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EOLICO: LA MALA LUCANA SI LAUREA

Antimafia il clan Martorano-Stefanutti «collegato ai di Muro-Delli Gatti»: allarme collusioni con contesti economico-istituzionali. Non solo pale, immobili e appalti pubblici: «Infiltrazione con l’apporto di capitali propri»

La realtà criminale lucana «ha compiuto nel recente passato un salto di qualità, registrando una sempre più pervasiva presenza delle organizzazioni malavitose nella vita economica della Basilicata». Si apre così, in riferimento al territorio regionale, la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) che analizza i fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso relativamente al periodo luglio-dicembre del 2021, e presentata dal Ministro dell’Interno uscente Luciana Lamorgese. In base alla considerazione citate e ad altre dello stesso tenore, non a caso lo scorso marzo è avvenuta l’istituzione a Potenza della Sezione operativa della Dia. A livello generico e nazionale, ma già ci sono riscontri anche per la Basilicata, l’analisi sui fenomeni delittuosi condotta dalla Dia sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione conferma ancora una volta che il modello ispiratore delle diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso «appare sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria».

BASILICATA «TERRA DI ESPANSIONE» PER LE MAFIE LIMITROFE CHE RICORRONO ALLE «RELAZIONI DIPLOMATICHE»

In Basilicata, i singoli clan che sono organizzati per lo più su base territoriale, provincia di Potenza, area Vulture-Melfese e provincia di Matera con la fascia Jonico-Metapontina, «hanno stabilito accordi con associazioni criminali di più alto spessore come quelle calabresi, pugliesi e campane». La mala della Basilicata è «strettamente connessa con la criminalità organizzata pugliese, ma anche con quella delle vicine regioni della Campania e Calabria», poichè il «territorio lucano» rappresenta «terra di espansione». È emerso, da alcune attività di indagine, come i sodalizi delle regioni limitrofe alla Basilicata «siano piuttosto interessati a mantenere relazioni diplomatiche con i gruppi criminali autoctoni al fine di poter estendere e potenziare la loro rete di traffici illeciti». Per esempio, il clan campano Mallardo che sul piano delle alleanze mantiene rapporti di cooperazione con gli altri sodalizi attivi nell’area nord di Napoli fino all’agro aversano, con i Polverino e Nuvellta di Marano di Napoli e nel casertano con i Casalesi e in particolare con la fazione Bidognetti, ha proiezioni economico-criminali fuori regione ed anche in «Molise e Basilicata». Così come le consorterie lucane sono presente anche nelle inchieste penali sulla cosca calabrese dei Pisano, detta anche dei “i diavoli di Rosarno” e collegata ai Pesce, come dimostra la svelata esistenza di una fiorente attività di narcotraffico «che partendo dal porto di Gioia Tauro si intersecava con gli interessi illeciti di altre realtà criminali operanti in Campania, Puglia e Basilicata».

CRIMINALITÀ ED ECONOMIA: «MIMETIZZAZIONE E INQUINAMENTO»

Riscontrata dalla Dia in Basilicata una particolare «capacità di adattamento e mimetizzazione della criminalità mafiosa» così come emerso dalle numerose interdittive antimafia che «offrono la percezione del rischio di inquinamento mafioso nell’economia del territorio soprattutto nei confronti delle aziende indebolite dalla contingente crisi economica legata alla pandemia da Covid-19». Il protrarsi della situazione epidemica se da un lato ha indebolito il tessuto produttivo e il benessere delle famiglie, dall’altro «ha affinato la strategia delle organizzazioni criminali allo scopo di proporsi come sostegno attivo a imprese in difficoltà e in crisi di liquidità trasformando l’originale impiego della violenza e della minaccia in schemi di sopraffazione economica gestiti attraverso la creazione o lo sfruttamento di un reticolo di relazioni affaristiche e collusive». Il rischio concreto è l’aumento dei «fenomeni criminali quali usura ed estorsione», poichè «alimentati da questo momento di tangibile difficoltà economica».

