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GINECOLOGIA E NON SOLO: LA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO, DAGLI ORMONI ALL’ALIMENTAZIONE

Su Cronache Tv ospite del programma “Nutrigenere”la ginecologa Scarpetti: focus su una patologia che si può combattere anche a tavolta

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è la protagonista di un nuovo appuntamento con “NutriGenere”, il programma ideato e condotto dalla dott.ssa Maria Carmela Padula, Biologa Nutrizionista, che ha ospitato, negli studi di Cronache TV, la dott.ssa Elisa Scarpetti, Dirigente Medico UO Ostetricia e Ginecologia dell’AOR San Carlo.  La PCOS è il più comune disordine endocrino-metabolico della popolazione giovanile femminile. I sintomi della malattia vengono raggruppati in tre criteri. Il primo riguarda l’irregolarità del ciclo mestruale: nella maggior parte dei casi, il ciclo si presenta con un ritmo variabile tra i 45 e 180 giorni (oligomenorrea) oppure può essere assente per periodi superiori ai 6 mesi (amenorrea). La mancanza di mestruazioni o la comparsa di perdite ematiche anomale sono, invece, segno di mancanza di ovulazioni cicliche (cicli anovulatori). Il secondo criterio importante riguarda i segni di iperandrogenismo (elevati livelli di androgeni, ormoni maschili, sia di origine ovarica che surrenalica, quali il testosterone, l’androstendione, il DEAHS e il 17-idrossiprogesterone): acne e irsutismo (eccessiva crescita pilifera, soprattutto in zone a tipica localizzazione maschile), e/o segni biochimici (misurazione della concentrazione degli ormoni maschili circolanti). L’aspetto morfologico delle ovaie, valutabile mediante ecografia, è il terzo criterio diagnostico. La terapia riflette l’eterogeneità della manifestazione clinica e include tanto la terapia ormonale, quanto molecole specifiche, quali inositolo ed acido alfalipoico. La maggior parte delle donne con PCOS riesce a riprodursi spontaneamente. Se non esistono altri fattori di infertilità (tubarici e/o del partner maschile), oltre il 70% delle donne affetta da PCOS riesce ad avere figli senza nessun aiuto medico. Se è presente amenorrea o anovulatorietà persistente, il raggiungimento di una gravidanza diventa più difficile in maniera spontanea. La dott.ssa Scarpetti sottolinea che la PCOS è una sindrome endocrino-metabolica perché spesso si associa ad alterazioni metaboliche, quali obesità, aumentata resistenza all’insulina, condizione che contribuisce all’accumulo di tessuto adiposo viscerale, con conseguente aumento dell’infiammazione sistemica di basso grado, così come a disregolazione dei profili ormonali. La presenza delle alterazioni metaboliche rappresenta il sintomo più severo della PCOS in quanto si tratta della condizione che produce anche effetti a lungo termine quali diabete, dislipidemia e problemi cardiocircolatori. La resistenza all’insulina è spesso il principale fattore responsabile della difficoltà a raggiungere un peso corporeo adeguato, quando si tenta di perseguire tale scopo attraverso la sola correzione dell’introito calorico. Per quanto la resistenza all’insulina sia più frequente nelle donne PCOS con sovrappeso/obesità, la stessa non risparmia completamente anche le donne normopeso, aspetto che rimanda, in maniera forte e chiara, alla necessità di adottare stili di vita sani, basati principalmente su alimentazione corretta e attività fisica moderata e costante, nella direzione della prevenzione, indipendentemente dal numero visualizzato sulla bilancia, come sottolineato dalla dott.ssa Padula. Una dieta personalizzata, a basso indice glicemico, che permetta di portare in tavola alimenti a capacità antinfiammatoria e antiossidante, è funzionale agli scopi menzionati. L’indice glicemico esprime la capacità dei carboidrati/zuccheri contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia, rappresentando l’incremento glicemico all’assunzione di un alimento rispetto ad uno di riferimento (glucosio puro). Il carico glicemico, invece è un indice che, oltre a tener conto della qualità dei carboidrati, considera anche la loro quantità, permettendo di stabilire l’impatto di un pasto glucidico sulla glicemia in base al suo indice glicemico e alla quantità di carboidrati contenuti al suo interno. È consigliato portare in tavola fonti di carboidrati integrali, poco raffinati migliorano la resistenza all’insulina, modulando il rilascio di glucosio nel sangue, alternando il consumo di pasta con il consumo di cereali “alternativi” o “pseudo-cereali” come farro, orzo, quinoa, amaranto. Privilegiare la cottura della pasta al dente è un’altra strategia utile per modulare l’indice glicemico. Frutta e verdure, preziose per l’apporto di minerali, vitamine e antiossidanti, sono da privilegiare a basso indice glicemico (es. mele verdi, fragole, ciliegie e frutti rossi, albicocche, arance, così come broccoli, asparagi, carciofi, melanzane, zucchine, spinaci, cavolfiori, cavolini di Bruxelles, cetrioli, finocchi, sedano). È consigliato, inoltre, consumare sempre verdure o ortaggi all’interno dei pasti principali, meglio ancora come antipasto. Le proteine dovrebbero rappresentare il macronutriente sempre presente nel piatto della donna con PCOS, insieme a “grassi buoni”. Fonti di proteine animali come carne, pesce, uova e vegetali come i legumi aiutano garantire l’equilibrio dei macronutrienti ad ogni atto alimentare. Gli acidi grassi insaturi esercitano un potente effetto antiossidante e antinfiammatorio. Fra questi vi sono sia i monoinsaturi, presenti ad esempio nell’olio extra-vergine d’oliva, sia i polinsaturi come gli omega 3, contenuti principalmente nel pesce grasso (salmone, acciughe, sardine, alici, sgombro) e in semi e frutta secca (soprattutto semi di lino e noci), oltre che alcuni tipi di verdure.  La PCOS è una di quelle patologie che meglio esprime il crosslink tra sana alimentazione e salute: la dieta mirata rappresenta una potente strategia per migliorare la sensibilità insulinica, raggiungere un peso corporeo adeguato e migliorare il profilo infiammatorio corporeo, aspetti tra loro strettamente correlati e presupposti essenziali per il miglioramento della qualità di vita del-le pazienti affette.

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