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PAPA FRANCESCO : NON RASSEGNIAMOCI ALLA GUERRA

Ancora in sedia a rotelle, Francesco viene accompagnato all’esterno, nel Parco Archeologico del Colosseo, in mezzo a musica e applausi. Alcune personalità e rappresentanti delle diverse religioni, vengono fatti disporre in fila per accogliere il Papa. La prima è Edith Bruck, la famosa scrittrice sopravvissuta all’Olocausto e testimone preziosa dell’abisso della Shoah, divenuta da alcuni anni amica fraterna del Pontefice

Le religioni unite a Roma con il Papa per la pace: “La terra sia liberata dalla violenza”

Centinaia di persone al Colosseo per la preghiera di Francesco con i rappresentanti delle diverse confessioni per l’incontro di Sant’Egidio “Il grido della Pace”. Un momento di preghiera, canti e dall’implorazione comune che l’umanità veda “l’alba di un giorno nuovo”. Impagliazzo: “Se le religioni si uniscono con la loro capacità creativa, anche questa guerra mondiale a pezzi può essere fermata”
La testimonianza di una giovane rifugiata nigeriana

Salvatore Cernuzio – Roma

“Concordi imploriamo da Dio il dono della pace… L’intero creato possa vedere l’alba di un giorno nuovo”

Il sole è ancora alto e penetra le arcate del Colosseo, quando nell’atrio interno all’antico Anfiteatro Flavio, il Papa, in sedia a rotelle, assieme ai leader cristiani del mondo eleva a Dio una preghiera congiunta:

La terra sia liberata dalla guerra e dalla violenza, ognuno torni a vivere sotto la protezione del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo 

Un cammino lungo 36 anni

Nel centro della capitale, nel monumento che ne è simbolo, luogo di memoria e di martirio cristiano, si svolge “Il Grido della Pace”, l’appuntamento organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio ogni anno, da ormai trentasei anni. Cioè da quel 27 ottobre 1986 in cui Giovanni Paolo II convocò ad Assisi i rappresentanti delle confessioni mondiali per pregare insieme, uniti, e chiedere loro di “continuare a vivere lo spirito di Assisi”. Un pellegrinaggio nacque allora che è proseguito di anno in anno in diverse città europee e mediterranee.

Silenzio e preghiera

In questo 2022, ferito dal brutale conflitto in Ucraina ma anche di tante guerre disseminate “a pezzi” nei cinque continenti, la tappa è di nuovo, come lo scorso anno, la Città Eterna. Di nuovo il Colosseo. Per la prima volta però il Papa ne varca la soglia per pregare per alcuni minuti, cadenzati da preghiere, canti, silenzi e ancora canti, il Dio della pace. Il Pontefice, giunto in auto, salutato dalla folla disposta lungo i Fori Imperiali, raggiunge la poltrona di velluto rosso. Di fronte a lui ci sono vescovi, cardinali, pastori anglicani, patriarchi orientali. Presente pure il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e il neo ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

L’abbraccio al Papa

Ancora in sedia a rotelle, Francesco viene accompagnato all’esterno, nel Parco Archeologico del Colosseo, in mezzo a musica e applausi. Alcune personalità e rappresentanti delle diverse religioni, vengono fatti disporre in fila per accogliere il Papa. La prima è Edith Bruck, la famosa scrittrice sopravvissuta all’Olocausto e testimone preziosa dell’abisso della Shoah, divenuta da alcuni anni amica fraterna del Pontefice. Con lei Francesco si sofferma infatti per alcuni istanti, scambiando alcune parole all’orecchio, stringendole le mani, con gesti caratterizzati da affetto autentico. Strette di mani, inchini, saluti, benedizioni, poi uno scambio di battute e risate con il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni.

Immagini struggenti

Tutti insieme salgono sul palco bianco e blu, sormontato dalla scritta “Il grido della Pace”. Il sole inizia già a calare oltre il monte Celio, dove sono disposti con smartphone e macchine fotografiche numerosi ragazzi. Forse fedeli, forse passanti, forse giovani romani incuriositi da questo momento in cui la musica si intreccia al silenzio. Un minuto di silenzio “in memoria delle vittime delle guerre, delle violenze, del terrorismo, della tratta” viene richiesto dal palco, dopo la proiezione sui maxischermi di uno struggente video che mostra l’orrore di cui l’umanità è capace. Dalla nota fotografia del bimbo di Hiroshima col fratello morto sulle spalle, fatta imprimere anni fa dal Papa su un cartoncino regalato ai giornalisti, ai filmati degli sbarchi di migranti dopo la traversata sul Mediterraneo. Fino alle immagini di devastazione che da otto mesi quasi esatti si consumano in Ucraina.

