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NON ABBIAMO PREDICATO NEL DESERTO

Nel mirino del Pm Montemurro e della Dda anche il caso sollevato sul bilancio “fisarmonica” per far fuori Barresi. Cronache aveva scoperchiato il caso dell’intervento di Leone sull’avvocatura regionale perchè si difendesse male

Le «illecite ingerenze» dei politici indagati, a vario titolo, nell’ambito dell’inchiesta dell’Antimafia di Potenza che ha scatenato un terremoto giudiziario in Regione, 39 indagati tra cui Bardi, sono plurime e variegate. Tra queste non può non colpire quella inerente al caso dell’ex Dg dell’Aor San Carlo, Massimo Barresi, e avente come vittima-bersaglio l’avvocato Valerio Di Giacomo dell’avvocatura distrettuale della Regione Basilicata. Se, durante la legislatura Bardi, il tema del non rispetto, da parte del centrodestra, del principio cardine intorno al quale ruota l’attuale sistema amministrativo, cioè la separazione tra l’attività politica e di indirizzo e l’attività di gestione, ha rappresentato una costante, nello specifico, Cronache Lucane ha più volte attenzionato le zone opache sia dei rapporti Giunta-Barresi che proprio del caso Di Giacomo, che, in punta di diritto, si configurava più che sospetto, come poi l’Antimafia ha confermato, soprattutto per quella neanche troppo velata istigazione all’infedele patrocinio. Sul punto, in aiuto le intercettazioni dell’inchiesta. Una delle accuse, vede come correi protagonisti il presidente Vito Bardi, l’allora assessore regionale alla Sanità, Rocco Leone, ed, infine, Antonio Ferrara, nella qualità di dirigente dell’Ufficio di Gabinetto della Presidenza della Regione. Come da sempre evidenziato da Cronache Lucane, le nomine apicali della Sanità, non sono totalmente intuitu personae. Di conseguenza, cambiare un Dg è possibile, ma nei modi e nei termini stabiliti dalla legge e sulla base di contestazioni puntuali su gestione e bilanci. La strada scelta da Bardi e gli altri, come da prospettazione accusatoria, è stata diversa: la scorciatoia del perdere la causa dinanzi alla Giustizia Amministrativa relativamente al ricorso di quello che poi divenne, Commissario prima, Dg poi, del San Carlo, Giuseppe Spera. Di Giacomo era pronto, come da originario mandato ricevuto, a difendere la Regione e quindi la solidità tecnica della nomina di Barresi, ma, invece, «Bardi, per il tramite del Ferrara e Leone, mediante colloquio telefonico oggetto di captazione», comunicò a Di Giacomo «che la volontà politica da loro espressa era quella di destituire definitivamente il dott Barresi e che pertanto occorreva modificare le conclusioni già rassegnate in sede di giudizio innanzi al Tar Basilicata ed ancora che si rendeva necessario non produrre ulteriori atti difensivi in favore del Barresi nel giudizio relativo al ricorso intentato da Spera». Formalmente Regione costituita in giudizio, ma di fatto una rinuncia alla difesa, in assenza di un atto di Giunta tramite cui fosse stata decisa la rinuncia agli atti del giudizio «con abuso della qualità e in violazione della legge che sancisce l’autonomia tecnica ed intellettuale degli avvocati degli Enti Pubblici». Oltre alla «intimidazione», a mo’ di bastone e carota, sarebbe stato proposto a Di Giacomo, che si oppose, un do ut des: «Il proprio comportamento sarebbe stato valutato ai fini della procedura per la carica di Coordinatore Distrettuale dell’Ufficio della predetta Avvocatura». Per l’accusa, gli «atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Di Giacomo a procedere su richiesta imperativa degli stessi Bardi, Leone e Ferrara», e pertanto di costringerlo «a compiere un atto contrario ai propri doveri diritti defensionali e quindi a modificare le conclusioni precedentemente rassegnate nel medesimo giudizio», erano motivati «ancora una volta da ragioni personalistiche» volte alla rimozione Barresi andava rimosso perchè «non permeabile alle loro richieste». «Non intendiamo difendere Barresi, punto – diceva Leone intercettato in un colloquio con Di Giacomo -. Noi a questo lo vogliamo mollare, vedi tu vedi tu come cazzo devi fare (…) Ci dobbiamo fare i fatti nostri». La risposta perentoria dell’avvocato fu: «Io sono neutrale, io faccio il professionista io non sono schierato con nessuno politicamente». Ad ogni modo, «il disegno volto ad estromettere il Barresi e favorire lo Spera è emerso più volte dalle indagini». Anche per il Gip Amodeo, ravvisabile dal quadro delle intercettazioni la prospettazione di «una convenienza professionale per l’avvocato Di Giacomo atteso che quest’ultimo era certamente consapevole del fatto che conveniva assecondare la richiesta proveniente dall’Assessore onde poter confidare in ulteriori incarichi o avanzamenti». La vicenda del contenzioso amministrativo tra Spera e Barresi si intreccia con la procedura della nomina del coordinatore del’Ufficio legale della Regione e benchè «l’istruttoria già compiuta deponesse per la mia nomina a coordinatore», come denunciato e spiegato da Di Giacomo agli investigatori, «quale atto di evidente non gradimento della mia condotta processuale», lo stesso, l’incarico non l’ha più ottenuto. La guerra a Barresi poichè, e dalle carte è desumibile anche il perchè, bisognava mettere Spera, fu condotta su tutti i fronti. Tanto che la consigliera regionale Dina Sileo «ha avuto incarico dagli assessori Leone e Cupparo di fare un dossieraggio nei confronti del Dg Barresi (…) deve mettere insieme tutta una serie di cose negative che probabilmente vorranno sottoporre tutti insieme al presidente». Anche su questo, Cronache ci era arrivata, tanto che uno degli articoli passati dedicata alla particolare attenzione della Sileo dedicata al Barresi, fu così titolato: «Il Dg Barresi e il latinorum della Sileo».

Ferdinando Moliterni

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