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EFFETTO CAMPIELLO PER MATERA E BASILICATA

Frammentazioni, chiusure individuali o locali, assenza di progetti e soggetti unificanti, sono quello che nuoce alla Lucania

E’dalla tappa materana del premio Campiello, con i cinque finalisti a presentare i loro libri nella splendida cornice di Palazzo Malvinni Malvezzi, che il presidente di Confindustria Basilicata, Francesco Somma, lancia un messaggio forte e chiaro: “Dopo anni di sofferenza del mondo della cultura a causa della pandemia, Matera e la Basilicata ripartono di slancio anche grazie ad appuntamenti di grande spessore come questo. Il connubio tra cultura e impresa che celebriamo oggi ha fatto di Matera un modello di successo a livello internazionale, dai tempi di Adriano Olivetti fino al culmine di Capitale europea della Cultura. Non possiamo che ripartire da qui. Colgo questa occasione per rivolgere l’invito al presidente Bardi e al sindaco Bennardi ad agire con spirito unitario pubblico per favorire il pieno rilancio della Fondazione Matera 2019, dotandola della visione e delle risorse necessarie a rafforzare il suo ruolo a beneficio della città e dell’intera Basilicata”. La nettezza e la perentorietà del messaggio hanno sorpreso, forse per i primi i diretti destinatari, ma al contempo hanno rappresentato ed espresso qual è il “sentiment” di chi pensa al futuro partendo dai punti di forza già sperimentati. Che sono tali – precisa Somma – a prescindere da giudizi e valutazioni su condotte, persone, modalità operative che hanno accompagnato l’esistenza e l’attività della Fondazione. Lo avevamo ricordato recensendo su queste colonne il libro di Verri. Perciò hanno destato meraviglia le schermaglie politiche delle settimane scorse, provenienti da più parti, in attacco come in difesa, cittadine o extraurbane, che si sono attardate su polemiche retrospettive, per di più, in qualche caso, negando collaborazione e orizzonte regionali, senza peraltro offrire anche solo una indicazione di merito su cosa e come si deve fare. Dopo il ruolo e la proiezione raggiunti dalla città con il 2019, rinserrarsi nella cinta urbana, chiudendo i ponti levatoio, sarebbe autolesionistico per sé e dannoso per gli altri, e ciò è avvertito dalle forze vive della società civile. Nelle analisi più oggettive e illuminate – al di là della latitudine e longitudine da cui principiano – è acclarata la funzione trainante della città dei Sassi per tutta la Regione. Vi sono tracce diffuse di relazioni, collaborazioni, circuiti che hanno ricevuto input da Matera 2019. E agli occhi di chi vive fuori dalla regione, o ancor più dall’Italia, Matera e Basilicata coincidono. Ma questo processo tanto più si rafforza e sviluppa –scoraggiando latenti municipalismi – quanto più è sorretto e alimentato da progetti e soggetti attuatori unificanti e di respiro regionale. Quando mi viene obiettato – anche da persone amiche, competenti e scevre da pregiudizi – che sbaglio a insistere sulla Fondazione 2019, rispondo che una delle principali ragioni della fragilità culturale e sociale della Basilicata, della sua autocoscienza e autonomia, è l’assenza storica di grandi centri e istituzioni chiamati a innervare e plasmare  la sua identità. Per esemplificare, l’Università di Basilicata (unica solida istituzione culturale regionale) ha poco più di 30 anni di attività, quella di Bari un secolo, quella di Napoli 800 anni, quella di Bologna quasi un millennio. Una delle critiche che ho rivolto alla Fondazione 2019 è stata proprio quella di non aver favorito la nascita e/o il consolidamento di soggetti e progetti che fossero strutturati, solidi, capitalizzati, duraturi. E, infatti, i protagonisti della cd. “scena creativa lucana” soffrono delle stesse difficoltà e problemi che avevano prima del 2019, per lo più galleggiano, alcuni sono in panne, altri addirittura inabissati. In questo quadro, eliminare la fondazione o ridurla ad appendice comunale significa continuare a privarsi di istituzioni culturali stabili, robuste, autorevoli, unificanti. Ecco la forza del messaggio del Presidente di Confindustria, che non parteggia, ma interpreta una do-manda della società e le dà corpo e voce. Pochi giorni fa, avendolo perso al cinema, ho visto in televisione il film “La notte più lunga dell’anno”, girato l’anno scorso a Potenza. Si raccontano le storie di alcuni personaggi la notte del 21 dicembre (solstizio d’inverno), quelle di una cubista stanca della sua attività, di un politico sull’orlo dell’abisso, di un ragazzo che ha una relazione con una donna matura sposata e di tre ventenni che non vogliono crescere ( surreale e allusivo il mezzo con cui vagano nella notte).  Quattro fragilità, tutte prigioniere della loro solitudine, legate ad un destino che pare ineluttabile. Probabilmente la suggestione scaturisce dall’origine lucana dello scrittore, autore del soggetto e cosceneggiatore del film, Andrea Di Consoli (già lo sento riprendermi: ”Santo chì, sempre sta Lucania!”), ma oltre a riflettere una condizione esistenziale, come tale  universale,  mi è parso anche    una metafora della Basilicata, in cui coesistono realtà frammentate, insoddisfatte ma spesso rassegnate o anche solo inconsapevoli (forse anche volutamente). E ciò rafforza il convinci-mento che frammentazione, chiusure individuali o locali, assenza di progetti e soggetti unificanti sono quello che nuoce alla Basilicata. Nel film il punto di con-giunzione è la stazione di rifornimento gestita dal vecchio Sergio, che alla fine ammette, fra rimpianto e rassegnazione, che lui la vita non l’ha vissuta, l’ha vista solo passare. La Basilicata non ha bisogno di notai (tanto meno di paladini) della separatezza, del ripiego, della rinuncia, ma di creatori di connettività, progettualità, futuro. Palingeneticamente può fare tutto questo la Fondazione 2019? Certo che no! Ma disperdere   ciò che può contribuire in questa direzione è un errore grave e inescusabile, che – pur se commesso oggi – verrà pagato anche domani.  L’effetto Campiello materano può scongiurarlo.

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