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IMPASTATO, A 44 ANNI DALLA MORTE BARDI: «SIMBOLO LOTTA ALLE MAFIE»

Giuseppe Postiglione: «La sua arma, la radio libera. Uno strumento di libertà che noi celebriamo e ricordiamo ogni giorno in tantissimi comuni della Basilicata»


Il 9 maggio 1978, mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, a Cinisi, in Sicilia, Peppino Impastato muore, a 30 anni, dilaniato dall’esplosione di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia.

ALDO MORO E PEPPINO IMPASTATO: 55 GIORNI E 100 PASSI

Quelle di Aldo Moro e di Peppino Impastato sono due vite, due morti che si sono intrecciate nello stesso giorno unendo il Nord e il Sud della nostra penisola, il centro e la periferia, la società politica e la società civile, il paese formale e quello reale.

Quella drammatica mattina le Brigate Rosse fanno ritrovare il cadavere di Aldo Moro in via Caetani, all’interno di una Renault rossa parcheggiata tra il civico 32 e il 33. I 55 giorni iniziati in via Fani il 16 marzo precedente terminano nel peggiore dei modi possibili.

Solo qualche ora prima, a centinaia di chilometri di distanza, perdeva la vita il giornalista siciliano Giuseppe Impastato. Il cadavere di – per tutti – Peppino viene ritrovato la mattina del 9 maggio nei pressi di binari ferroviari della tratta Palermo-Trapani, dilaniato da un’esplosione. I funerali di Aldo Moro si svolgeranno il 13 maggio, quelli di Peppino Impastato il 10. Furono due facce della stessa medaglia poiché la lotta alla mafia e alla corruzione è anche politica, civica e militante.

Moro fu un grande statista, Peppino Impastato fu un grande militante dell’antimafia e un autentico giornalista. Il delitto Moro cambiò senza dubbio la storia politica del nostro Paese, l’assassinio di Peppino Impastato rallentò enormemente il rifiorire di un’antimafia autentica e civica che incuteva timore alle mafie di quei tempi. Queste due forti personalità che tutti ricordano il 9 maggio, giorno della memoria, sono state e sono ancora oggi persone che si sono battute per la giustizia sociale e la legalità costituzionale e democratica, modelli del nostro operare e fari ai quali guardare per ritrovare la via smarrita.

Il loro impegno civile è ancora oggi testimonianza diretta di come la guerra contro la mafia si possa combattere non solo nelle aule giudiziarie e nei corridoi della Questura, ma con il lavoro quotidiano di denuncia e di civilizzazione. Moro utilizzò la via formale, per dare voce a una politica che di lì a poco sarebbe mutata.

Impastato invece decise di sfidare il capomafia di Cinisi, Gaetano Badalamenti, con le sue trasmissioni a Radio Aut, sfruttando l’onda creativa delle radio libere degli anni 70 e dando sfogo a monologhi satirici e grotteschi.

VIA ETERE IL GRIDO PER UNA AUTENTICA LIBERTÀ PARTE DALLA BASILICATA

C’è stato infatti un tempo in cui le radio libere davano finalmente voce a chi non ne aveva avuta fino ad allora. Una generazione aveva avuto uno strumento prezioso e ne iniziò a fare un uso intelligente. La controinformazione, l’idea di poter raccontare i fatti senza nessuna patina di buonismo e buonsenso.

In un’Italia dove quella patina diventava così spessa da creare un vero e proprio muro tra le verità raccontate e ciò che accadeva, quelle radio libere degli anni ’70 segnarono un modello di innovazione e di liberazione creativa. La Basilicata non è immune da questa rivoluzione che viaggia sulle onde radiofoniche. Anzi. Oggi la Basilicata può dire di aver avuto il primo pioniere di quelle “radio libere”: Bonaventura Postiglione, conosciuto da tutti come Nino l’istrione.

Parte da Potenza quella rivoluzione che solo dopo anni e anni viene identificata nel motto delle “radio libere”. Nell’etere la voce inconfondibile dell’Istrione urlava quella libertà contro un monopolio che nessuno ancora aveva il coraggio di battere. Nino Postiglione con la moglie Palma Ida Tortorelli decidono nel nel 1973 di fondare Radio Potenza Centrale.

Una data storica che la Rea (Radio Televisioni Europee Associate) riconosce con documenti alla mano come la regina indiscussa delle Radio Libere “scippando” il primato erroneamente assegnato prima a Radio Milano International (1975) e a Radio Parma (1974).

POSTIGLIONE E IMPASTATO: DA RADIO POTENZA CENTRALE A RADIO AUT

Finalmente qualcosa si muove, finalmente qualcuno capisce che le voci libere sono preziose, perché sono le voci dei territori, dei borghi, dei paesi e delle regioni. Se si spengono queste voci si spegne il sogno di essere liberi. L’Italia lo ha finalmente compreso.

Ed ha avviato, anche grazie all’instancabile lavoro della Rea, il ricordo delle “radio libere” dedicando alla loro memoria non solo convegni ma l’intitolazione di luoghi sparsi per l’intero territorio italiano da tramandare alle giovani generazioni.

Un vero e proprio moto che oggi finalmente porta anche il nome del primo pioniere dell’etere: Bonaventura Postiglione. Sono nate nel suo nome diversi luoghi. Da Cittiglio a Maratea, fino a Ruoti, Lagonegro e Castelmezzano. Passando dalla Provincia di Salerno fino alla Regione Basilicata.

Ed altri sono già programmati nei mesi a seguire. E così se prima c’era chi ricordava le sole gesta di Radio Aut, da dove trasmetteva Impastato, oggi c’è chi doverosamente in quella storia di libertà ricorda Postiglione con il suo grido di controinformazione radiodiffuso. Il suo nome, compresa l’epopea della radio libera, megafono di denunce contro l’informazione “imbavagliata”, è e resterà l’emblema della voce consapevolmente ribelle.

LA MEMORIA DELLE “RADIO LIBERE”

Il nome di Nino Postiglione viene così legato a quello di Peppino Impastato. Assemblarono strumenti e persone con un semplice strumento di aggregazione, trasformatosi nell’ascolto dell’altro. Quell’orecchio teso all’attualità si è ripetuto fino a oggi con il ricordo di Nino Postiglione nei luoghi a lui intitolati.

Anche il presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, nell’intitolazione a Lagonegro di un campo da Padel ha voluto ricordare l’impegno del pioniere dell’etere ribadendo l’importanza di tramandare la storia alle nuove generazioni.

Impegno che vive ancora oggi nei progetti eredi delle radio libere, come ricorda il figlio di Nino Postiglione, Giuseppe in questa giornata: «Oggi Peppino Impastato moriva per mano della mafia La sua colpa era unicamente quella di essere un uomo libero. La sua arma era una semplice radio libera. Uno strumento di libertà che noi celebriamo e ricordiamo ogni giorno in tantissimi comuni della Basilicata».

Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino (A. Moro).


 

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