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ABORTO, IN BASILICATA 2 GINECOLOGI SU 3 SONO OBIETTORI DI COSCIENZA

Legge 194: tra interruzione volontaria di gravidanza, obiezioni di coscienza e tutela dei diritti delle donne in regione l’81,4% del personale esercita il diritto ad opporsi

Nella Relazione di attuazione del Ministero della salute vengono riportati i dati aggregati su scala nazionale e regionale. Dati statici non navigabili e non sufficientemente esplicativi. Su questo è intervenuta l’associazione Luca Coscioni, mandando una richiesta di accesso civico generalizzato alle singole Asl e ai presidi ospedalieri chiedendo i numeri specifici per struttura. Chiedendo di aprire i dati, quei dati che dovrebbero essere già aperti. I ginecologi sono la categoria ovviamente più rilevante per l’applicazione della legge 194. Nel 2020 si è leggermente ridotta la percentuale di personale medico e non medico che esercita il diritto all’obiezione di coscienza all’esecuzione dell’interruzione di gravidanza (Ivg). I valori restano tuttavia elevati: l’obiezione riguarda 2 ginecologi su 3 e quasi 1 anestesista su 2, con picchi superiori all’80% in alcune regioni. È uno dei dati che emerge dalla Relazione del ministro alla Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza (ivg). Secondo la Relazione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali.  Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5%dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6% e in Basilicata l’81,4%. L’organizzazione dei servizi di interruzione volontaria di gravidanza, deve essere garantita e per poter essere tale è necessario che vi sia un numero di figure professionali sufficiente da garantire alle donne la possibilità di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Questo dovrebbe essere garantito dalle Regioni, per tutelare il libero esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne e l’accesso ai servizi Ivg e minimizzare l’impatto dell’obiezione di coscienza nell’esercizio di questo diritto. Ricordiamo il caso dello scorso anno di Matera, vista la presenza solo di medici obiettori Il consultorio mandò le donne a Potenza permettendo cosi l’impossibilità dell’attuazione della Legge 194 ed il conseguente mancato rispetto della salute della dignità e dei diritti delle donne materane. Non è una questione morale ma è una questione di accesso al servizio. La Basilicata è stata una delle pochissime regioni che ha risposto, le Asl hanno fornito i dati richiesti. Il tasso di abortività, che stima il numero di Ivg per donne in età fertile (15-49 anni), è sceso fino a 5,4 per mille (era 5,8 nel 2019). La diminuzione dei numeri assoluti, dunque, non dipende solo dal calo della popolazione generale. Nel 1982, per avere un paragone, il tasso era oltre tre volte superiore al 2020: 17,2 per mille. Guardando alle differenze territoriali, la Liguria è la regione in cui, in rapporto alla popolazione, vengono effettuati più aborti (7,4 per mille), quasi il doppio rispetto alla Basilicata (3,8), l’area del Paese dove se ne effettuano meno. La ancora parziale diffusione dell’aborto farmacologico si lega ad un eccessivo ricorso all’anestesia generale al posto di quella locale. Solo nel 3,6 per cento delle Ivg non “farmacologiche” si ricorre a questo tipo di anestesia, raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità perché pone meno rischi per la salute, contro il 54,5 per cento di anestesie generali. Inoltre, si registrano grandi disparità tra le regioni. In Basilicata, per esempio, quasi il 55 per cento delle Igv avvengono tramite somministrazione di farmaci, assegnando alla regione il 4 posto in Italia .Differente lo stato delle cose in Molise, dove gli aborti farmacologici rappresentano appena il 2 per cento del totale. Un altro indicatore importante per comprendere in quale misura il diritto all’aborto è garantito in Italia riguarda gli spostamenti. Idealmente, ogni donna dovrebbe poter abortire nella provincia e nella regione di residenza. Questo non sempre accade e non nella stessa misura in tutti i territori. Per esempio, quasi una Ivg su 3 effettuata da residenti del Molise viene praticata fuori dai confini regionali. Una su quattro per quanto riguarda le donne che risiedono in Basilicata. Le donne lucane scelgono di restare nella propria regione in un momento estremamente delicato della loro vita, forse anche per questo meriterebbero molto di più dalla loro terra.

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