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ANDI NGANSO : IL TEMPO È SCADUTO

Che cosa scatena l’empatia dei membri di una comunità rispetto ad un avvenimento?

Dottore Andi Nganso

Dott. Andi Nganso

Tra le tante cose che mi sono chiesto in questi giorni è come mai la notizia di una violenza verbale è riuscita ad avere più copertura stampa e ha suscitato molte più reazioni istituzionali, rispetto all’uccisione di un uomo, in piena giornata, davanti agli occhi e le mani immobili di una piazza gremita.


Mi sto chiedendo come mai il racconto di un uomo, nero, che ha subito un aggressione razzista sul suo posto di lavoro, faccia più effetto della morte, di altri uomini, sempre al lavoro, nelle piantagioni del sud.

Mi sto chiedendo perché la mia storia suscita più empatia e più emozioni rispetto alla storia di tanti altri uomini neri, rinchiusi con violenza nei cpr del nostro paese.

Non riesco a non chiedermi come mai tanto silenzio davanti alle morti continue nel mediterraneo e tutto sto gran rumore dopo quanto mi è successo.

Sia chiaro sono grato per la rilevanza che abbia avuto la nostra denuncia.

Ogni essere vivente che viene violentato o discriminato deve gridare ad alta voce in modo corale con la propria comunità.

Ecco, comunità. Non sarà questo uno dei punti deboli nella catena di attivazione delle nostre emozioni?

È chiaro. L’attacco ad un medico in pieno servizio alla propria comunità è un attacco alle istituzioni sanitarie dello stato.

È quindi chiaro che le istituzioni si mostrano subito solidali proprio perché il mostro sembra essere dentro casa. Il medico è uno del “sistema”. È uno di noi.
È uno che da senso di sicurezza a questo nostro sistema decadente. Giusto?

Gli altri lavoratori perché ci fanno paura? 

Perché sono poveri e la povertà è stata demonizzata esattamente come lo stato di malattia e la precarietà sociale. Giusto?

Se le istituzioni e la cittadinanza si muovono quando chi cura il corpo della comunità viene attaccato, dovrebbero reagire nello stesso modo quando chi si preoccupa di nutrire il corpo (lavoratori agricoli) vengono attaccati.

Questo ragionamento dovrebbe valere ovviamente per ogni professione.

Perché ognuno di noi, come i propri mezzi e capacità concorre anche solo per la propria presenza alla comunità.

Se ciò non accade. È per colpa di una serie di cortocircuiti che dobbiamo imparare a disinnescare.

Mi sono poi chiesto come mai le comunità non sì muovono in modo compatto davanti alle tragedie.

Che cosa scatena l’empatia dei membri di una comunità rispetto ad un avvenimento?

Ho pensato che forse il concetto stesso di solidarietà è da decostruire.
Ne abbiamo parlato durante il FestivalDivercity, della necessità di decolonizzare i termini solidarietà e umanità.

Da membri di una comunità che si vuole attenta alla lotta contro le discriminazioni e che fa della decostruzione della storia coloniale in tutti i suoi aspetti, non possiamo permetterci di essere noi stessi i perpetuatori di modalità di aiuto che esulano da una visione comunitaria.

La cura o è dedicata a tutte e tutti o non è cura

È semplice esercizio di riproduzione di una retorica da mantenimento dello stato di divisione dei gruppi.

Il razzismo strutturale che denunciamo è anche a stretto giro legato al classismo e al patriarcato che altrettanto denunciamo.

E nello stesso modo nel quale riconosciamo come il sistema agisce a diversi livelli per influire sulle menti delle singole persone per mantenere lo status quo del razzismo, è altrettanto importante che noi, membri di questa grande comunità in lotta contro le discriminazioni, riconoscessimo che siamo vittime del sistema.

È importante che ci mettiamo anche noi continuamente in discussione per decostruire parte della tossicità che noi stessi inaliamo dal razzismo sistemico, dal patriarcato violente, dal classismo e da tutti gli altri modi di operare dei sistemi di oppressione.

Non possiamo quindi smettere di interrogare lo stato delle cose e chiederci come sia possibile assistere a queste contraddizioni.

Questo silenzio selettivo è sinonimo di una società in decadenza.

È il sintomo più chiaro che è finita la fase dormiente di questo razzismo endemico. Stiamo passando ad un altro livello.

Ed è con questa consapevolezza che dobbiamo ognuno per la propria parte attivare risorse per rispondere in modo strutturale e puntuale a questo attacco.

Perché se siamo il sogno dei nostri antenati, dobbiamo essere all’altezza della loro lotta e dei loro sacrifici.

Il tempo è scaduto
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