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LA TRINITÀ VA RIAPERTA MA LA CHIESA HA UN DOVERE

I lavori in corso e ben visibili a via Pretoria ne facevano presagire il momento

La Chiesa della Trinità andava riaperta prima o poi, a meno che non si fosse deciso di abbatterla e seppellire l’orrore sotto le macerie. Del resto i lavori in corso e ben visibili a via Pretoria ne facevano presagire il momento. Una comunità deve prima o poi trovare la forza di trasformare l’orrore se non in perdono in un cammino di speranza. È difficile, ma è l’unica strada per interrompere la catena della colpa perenne che si trasforma in odio. Non parlo delle responsabilità penali. Quelle sono definite e fanno il loro corso. È perciò inaccettabile che la Chiesa di Potenza non abbia avvertito questa necessità e non abbia colto l’occasione della riapertura per avviare un nuovo cammino di rinascita e di fede. Non abbia avvertito il dovere –non la sensibilità – il dovere di spendere due parole su Elisa, il cui corpo massacrato lì fu ritrovato.

Non sempre sono stata d’accordo, soprattutto per le vicende giudiziarie, sulle posizioni della famiglia Claps. Ma il processo è chiuso ed esiste, giuridicamente parlando, il diritto all’oblio, anche per un assassino. Non esiste l’oblio della memoria, della pietà, della fede smarrita e del bruciore di una ferita che è stata la ferita di tutta una comunità, a misura d’uomo come quella di Potenza. È per questo che le parole della famiglia Claps oggi sono pienamente condivisibili.

La Chiesa aveva la possibilità, considerato il tempo trascorso, di trasformare finalmente la cesura in unità, assumendosi una responsabilità oggettiva, morale, con uno sforzo di trasparenza e con un coraggioso invito, oggi, non ad archiviare il ricordo ma a sfrondarlo di quel cumulo di sentimenti divisi e recriminatori che portano odio, fazioni, conflitti e a cercare parole di rinascita, di purificazione ideale, di rinnovata accoglienza in un luogo che riaprendo così, come se nulla fosse successo, non potrà che essere accompagnato da un sentimento gigantesco di disagio e diffidenza. Non solo la Chiesa non l‘ha fatto ma è stata capace di fare peggio, esprimendo in maniera sinistra e grottesca la volontà di prendersi cura della gioventù. Dice e non dice, come spesso succede nei silenzi paludosi di Potenza, pensa ma non fa, dosa maldestramente le parole, non va fino in fondo in una chiusura difensiva che non rilascia né libertà né convinzione. Monsignor Ligorio abbia più coraggio. Monsignor Orofino anche. Abbiamo davanti un futuro incerto e difficile e c’è bisogno di coesione. La verità su come sia accaduto un fatto può essere opinabile, lasciamo questo lavoro immane ai giudici. Alla città interessano poche parole semplici e potenti da parte della Chiesa: abbiamo sbagliato, sappiate perdonarci.

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