretativa sul «sistema di potere» connotato da un modus operandi «strutturale». È un punto sul quale ha insistito l’Antimafia nel descrivere la “foresta” più che il singolo “albero”, ritenendo che dagli atti di indagine con riferimento a ciascun capo di imputazione e a ciascun indagato. emergesse «una rete relazionale ed un sistema» non limitato ad episodi isolati e relativi ad una situazione contingente, come quella, in sintesi, dell’elezione del sindaco di Lagonegro nel 2020, ma al contrario «manifestazione di un sistema di un modus operandi strutturale». Punti di contatto e spinte di rottura, in Cassazione sarà nuovo scontro. La Procura, allo stato attuale, a lavoro sul doppio fronte: l’impugnazione del rigetto del Riesame del- l’appello contro il non accoglimento da parte del Gip del carcere, come fu in prima battuta per Piro, anche per Di Lascio, Cupparo e Leone, erano stati chiesti i domiciliari per Spera, e l’impugnazione dell’accoglimento dei ricorsi, sempre da parte del Riesame, di Di Lascio, Cupparo e Spera che hanno ottenuto l’annullamento dell’ordinanza del Gip e la revoca delle rispettive misure cautelari.