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NELLA BOLGIA DELLE CANDIDATURE POLITICHE

Una legge elettorale disastrosa toglie potere agli elettori

 

Sono giorni che la politica nazionale e locale è concentrata esclusivamente sul mercato delle candidature, sulla corsa ai seggi “uninominali” sicuri e ai lunghi coltelli che stanno mietendo vittime tra alleati, compagni di partito e parlamentari di professione.
In realtà fa specie anche considerare tutto questo “politica”, non tanto e non solo per la guerra dei numeri di sondaggi e di previsioni che spostano le quotazioni dei candidati quotidianamente quanto perché grazie a questa orrenda legge elettorale la composizione del Parlamento viene decisa fuori dalle urne, dai segretari di partito e un mese prima dell’apertura dei seggi.
Il tutto si risolve nelle riunioni nelle sede dei partiti, nelle telefonate per costruire alleanze e nei nomi che qualcuno ha la forza di imporre o di depennare.
Agli elettori, il 25 settembre, verrà chiesto semplicemente di dire sì o no alle decisioni che sono state assunte oggi, soprattutto per i seggi attribuiti con il maggioritario, residuando un’alea esclusivamente per quelli attributi con il proporzionale ma su cui, comunque l’elettore non ha potere di scelta.

Scegliere tra un “sì, mi piace quello che avete deciso” e un “no, ne ho orrore”, questa è la domanda che verrà somministrata agli italiani l’ultima domenica di settembre e ricorda tanto la votazione plebiscitaria del 1934 quando si chiedeva agli italiani “Approvate voi la lista dei deputati designati”? Era diverso l’organo designante ma il potere lasciato agli elettori è identico, ovvero solo sì e no.

Quando questa legge elettorale, la cosiddetta “Rosatellum” è stata adoperata la prima volta in tanti insorsero perché pretendevano che si lasciasse ai cittadini il potere di dare la propria preferenza, di scegliere il proprio rappresentante in Parlamento. Oggi, dopo la pagliacciata populista delle riduzione del numero dei Parlamentari chi ne fa le spese sono le Regioni più piccole che perderanno totalmente la rappresentanza in Parlamento. Su 7, tra deputati e senatori spettanti al collegio unico della Basilicata, rispetto ai 600 totali (è questa la proporzione, 7 su 600), molti sono già stati ipotecati da gente che qui viene solo a saccheggiare il seggio sicuro per poi tornare a dimenticarsi dell’esistenza stessa della Basilicata.
E nessuno è insorto contro questa follia del mercato dei candidature che di fatto è già mercato dei seggi, perché anche per i locali, parlamentari uscenti e papabili, è preferibile la lotta intestina all’interno del partito pur di guadagnarsi l’ambita posizione piuttosto che la campagna elettorale casa per casa a chiedere la preferenza nominativa per sé mettendoci la faccia, il tempo, la pazienza e i soldi (tanti) che servono quando si deve cercare il singolo voto su tutto il territorio.
In questa versione post moderna di una medioevale compravendita di cariche pubbliche volte all’amministrazione della cosa pubblica il grande assente è paradossalmente proprio il pubblico, rappresentato dai cittadini tutti, votanti o meno, che saranno governati dalla ristretta cerchia prescelta dall’oscura oligarchia dei segretari di partito.
I cittadini, purtroppo, non hanno potere e non hanno voce. Anche se sono stufi di sentire quotidianamente solo il borsino dei nomi dei loro futuri rappresentanti possono optare solo per la soluzione dell’astensione, scelta che favorirebbe proprio  l’esercito dei partiti, lasciati liberi di gestire anche l’operazione di convalida senza il minimo disturbo o la più piccola sorpresa.
Ma non lasciatevi ingannare dal sentire comune che considera i cittadini distratti o  acquistabili con un po’ di panem et circenses. Sono tanti quelli che vorrebbero far sentire la loro voce, discutere concretamente dei loro problemi e proporre soluzioni che non siano solo discorsi infarciti di retorica volti a sollecitare solo le emozioni più becere.
Sono tanti quelli che si rivolgono ai giornali, principalmente a quelli locali, i più vicini e raggiungibili, solo per chiedere loro di andare in mezzo alla gente, a sentire le opinioni delle persone comuni, intercettare  i loro bisogni e acquisire, per chi voglia darlo, un contributo.
I partiti, i sindacati, che erano i principali anelli di congiunzione tra la base e il Palazzo si sono allontanati, arretrando sempre più all’interno del cancello del Palazzo. Ma la base, i cittadini, chiedono spazio e chiedono voce senza dover necessariamente passare da una scheda elettorale precompilata o dal megafono di un comizio sindacale.
Per chi voglia farlo, questa Redazione sarà sempre pronta a dar voce a chi senta il dovere o l’urgenza civica di dire la sua, di segnalare un problema o un’esigenza. Almeno su questo aspetto, rispetto al 1934, qualcosa è cambiato.
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