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RIESAME, LO SCONTRO

Per l’Antimafia carcere necessario, ma le difese controbattono su intercettazioni e indizi

Inchiesta dell’Antimafia di Potenza che spazia dal voto di scambio alle comunali di Lagonegro, svoltesi nel 2020, alle nomine, trasferimenti, promozioni in Sanità, nonchè sulle strategie di controllo clientelare in vista della realizzazione del nuovo ospedale di Lagonegro: nuovo scontro tra accusa e difese e nuovamente tempo dell’attesa. Ieri le udienze al Riesame del capoluogo sulle misure cautelari, in parte cambiate a seguito degli interrogatori di garanzia. La Procura è tornata a chiedere il carcere per Di Lascio (difesa dagli avvocati Alessandro Singetta e Giuseppe Sabella), Cupparo (difeso dall’avvocato Enzo Bonafine) e Leone (difeso dall’avvocato Nuccio Labriola). Il Gip, come da ordinanza applicativa di misure catutelari personali, accolse la richiesta della restrizione in Istituto penitenziario soltanto per l’ex consigliere regionale e capogruppo di Forza Italia, Francesco Piro (difeso dall’avvocato Sergio Lapenna) per il quale, tuttavia, a seguito dell’interrogatorio di garanzia, ha disposto gli arresti domiciliari. Nella originaria richiesta del Pm Montemurro, per il Dg dell’Aor San Carlo, Giuseppe Spera (difeso dagli avvocati Savino Murro e Maurizio Spera), erano stati chiesti gli arresti domiciliari, veniva sottolineata la «spiccata pervicacia criminale» degli indagati che necessitava, per essere neutralizzata, misure idonee ad «impedire agli indagati di continuare ad avere contatti fra di loro, ma ancora più che continuino ad esercitare i poteri e le funzioni a loro demandati per legge in ragione degli importanti incarichi e ruoli pubblici rivestiti». Il fattore incarichi e ruoli politici, è, tuttavia, secondo le difese già non più decisivo. L’ex assessore regionale Cupparo, che ha il divieto di dimora a Potenza, si è dimesso, anche dalla carica di consigliere regionale, come Piro, e come ha fatto Maria Di Lascio, attualmente ai domiciliari, in riferimento alla carica di sindaco di Lagonegro. Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, invece, Rocco Leone, non ha rinunciato alla carica, ma è comunque sospeso, in base alla Legge Severino, avendo il divieto di dimora a Potenza, sede del Consiglio. Anche il Dg Spera, come da seconda decisione del Gip, è sospeso dall’incarico. Il Pm Montemurro, però, ha sottolineato un altro aspetto: l’inesatta valutazione del Gip, poichè limitata alle singole ipotesi di reato, non scorgendo, pertanto, l’insieme del definito «sistema di potere», connotato da un modus operandi «strutturale». I difensori di Maria Di Lascio, oltre a contestare l’utilizzo delle intercettazioni richiamando il divieto sull’uso delle conversazioni captate in procedimenti diversi da quelli per i quali le attività investigative erano state autorizzate, dopo aver ribadito l’innocenza dell’ex sindaca, hanno, muovendosi nell’alveo dell’ipotesi accusatoria, eccepito l’errata qualificazione dei reati. Non, per esempio, corruzione indebita o propria, ma corruzione elettorale. La differenza è anche, ma non solo, nell’entità delle eventuali pene. Ad ogni modo le difese, da parte loro, hanno insistito sulla revoca delle misure cautelari per i loro assistiti.

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