Città dei non luoghi: è questo l’assunto del viaggio di Cronache per denunciare alcuni “contenitori” presenti nella realtà cittadina del capoluogo lucano abbandonati all’incuria e al degrado. Uno di questi è senz’altro rappresentato dal cinema “Fiamma” di Piazza Mario Pagano a Potenza, i cui cancelli sono chiusi dalla metà degli anni ‘80. Guardando attraverso le sbarre di ferro si riesce a vedere la biglietteria. Il cartello che informava i ritardatari se il film era giù iniziato è ancora appeso al suo posto. Dopo quarant’anni di oblio si è trasformato in una cloaca colma di immondizia dove gatti randagi malandati trovano rifugio. Tra vecchie lattine di birra, bottiglie vuote, vetri, oggetti vari ed eventuali sparsi tra quel che resta dei sedili – una quantità di rifiuti enorme e non quantificabile – e i pezzi di intonaco che continuano a cadere sulla storia della celluloide in città, appare la concreta attestazione dello stato di abbandono a cui è stato destinato. Un cimelio, ora emblema del degrado imperante. Fino ad oggi nessuno è riuscito a recuperarlo, ma neppure a svuotarlo completamente, levando via il cartello della biglietteria e ogni traccia che potesse rivelare anche a chi non ha e non può averne memoria l’identità di una struttura di cui si riesce ancora a scorgere la magia di quegli anni ’60 e ’70. È certo che, per l’età che ha, quella sala deve appartenere ai ricordi di più di una generazione di potentini. Ciononostante, dopo la sua chiusura, il cinema “Fiamma” non è stato utilizzato nemmeno per scopi diversi dall’attività cinematografica. Eppure l’edificio è in pieno centro storico, proprio accanto al Teatro comunale “Francesco Stabile” – una tra le vetrine principali della città di Potenza – quello che un tempo gli faceva concorrenza perché, racconta qualcuno, «si poteva vedere un film con poche lire sedendo alla “picciunama” – così si diceva – cioè sistemati alla meno peggio sui palchetti più alti e, quindi, più lontani dallo schermo». Ma il cinema faceva sognare – allora più di oggi, probabilmente – e la scomodità non aveva granché importanza. Valeva la candela, come si suol dire. Furono costretti a chiuderlo, in seguito a un’ordinanza dei Vigili del fuoco, perché la struttura pare non avesse uscite di sicurezze adeguate alle nuove norme. Da quel momento e fino ad oggi, concretamente, non è avvenuto nulla. L’ultimo tentativo di strapparlo a un destino che appare oramai segnato risale alla fine degli anni ’90 quando – l’allora amministrazione comunale avviò una trattativa con i proprietari. Pare che, uno tra questi, presentò al Comune di Potenza un’osservazione con cui proponeva di ristrutturare l’edificio per farne in parte centro commerciale e in parte uffici direzionali. La richiesta venne sostanzialmente respinta, poiché mancò della necessaria convergenza sull’idea di far diventare il locale, opportunatamente messo in regola coi nuovi standard di sicurezza e agibilità dell’immobile, un ampliamento del confinante Teatro Stabile. Nessuna soluzione condivisa, che sarebbe forse risultata positiva e condivisa anche per tutti i potentini. Da allora è calato il sipario. E insieme anche il senso civico, che in questi anni è venuto a mancare sempre di più all’interno della comunità cittadina. L’impegno a migliorare la città non dovrebbe restare solo un buon proposito ma dovrebbe concretizzarsi attraverso azioni generose e coraggiose, che vada oltre gli interessi personali. L’auspicio è che la Giunta comunale – seppure ne ha già fin troppe di questioni in sospeso e procrastinate da gestire – sia in grado di risolvere l’annosa questione relativa al recupero dello storico cinema. Sfregiato, confinato nel- l’oblio seppur ancora pulsante di quell’amarcord, aggrappato a quella platea impolverata che rievoca serate, applausi, chiacchiericcio, risate, lacrime, calore e – soprattutto -amore. Al lampeggiare del proiettore. Il cinema “Fiamma” è come un diamante gettato nel fango. Forse è tardi per recuperarlo. Forse. Del resto – per citare De André – “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. E chissà non si possa donare una nuova vita a uno tra i luoghi che appartengono, di fatto, alla storia della città di Potenza. Di quello che pare fosse un tempio della cultura e del tempo libero dei potentini. E la memoria del capoluogo non può essere mortificata così. Deve pur esserci un modo per riportare alla luce un tesoro che il terremoto dell’80 ha sepolto e che la città, con la sua indifferenza, ha contribuito a far sprofondare nel degrado assoluto e che rappresenta, cosa ancor più grave, un possibile pericolo per l’incolumità pubblica tanto che se non dovesse essere riqualificato si dovrebbe valutare l’ipotesi, a malincuore certamente, di abbatterlo.