POTENZA: IL CLAN MARTORANO STEFANUTTI E LA COLLUSIONE CON I CONTESTI ECONOMICI ED ISTITUZIONALI

Nel capoluogo potentino gli esiti investigativi di varie indagini, tra cui “Lucania Felix”, delineano i tratti distintivi «di una criminalità organizzata sempre più conforme ai modelli strutturali delle più progredite organizzazioni mafiose». Il clan Martorano-Stefanutti ha dimostrato per l’Antimafia una «attitudine ad operare come le mafie più evolute attingendo e sfruttando quella zona grigia in cui collusione, scambio di favori, commistioni e collegamenti con persone inserite nei contesti economico-istituzionali sono stati lo strumento di affermazione criminale e il veicolo della propria capacità intimidatoria». Il clan Martorano-Stefanutti è «strettamente collegato» a livello regionale con i gruppi del Vulture-Melfese, Di Muro-Delli Gatti, ma anche col clan Scarcia-Mitidieri di Policoro, nonchè a livello nazionale con i sodalizi mafiosi della ‘ndrangheta calabrese. L’alleanza dei Martorano-Stefanutti con la cosca Grande Aracri di Crotone, per esempio, «consente di cogliere l’effettivo rango mafioso del sodalizio potentino nonché l’accreditamento dello stesso verso la potente organizzazione calabrese che ne riconosce i metodi mafiosi per il raggiungimento delle proprie finalità». Così lo «spettro operativo» della consorteria si è manifestato nel «coacervo di azioni intimidatorie ed estorsive condotte “sotto traccia” al fine di esercitare una pervasiva infiltrazione nel tessuto sociale, politico ed economico». Non solo Grande Aracri, anche i «stretti legami la cosca Manfredi-Nicosia di Isola Capo Rizzuto e quella dei Bellocco di Rosarno». La sintonia strategica fra l’organizzazione potentina e la struttura mafiosa calabrese «appare la cartina di tornasole, la prova conclusiva e insuperabile della mafiosità dell’organizzazione di Potenza, posto che le indagini svolte ci raccontano come il riconoscimento di tale mafiosità avvenga da parte di chi come i sodalizi di ‘ndrangheta citati in materia ha un know-how consolidatissimo ed una tradizione insuperata». La comune sfera d’interessi che distingue i rapporti tra il sodalizio lucano e quello calabrese, non risulta circoscritta solo ad aspetti di stretta relazione criminale «come le estorsioni ai danni di imprese edili e società di capitali, il traffico e lo spaccio di droga o la gestione del gioco d’azzardo attraverso le macchinette videopoker ma si connota per una proiezione più ad ampio raggio che mira all’acquisizione e gestione di lavori, appalti pubblici e acquisti di immobili, nonché volto alla realizzazione di parchi eolici». Non solo, l’infiltrazione nell’economia legale, seguiva il metodo dell’apporto «di capitali propri in aderenza a protocolli criminali finalizzati anche a schermare la provenienza degli stessi consentendone il reimpiego in affari apparentemente leciti e puliti». Il clan Martorano-Stefanutti, guarda anche ad ovest: come nel caso dei rapporti col «gruppo camorristico dei Lo Russo-Capitoni di Napoli». Diversamente da quelli con la ‘ndrangheta i rapporti tra il clan potentino e la mafia campana sembrerebbero improntanti ad un mero rapporto economico: «Il do ut des nella cogestione dell’azienda di servizi di pulizia e manutenzione consisteva nell’erogazione di un contributo dei partenopei all’organizzazione mafiosa Martorano-Stefanutti per il servizio che questa svolgeva nel controllo del territorio e di risoluzione delle controversie relative alla gestione dell’appalto o del servizio nella loro area d’influenza».