L’intervento di Impagliazzo

Prima che il Papa prenda la parola, pronunciando con voce sommessa appelli potenti, interviene il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, che in un appassionato discorso dà voce alle “grida e invocazioni di pace” provenienti da un mondo in cui soffiano venti di guerra. C’è l’Ucraina bombardata con le sue trincee del Donbass nei pensieri del folto uditorio che, seduto nella platea disposta sui sampietrini, ascolta assorto i vari interventi. Ma ci sono anche la Siria, il Caucaso, l’Afghanistan, lo Yemen, la Libia, l’Etiopia, il Sahel, il Nord del Mozambico, e “decine di altri luoghi conosciuti o sconosciuti”, dice Impagliazzo. “Quante grida, quante invocazioni! Chi ascolta queste voci? Chi ascolta le voci di chi non c’è più? Il rumore e l’indifferenza sono la maniera per tacitare i vivi e i morti”.

L’appello di Giovanni Paolo II

“I faziosi al servizio delle ragioni della guerra ci spiegano che esistono le guerre giuste e le guerre sante”, aggiunge il presidente di Sant’Egidio. “In questi 36 anni il mondo è cambiato. La Guerra Fredda non c’è più (Giovanni Paolo II disse dopo l’89: “ad Assisi non abbiamo pregato invano”), l’idea dello scontro di civiltà è stata contenuta. La comprensione e l’amicizia tra i mondi religiosi sono cresciute molto, più che quelle tra le nazioni. La nostra preghiera ha cambiato narrazioni che sembravano inattaccabili, ha modificato scenari solidi come una cortina di ferro. Se le religioni ascoltano il grido di pace e uniscono la loro preghiera, la loro capacità creativa, anche questa guerra mondiale a pezzi può essere fermata”.

La storia di Esther, salvata dall'”inferno” grazie ai corridoi umanitari

Un anelito di speranza condiviso negli interventi, tra i quali spicca la forte testimonianza di Esther, giovane nigeriana arrivata a 23 anni nell’“inferno” della Libia e da “quella prigione” uscita grazie ai corridoi umanitari organizzati proprio da Sant’Egidio, assieme a Cei e Chiese valdesi. “Non posso dirvi la mia gioia quando mi hanno telefonato in Libia per dirmi che sarei partita, è come se si fosse aperta la porta dell’inferno e vedevo finalmente un po’ di luce. Degli angeli venivano ad aprire la porta della prigione. Era la salvezza per me e per quelli che erano sul mio aereo. Ho viaggiato con un documento, con un visto, mi hanno accolto con fiori e sorrisi. È la resurrezione”, dice la ragazza, con la voce tremante. “Oggi sono libera in questo bellissimo Paese, sono una persona umana, non ho più paura quando cammino in strada. Sto studiando l’italiano, voglio contribuire alla vita di questo Paese”.

I cartelli di “Pace”

Una musica si diffonde improvvisamente dagli altoparlanti, dalla platea la gente si alza in piedi e solleva, quasi come in un flash mob, cartelli bianchi con la scritta blu “Pace” in varie lingue. Intanto due ragazze distribuiscono pergamene arrotolate dai cestini. È l’Appello di Roma, firmato dal Papa e dai leader religiosi. La gente si abbraccia e si stringe le mani; qualcuno si commuove per questo gesto semplice di vicinanza di cui la pandemia di Covid aveva privato l’umanità per oltre due anni.

“Grazie Papa Francesco, grazie a tutti i rappresentanti delle religioni”, viene scandito al microfono dal palco. Lì, al termine dell’incontro, i ragazzi di Sant’Egidio di diverse città e Paesi salgono per srotolare una bandiera blu e gialla dell’Ucraina.

“Il grido della pace oggi lo diffondiamo ovunque”
Francesco: la pace è un grido che merita di essere ascoltato
Il Papa ha preso parte nel pomeriggio al Colosseo all’atto finale dell’incontro delle religioni promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, firmando un appello comune con i leader di altre fedi: non rassegnamoci alla guerra, i governanti si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto le aspirazioni alla riconciliazione dei loro popoli. La guerra è la madre di tutte le povertà

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Papa Francesco interviene nella serata conclusiva dell’Incontro di preghiera per la pace con i leader cristiani e delle religioni mondiali che si è aperto domenica scorsa a “la Nuvola” di Roma. Ripete con forza un appello già lanciato un anno fa, sempre al Colosseo, ma che oggi, afferma, è “ancora più attuale” e dice: “Le religioni non possono essere utilizzate per la guerra (…) nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza”. Che la ricerca della pace sia al centro del nostro agire, dice ancora, e lo fa proprio nel giorno in cui, in merito alla guerra in Ucraina, sembra aprirsi uno spiraglio di dialogo. Le agenzie nel primo pomeriggio riportano infatti la notizia che la Russia sarebbe pronta a dialogare con Papa Francesco, con gli Usa e con la Francia per cercare una soluzione al conflitto in corso.

