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CI VORREBBE ALMENO PASOLINI

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Avevamo avvisato per tempo e col giusto tono che l’endorsement delle donne democratiche sulla romana Cecilia D’Elia, ben al di là delle ragioni di vicinanza, aprisse di fatto le porte alla calata dei paracadutisti che pure dalle parti del Nazareno vedevano di buon occhio la nostra povera Basilicata come una terra promessa e di facile elezione. Ora però che i giochi sono tristemente fatti e che l’aiuola di genere è stata calpestata prima da Raffaele La Regina, twittarolo negazionista d’Israele e d’alieni e poi da Vincenzo Amendola, napoletano infilato in Basilicata quasi in folle contrappasso a Roberto Speranza, lucano catapultato a Napoli, c’è da chiedersi non solo cosa sia rimasto in giro di quella loro indignazione con cui hanno coraggiosamente rifiutato le liste a comparsa, ma anche come ci si debba comportare davanti all’ordalia maschile dei candidati del PD che quella presenza l’hanno osteggiata, infilzata, aggirata. Così tra le file tutte al femminile del pensiero democratico spetterebbe magari a Maura Locantore che ha saputo fare di Pasolini un impegno incondizionato d’accademia e perfino una possibilità nuova per una politica corsara darsi una felice mossa e mostrare quanta forza morale e bellezza abbia ancora la grammatica del dissenso che Pasolini, in una delle sue più belle lezioni di vita promettente e di resistenza dal potere, ci ha lasciato come testimonianza e come destino. Ha scritto Pier Paolo Pasolini: “Soffre tutto quello che cambia, anche per farsi migliore”.

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