PROVINCIA DI POTENZA

A Pignola e Potenza nonostante la parziale disarticolazione subita a seguito dell’intervento repressivo del giugno 2018, Operazione “Impero 2017”, e l’ulteriore duro colpo inferto nell’aprile 2021 con l’Operazione “Iceberg”, continuerebbe ad operare il clan Riviezzi che sembrerebbe mantenere un ruolo centrale nelle dinamiche criminali potentine soprattutto quelle concernenti il traffico di sostanze stupefacenti. Nell’area del Vulture-Melfese comprendente i comuni di Rionero in Vulture, Melfi e Rapolla già scenario dello storico contrasto tra i clan Di Muro-Delli Gatti e Cassotta non si sono registrati significativi episodi delittuosi. La ragione di tale situazione risiede non solo nella minore capacità operativa di entrambi i sodalizi ma anche nel loro progressivo reciproco indebolimento avvenuto nel corso degli anni a seguito della sanguinosa faida, nonché alle incisive attività di contrasto delle Forze di Polizia. In tale contesto «è plausibile ritenere in ragione del frammentato scenario in argomento che accanto alle storiche formazioni criminali si possano inserire nuove articolazioni desiderose di affermarsi sul territorio e acquisire maggiore autonomia operativa». Nei comprensori di Rionero in Vulture, Melfi e Rapolla «si conferma la presenza del gruppo Barbetta mentre a Venosa quella del gruppo Martucci entrambi prevalentemente dediti ai reati connessi con gli stupefacenti». Sempre in provincia di Potenza, ugualmente allarmante è il quadro di situazione nella zona di Lagonegro «che rappresenterebbe l’unico territorio in cui la criminalità autoctona si sarebbe sostanzialmente ritirata cedendo il passo ad un’organizzazione proveniente da un’altra regione vale a dire il clan ‘ndranghetista dei Muto di Cetraro». In generale nel Potentino e in Basilciata continua a risultare ampiamente diffuso il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti unitamente al relativo consumo e persistono episodi di danneggiamento anche a seguito di incendio, nonché fatti costituenti o riconducibili a intimidazioni e minacce. Registrati numerosi reati contro il patrimonio e danneggiamenti. In tutta la regione ci sono stati rilevanti sequestri di armi ed esplosivi indicativi di una pericolosa capacità bellica dei gruppi malavitosi e di un ruolo altrettanto solido nel connesso mercato degli stupefacenti. Permane nel territorio potentino «il problema della intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro». Per quanto concerne l’operatività criminale di sodalizi di matrice etnica, oltre alla mala albanese, gruppi gambiani e nigeriani principalmente dediti all’approvvigionamento e alla commercializzazione di significativi quantitativi di sostanza stupefacente.

PROVINCIA DI MATERA: FERMENTO PER «IL VUOTO DI POTERE» LASCIATO DAGLI SCHETTINO

Resta invariata la geolocalizzazione dei vari gruppi criminali presenti nella provincia che nel litorale jonico compreso tra Metaponto e Nova Siri si caratterizza per la presenza degli storici clan Scarcia e Mitidieri-Lopatriello e Schettino. Ma il «vuoto di potere» conseguente alle inchieste antimafia e alle condanne che «hanno duramente ridimensionato gli Schettino», ha rappresentato la condizione favorevole per la «riconquista del controllo delle attività illecite sia da parte di taluni reduci della citata aggregazione criminale che degli appartenenti agli Scarcia». A Stigliano permane l’operatività del gruppo Pascarelli-Calvello i cui vertici già a partire dal 2016 «avevano il pieno controllo delle attività illecite connesse con gli stupefacenti non solo in quel comune ma anche in alcuni paesi limitrofi in altre zone del potentino e della fascia Jonica-Metapontina». Superata la breve crisi conflittuale con il clan Schettino egemone in quest’ultima area territoriale attraverso una «concordata ripartizione del territorio e una comune strategica sinergia nel condurre le attività illecite il gruppo Pascarelli-Calvello era infatti riuscito ad acquisire il controllo quasi monopolistico delle remunerative attività di spaccio degli stupefacenti in diversi comuni ricadenti nelle provincie di Matera e Potenza». Dallo spaccio il gruppo avrebbe ampliato le proprie attività criminali «sotto l’egida degli Scarcia nella direzione delle estorsioni allo scopo di sottoporre a controllo le attività illecite in tutti i paesi del litorale Jonico». Quello della recrudescenza dei fenomeni criminali nel Metapontino «rappresenta un fattore di estrema rilevanza costantemente monitorato anche alla luce dei recentissimi episodi incendiari verificatisi a Scanzano Jonico in danno di alcuni stabilimenti balneari». Così come altra urgenza nel materano è lo «sfruttamento dei lavoratori stranieri in agricoltura».

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