La preghiera delle religioni per la pace

Prima di tenere il suo discorso, intorno alle le 16.20, Francesco partecipa ad un momento di preghiera all’interno del Colosseo alla presenza dei rappresentanti delle Chiese e delle Comunità cristiane, mentre i leader delle altre religioni sono riuniti in preghiera in diversi luoghi della città. Poi alle 17, sul palco allestito all’esterno dell’Anfiteatro Flavio, la cerimonia finale tutti insieme, con alcune testimonianze e i discorsi conclusivi seguiti da un minuto di silenzio per ricordare le vittime della guerra, del terrorismo, della violenza e della tratta di esseri umani. Al termine la firma dell’Appello di pace di Roma da parte di Papa Francesco e degli altri capi religiosi, poi consegnato ad alcuni ragazzi e ragazze dalla scrittrice, testimone della Shoah, Edith Bruck e simbolicamente a tutti i giovani del mondo.

Francesco: una pace oggi gravemente ferita

Prendendo la parola, Francesco ringrazia ciascuno dei presenti spinti da quello stesso “spirito di fratellanza” che ispirò la prima convocazione in nome della pace voluta da San Giovanni Paolo II ad Assisi, trentasei anni fa, e afferma:

Quest’anno la nostra preghiera è diventata un “grido”, perché oggi la pace è gravemente violata, ferita, calpestata: e questo in Europa, cioè nel continente che nel secolo scorso ha vissuto le tragedie delle due guerre mondiali. Siamo nella terza. Purtroppo, da allora, le guerre non hanno mai smesso di insanguinare e impoverire la terra, ma il momento che stiamo vivendo è particolarmente drammatico.

Il grido di pace non può essere soppresso

Papa Francesco sottolinea ancora una volta che “la pace è nel cuore delle religioni”, quella pace negata e umiliata in tante parti del mondo e il cui grido viene spesso messo a tacere “dalla retorica bellica”, ma anche dall’odio e dall’indifferenza. Eppure è un’invocazione che, afferma il Papa, “non può essere soppressa”.

Sale dal cuore delle madri, è scritta sui volti dei profughi, delle famiglie in fuga, dei feriti o dei morenti. E questo grido silenzioso sale al Cielo. Non conosce formule magiche per uscire dai conflitti, ma ha il diritto sacrosanto di chiedere pace in nome delle sofferenze patite, e merita ascolto. Merita che tutti, a partire dai governanti, si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto.

La guerra è sempre un fallimento

Che la guerra sia “madre di tutte le povertà”, e lasci “il mondo peggiore di come lo ha trovato”, che sia “un fallimento della politica e dell’umanità”, lo dimostrano, osserva il Papa, “le lezioni dolorosissime del secolo Ventesimo, e purtroppo anche di questa prima parte del Ventunesimo”, in cui, dimenticando Hiroshima e Nagasaki, si è tornato a minacciare l’uso delle armi nucleari. Ma se, sostiene Papa Francesco, i potenti della terra non danno ascolto alle aspirazioni dei loro popoli, non muta il disegno di pace di Dio per l’umanità e che sta a noi accogliere. E il Papa prosegue:

La pace è dono suo e l’abbiamo invocata da Lui. Ma questo dono dev’essere accolto e coltivato da noi uomini e donne, specialmente da noi credenti. Per favore, non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell’odio per il nemico. Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo.

La richiesta di pace all’Incontro di Roma
L’appello al dialogo di San Giovanni XXIII sessant’anni fa

Un analogo appello aveva rivolto ai governanti nell’ottobre del 1962, San Giovanni XXIII attraverso un radiomessaggio. Sembrava vicino allora un nuovo “scontro militare e una deflagrazione nucleare” e Papa Roncalli supplicava che si facesse tutto il possibile per “salvare la pace” e per evitare al mondo gli orrori di una guerra. Papa Francesco ripete le parole pronunciate dal suo predecessore:

“Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra”. Sessant’anni dopo, queste parole suonano di impressionante attualità. Le faccio mie. Non siamo ‘neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza’.

Oggi tra le religioni ci sentiamo più fratelli

La fraternità tra le religioni, in questi anni è cresciuta, costata Francesco, “sempre più ci sentiamo fratelli tra di noi”, dice e ricorda quanto detto nell’Incontro di preghiera per la pace dello scorso anno:

Un anno fa, incontrandoci proprio qui, davanti al Colosseo, lanciammo un appello, oggi ancora più attuale: “Le Religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza”

Alcuni partecipanti all’incontro
Non rassegniamoci alla guerra

È un impegno che, afferma ancora il Papa, vogliamo continuare a vivere. Non dobbiamo rassegnarci alla guerra. E cita ancora San Giovanni XXIII che nella Pacem in terris scriveva: “Si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace”. Che “sia così – conclude Francesco – con la grazia di Dio e la buona volontà degli uomini e delle donne che Egli ama”.

 

 

 

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