AttualitàBlog

LUCANI RAPITI IN MALI, DAI TERRORISTI ISLAMICI E DALLA FARNESINA ANCORA NESSUNA NOVITÀ

Il video della sequestrata famiglia Langone e la richiesta del riscatto, le possibili prossime 2 mosse del gruppo Jnim: dal Ministero, però, «massimo riserbo»


Per quanto i fratelli del 64enne Rocco Antonio Langone di Ruoti, Vito e Annamaria, auspichino una risoluzione rapida, tramite intervento dello Stato, della vicenda del rapimento in Mali del loro germano, ancora non sembrano esserci aggiornamenti importanti.

I tempi potrebbero rivelarsi lunghi. Langone, giovedì scorso, è stato sequestrato a Sincina, villaggio nel Sud del Male, insieme alla moglie 63enne Maria Donata Caivano, conosciuta come Donatella, i suo fratelli vivono a Baragiano, e al loro figlio, il 42enne Giovanni Langone, da un gruppo armato appartente al gruppo terroristico Jnim, noto come “Fronte di appoggio all’Islam e ai musulmani”, un’organizzazione militare e terrorista di ideologia salafita jihadista.

Dal Ministero degli Esteri, dopo la conferma sia del sequestro dei tre connazionali in Mali, che delle trattative in corso, «l’Unità di Crisi sta profondendo ogni sforzo, in coordinamento con le competenti articolazioni dello Stato, per una soluzione positiva del caso», non ha fornito più alcun dettaglio anche perchè, come precisato, ribadita «d’intesa con i famigliari, l’esigenza di mantenere il massimo riserbo».

In Italia, la coppia Langone, ha anche un altro figlio, Daniele. Nel frattempo, è emerso che l’ambasciatore del Ghana nel Mali, Francis Amanfoh, 48 ore prima del rapimento della famiglia di origini lucane, aveva inviato un’informativa sia al governo del Mali che a quello del suo Paese: «Nei prossimi giorni tenteranno di rapire o aggredire occidentali nella regione di Sikasso, prestare la massima attenzione e sconsigliare ai viaggiatori di recarsi in quella zona».

Per quanto riguarda i Langone, Rocco, operaio di professione, lasciò la Basilicata una quarantina di anni fa per trasferirsi per lavoro al Nord, marito e moglie fino a 3 anni fa abitavano in Lombardia in una casa sulla riva del fiume Lambro, a Triuggio in provincia di Monza.

Hanno deciso, poi, dopo il pensionamento. di seguire il figlio 42enne, che avrebbe voluto aprire una comunità dei Testimoni di Geova. In Africa, i tre avevano acquisito un secondo cognome, Coulibaly. Giovanni Langone risultava residente a Lissone in provincia di Monza, ma come precisato dalla sindaca della cittadina Concettina, «risulta irreperibile, un dato che emerge dal censimento del 2011» e che di fatto ha comportato la “cancellazione” dall’anagrafe nel 2013.

Il sindaco di Sincina, Chaka Coulibaly, ha raccontato che avevano presentato il progetto per la costruzione di un edificio religioso. Erano testimoni di Geova ma, come dichiarato dal rappresentante della comunità di Sergeno, Sergio Cazzaniga, non avevano incarichi religiosi.

Così come ulteriormente sottolineato dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova: «I tre componenti della famiglia rapita sono testimoni di Geova che vivono in Mali per motivi personali e dunque non sono lì in qualità di missionari ». Ad ogni modo, sale l’attesa per l’ufficialità della rivendicazione del rapimento, i terroristi potrebbero anche diffondere un video dei sequestrati, e per conoscere le loro reali richieste.

Secondo una stima calcolata in base ai precedenti storici, per questo tipo di rapimenti la richiesta di riscatto potrebbe consistere in una cifra tra i 5 e i 7 milioni di euro.

Sui rapimenti nella regione del Sahael, di cui fanno parte più Stati, tra questi il Mali, il sequestro dei Langone è l’ultimo di una serie di rapimenti che ha coinvolto degli italiani. Nei precedenti del padovano Luca Tacchetto, del sacerdote di Cremona, Pier Luigi Maccalli, e del cicloturista campano Nicola Chiacchio, gli esiti sono stati positivi. Luca Tacchetto, rapito in Burkina Faso nel dicembre del 2018, ha ritrovato la libertà in Mali nel marzo del 2020, Mentre Padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote della Società delle Missioni Africane, è stato rapito il 17 settembre del 2018 a 150 chilometri dalla capitale del Niger, Niamey, e rilasciato il 9 ottobre del 2020 insieme al turista Nicola Chiacchio dopo 2 anni di prigionia e diversi passaggi a tre gruppi diversi della galassia jihadista che fa capo ad al- Qaeda.


 

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti