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9 MAGGIO 2022 IL DISCORSO DI VLADIMIR PUTIN DALLA PIAZZA ROSSA DI MOSCA AL MONDO INTERO

Da 75 giorni ne abbiamo la prova con il tentativo di Vladimir Putin di usare il pretesto della “denazificazione” per giustificare l’invasione dell’Ucraina

Mosca, 9 maggio 2022 

9 MAGGIO 2022 IL DISCORSO DI VLADIMIR PUTIN DALLA PIAZZA ROSSA DI MOSCA AL MONDO INTERO 

In questo mondo stravolto tutto viene ridefinito

Il 9 maggio segna un appuntamento con la storia nel momento in cui una guerra devasta un paese europeo

Il discorso di Vladimir Putin mentre i soldati si preparano per la parata

Russia, 9 maggio.

Putin: “Da Nato minaccia a nostri confini”

Il presidente russo ai militari nel suo discorso dalla Piazza Rossa di Mosca:

“Combattete per la nostra gente nel Donbass”

“I Paesi della Nato non hanno voluto ascoltarci, quando lo scorso dicembre abbiamo proposto di definire un accordo sulla sicurezza”

Così il presidente russo Vladimir Putin in occasione del 9 maggio, Giornata della grande vittoria in Russia in ricordo della fine della Seconda guerra mondiale.

ha sottolineato aggiungendo:

“Significa che avevano altri progetti. Avevano preparato apertamente un’altra operazione punitiva nel Donbass, una aggressione nelle nostre terre storiche, inclusa la Crimea, a Kiev si è parlato di ripristinare le armi nucleari. Il blocco Nato ha iniziato a militarizzare i territori vicino ai nostri confini. E questo per noi rappresentava una minaccia inammissibile ai nostri confini”

ha affermato quindi :

“Chi ha vinto la Grande guerra ci ha chiesto di rimanere vigili perché non si ripeta una guerra mondiale”

Putin ha ricordato che i sovietici durante la Grande guerra patriottica

“hanno battuto il nemico nei pressi di Mosca, Kursk, Stalingrado, Minsk, Sebastopoli, Kharkiv, Leningrado”

E, nel solco del messaggio della propaganda di Mosca, ha citato il secondo termine dell’equazione:

“Anche voi oggi combattete per la nostra gente nel Donbass, per la sicurezza della nostra patria, della Russia”

“Noi siamo fieri dei vincitori, siamo loro eredi”, ha aggiunto congratulandosi con “compagni ufficiali e sottufficiali, compagni generali e ammiragli per il 77esimo anniversario della grande vittoria”

“La Nato e i suoi satelliti hanno puntato sui neonazisti e sui seguaci di Bandera”

ha affermato ancora Putin, accusando gli Stati Uniti di

“aver vietato ai veterani americani che volevano venire a Mosca a festeggiare di farlo”

Putin, che durante il discorso ha chiesto un minuto di silenzio per i militari uccisi durante la Seconda guerra mondiale e per quelli nei combattimenti in corso nel Donbass, ha detto ancora:

“Il pericolo è cresciuto ogni giorno, la Russia ha dato un colpo preventivo”

“è stata una misura necessaria e assolutamente giusta, la decisione di un Paese sovrano autonomo e forte”

Una grande parata è stata organizzata in occasione del 77esimo anniversario nella Piazza Rossa di Mosca con circa 11.000 soldati, carri armati e altre attrezzature militari.


Cancellato invece lo show aereo


Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha citato le condizioni meteo per spiegare il cambio di programma. Nei giorni precedenti la giornata della vittoria, a Mosca aerei militari avevano provato le formazioni spettacolari, in particolare una formazione a “Z”, la lettera dell’alfabeto latino usata come simbolo dell'”operazione militare speciale” iniziata il 24 febbraio scorso in Ucraina.

Gli account dei social media filorussi hanno iniziato a far circolare video girato nella regione di Kherson, in Ucraina, che mostra gruppi di persone che sventolano la bandiera rossa dell’ex Unione Sovietica, simbolo della vittoria dell’Armata rossa sui nazisti nella seconda guerra mondiale, e portano fiori nel giorno delle celebrazioni del Giorno della Vittoria.

Secondo fonti ucraine la Russia avrebbe portato a Kherson persone dalla Crimea per rafforzare il numero dei presenti alla celebrazione.

Zelensky : “Abbiamo vinto allora, vinceremo ora”


Il presidente ucraino Zelensky si è congratulato con gli ucraini nel giorno della vittoria sul nazismo.

“Stiamo lottando per la libertà dei nostri figli e quindi vinceremo – ha scritto su Telegram – Non dimenticheremo mai cosa fecero i nostri antenati durante la seconda guerra mondiale, che uccise più di otto milioni di ucraini. Molto presto ci saranno due giornate della vittoria in Ucraina. E qualcuno non ne avrà. Abbiamo vinto allora. Vinceremo ora. E Khreshchatyk vedrà la parata della vittoria: la vittoria dell’Ucraina! Buona vittoria nel giorno della vittoria sul nazismo!”

In Piazza Rossa Putin celebra il suo regime. Ma oggi la Russia è una grande potenza indebolita

“Не рой яму другому – сам в неё попадёшь!”
“Non scavare una buca per qualcun altro: ci cadrai tu stesso!”

È un vecchio proverbio russo.
Oggi è tornato ad essere uno dei tanti passaparola colloquiali per aggirare la censura, come ai tempi dell’arcipelago gulag, e commentare, senza finire in gattabuia, la sconcertante bellica deriva putiniana.
Si pronuncia “Ne roj jàmu drugòmu – sam v nejò papadjòsh!”, più o meno vuol dire
“Non scavare una buca per qualcun altro, potresti cascarci dentro!”

La saggezza popolare come antidoto allo sgomento, questo 9 maggio 2022rischia di essere ricordato come la festa del Grande Trauma, altro che celebrazione della Grande Guerra Patriottica – diventata un dovere costituzionale dal luglio del 2020: guai a non rispettare la “memoria dei difensori della patria”, e a “minimizzare il loro eroismo”

Che peraltro, mai nessuno ha messo in dubbio, giacché è un fatto storicamente incontestabile, nemmeno in Occidente si è sottovalutato il colossale (e drammatico) ruolo giocato dall’Unione Sovietica nella sconfitta del Terzo Reich, la liberazione dell’Europa dell’est e la conquista di Berlino. Perché ogni famiglia russa ha pagato caro il tributo di sangue: 26 milioni di morti, 16 dei quali vittime civili(cifre di fonti europee e americane, mica sovietiche)


Ebbene, la glorificazione dell’Urss nella Seconda Guerra Mondiale che
Stalin, con perspicacia, ribattezzò Grande Guerra Patriottica, volta a connotarla nell’immenso sforzo del popolo russo contro il nazifascismo, è lo strumento ideologico che Putin usa (e di cui abusa) per giustificare la sua “Operazione Speciale” contro l’Ucraina, Paese con cui la Russia ha un profondo “legame di sangue” (dichiarazione del 21 febbraio scorso), il cui popolo avrebbe assecondato “l’ascesa dell’estrema destra nazionalista” che si è rapidamente sviluppata “in una russofobia aggressiva e in neonazismo”

È la missione storica della quale si è autoinvestito Putin, quella di “liberare i Paesi dell’Est europeo dalla peste bruna” (discorso del 9 maggio 2021), un dovere che il capo del Cremlino ha più volte rivendicato, nei suoi discorsi alla nazione in occasione della Festa della Vittoria. Per esempio, il 9 maggio del 2012:

“Il nostro Paese ha offerto la libertà ai popoli del mondo intero”

Pochi sanno che per Putin il 9 maggio è molto di più della Festa della Vittoria: per lui, infatti, è il giorno più santo del calendario russo, il giorno in cui da sempre sogna l’apoteosi del suo regime, puntellata anno dopo anno da una narrazione della Storia sempre più manipolata, sempre più strumentalizzata.
In un certo senso, ha rielaborato
il mito degli eroi di quella sanguinosa carneficina che fu per i russi la Guerra Patriottica.

Stalin si appropriò della sua gloria, e i meriti, per soffocare dolori, sofferenze, lutti.
Non andò oltre: la guerra era appena finita, bisognava ricostruire il Paese e
ridare fiducia nel sistema sovietico ai sopravvissuti.
Fu sotto
Breznev che la Grande Guerra Patriottica divenne “sacra”, dunque mito, da ritualizzare in una giornata molto particolare: per riflettere sui sacrifici del buon cittadino sovietico, e sul sole dell’avvenire, per usare una metafora molto cara in Urss.

Il popolo russo, fiaccato da repressioni e indottrinamento permanente, l’accolse come festoso momento di tregua, e di orgogliosa riconoscenza.

Mito, tradizione, rito, dunque, il cocktail memorialistico del 9 maggio, in cui Putin, direttore d’orchestra, legge ed interpreta lo spartito del Grande Liberatore.

Lo fa nel solco dell’eredità antinazista sovietica, trasformandola in virtù e doveri “sacri” (lo ripete spesso).

Peccato, che la sua lettura sia parziale e spesso contraddittoria. Omette. Ribalta. Contraddice.

Un tabù ereditato dall’Urss è stato per decenni il misterioso patto Molotov-Ribbentrop siglato nella notte tra il 23 e il 24 agosto 1939, a Mosca, in cui i due ministri degli Esteri stringono un trattato di non aggressione, che sconcertò non poco i comunisti di tutto il mondo, oltre a quelli in Urss. In realtà, Germania e Unione Sovietica avevano stabilito anche un protocollo segreto – venuto alla luce nel 1989 – in cui si organizzava la spartizione dell’Europa orientale.

All’Urss spettava la Polonia dell’est, l’Estonia, la Lettonia, la Finlandia e la Bessarabia.

Tant’è che il primo settembre di quel maledetto 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Sedici giorni dopo, toccò ai sovietici fare lo stesso, da est.

Non proprio una bella e gloriosa pagina di Storia.

Che infatti fu sempre tenuta negli archivi segreti di Stato.

Poi, ci fu il tradimento di Hitler

La famosa Operazione Barbarossa, elaborata nell’estate del 1940, divenuta Direttiva numero 21 il 18 dicembre del 1940 e trasmessa ai capi di Stato Maggiore. Sei mesi dopo, il 22 giugno del 1941, la Wehrmacht scatena l’attacco all’Urss.

La mossa sorprese Stalin, benché la sua intelligence gli avesse riferito per tempo che Hitler stava ammassando truppe e mezzi corazzati alla frontiera.

Lo sconcerto affiora persino nei primi notiziari radio: “L’Unione Sovietica è stata attaccata dalle truppe tedesche senza alcuna dichiarazione di guerra”, annunciò con voce non abbastanza stentorea lo speaker. Ottantun anni dopo, anche la Russia di Putin ha agito nello stesso modo con l’Ucraina

“Le armate naziste hanno attaccato i nostri confini, hanno bombardato Titoviev, Kiev, Sebastopoli, Kaunus…”, segnalava lo speaker, e di nuovo ogni riferimento all’attualità non è affatto casuale: ad attaccare i confini ucraini stavolta sono state le armate della Federazione russa, bombardando Kiev e mille altre città.

Piccole differenze semantiche tra oggi e ieri

La parola “guerra” contro l’Ucraina è stata bandita da Putin, che l’ha definita ipocritamente Operazione Speciale, ma si sa, il retaggio sovietico era anche quello di inventare formule e slogan propagandistici e Putin è cresciuto a quella scuola 

Allora, in quel caldo 22 giugno del 1941 (ad Odessa la sera avrebbero dato al magnifico Teatro dell’Opera la Traviata di Verdi), lo speaker di radio Mosca spiegava che “la guerra” era già arrivata fino ai territori della Romania e della Finlandia, “oggi le nostre truppe si preparano a rispondere all’attacco degli invasori”

Ciò che era lecito per l’Unione Sovietica (rimpianta da Putin), non lo è per l’Ucraina aggredita…

L’inizio di quella guerra fu tremendo per i russi.

Persino la radio dovette ammettere le prime batoste:

“Credevamo che la guerra sarebbe stata breve, e che saremmo arrivati ad una rapida vittoria, ma adesso stiamo arretrando e abbiamo subìto enormi perdite…”.

Pure l’attuale padrone del Cremlino credeva di poter esaltare nel Giorno della Vittoria la conquista di Kiev, il ritorno dell’Ucraina nell’alveo della Gran Madre Russia, e, ça va sans dire, l’eterna gloria per il suo novello zar. L’Operazione Speciale dura da 77 giorni. Il 77 è il numero del Diavolo. E dei Diavoli.

Dicono che l’algido Putin sia molto scaramantico 

Di “politica ed esoterismo all’ombra del Cremlino” ne scrisse anni fa Giorgio Galli, l’Huffington Post ha titolato un servizio sul Gruppo Wagner, l’armata dei mercenari di Putin, “Neonazismo esoterico e arianesimo pagano”

In un capitolo del mio libro Putingrad (2008) ho rivelato che alla Lubianka di Mosca, la sede dei servizi russi eredi del Kgb, c’era una chiesetta ortodossa consacrata per gli agenti che vi accedevano attraverso un passaggio segreto.

L’intelligence è carne e ossa di Putin, che ha ostentato la sua devozione religiosa in più occasioni e sono sempre più numerose le conversioni pubbliche di molti capi dei Servizi, per la soddisfazione del patriarca Kyrill, il braccio di Dio del Cremlino.

Fino al 24 aprile, i generaloni dell’intelligence sono stati i suoi interlocutori più affidabili, su tutti svetta Nikolaj Patruscev (il quale formalmente occupa la carica di segretario del consiglio di sicurezza della Russia)

Putin, dopo aver fatto carriera al municipio di San Pietroburgo, si è trasferito a Mosca inserendosi nelle strutture vip della Sicurezza nazionale, grazie all’appoggio di Patruscev.

È l’unica persona di cui si fida ciecamente. Dopo che i calcoli e i piani del blitzkrieg militare in Ucraina, elaborati dai think tank delle Forze armate e dei generali della sicurezza, sono miseramente falliti, Putin se l’è presa con chi li aveva elaborati e con chi gli aveva promesso una conquista rapida e facile. Fonti non ufficiali parlano di purghe e di possibili incriminazioni negli alti ranghi dei militari. A Mosca parlano di “Esercito Potemkin”

Da quando il Cremlino ha destinato gran parte delle risorse pubbliche per il riarmo delle Forze armate, l’immagine diffusa dalla Russia e sostenuta da Putin era quella di una potenza militare moderna. Invece il conflitto ne ha enfatizzato le debolezze, frutto della corruzione, e delle illusioni sulla presunta arrendevolezza dell’esercito ucraino.

Così, oggi come mai in passato, l’imponente e tradizionale sfilata della Piazza Rossa – compresa l’immancabile testimonianza storica dei vecchi mezzi e degli uomini in divisa come nel 1945 – appare una coreografia da grande potenza dei poveri, minacciosa solo per l’arsenale atomico: ma Washington, Londra e Parigi hanno ricordato al Cremlino che in caso di attacco nucleare, dispongono di risorse tali da replicare e sovrastare la Russia.

Si chiama politica della dissuasione: un déja-vu della prima Guerra Fredda. Insomma, Putin ha sbattuto contro la realtà della guerra, il Golia russo è stato preso a fiondate dal Davide ucraino.

E la sua più grande e brutta sorpresa gli è arrivata da quell’Occidente che riteneva “decadente, finito, in declino”

Un Occidente determinato a tenergli testa e ad armare ed addestrare l’Ucraina coi mezzi più avanzati.

Sarà una coincidenza – in Russia, tuttavia, nulla avviene per caso – ma negli ultimi giorni, a Mosca, circola la voce che Putin debba sottoporsi ad un intervento chirurgico per una malattia oncologica, e già avrebbe lasciato intendere che nei giorni della sua assenza affiderà la gestione dello Stato a Patruscev, il falco dei falchi, antioccidentalista ferreo, che gli fu mentore, nonostante la Costituzione preveda la gerenza provvisoria del primo ministro Mishusin.

Quindi, Patruscev potrebbe disporre del “bottone rosso”, nella valigetta nucleare.

Di certo, l’Occidente sottovaluta quanto mostruosamente sia stato inquinato dalla propaganda nazionalpatriottica il cervello (inteso anche come anima e coscienza) dei russi.
Dal 60 all’80 per cento (secondo le statistiche ufficiali), sono davvero convinti che
Putin stia salvando l’Ucraina dal nazismo. Per metà di questo branco filoputiniano, l’unica fonte d’informazione è la tv, che funziona e sparge sistematicamente propaganda con dosi da cavallo.
E con maestria tecnicamente impeccabile: talk-show, video, interviste, cartoni animati. In questi ultimi giorni, con l’aggiunta di refrain storici (slogan, foto d’epoca…), quasi ogni minuto:

“NOI ABBIAMO SCONFITTO IL NAZISMO DI HITLER! NOI ABBIAMO LIBERATO L’EUROPA E IL MONDO DALLA PESTE BRUNA…”

Megafoni di questa martellante propaganda sono personaggi come Vladimir Soloviev (che ha due ville sul lago di Como), Kisseljov, Skabejeva e altri “che noi (non inquinati) chiamiamo propagandoni, per insultarli (gandon, in russo è una parolaccia con il significato = condom)”, mi confida un amico di Mosca.

Gli riconosco quello spirito sarcastico dell’immenso Gogol, nato in Ucraina e morto a Mosca, abilissimo nell’uso dello “skaz”, tecnica lessicale in cui si alternano esclamazioni e giri di parole. Per irridere i potenti. Specie chi pensa d’essere grande, e non ci riesce. Incespicando nella fossa che aveva scavato per infilarci qualcun altro.

Russia ed Europa all’appuntamento del 9 maggio

Il 9 maggio non avrà lo stesso significato né lo stesso gusto a seconda che ci si trovi sulla piazza Rossa a Mosca, tra le macerie del porto ucraino di Mariupol o nella sede del parlamento europeo a Strasburgo.

Il calendario ha trasformato questa giornata in un concentrato di simboli della situazione drammatica del vecchio continente, che nel 2022 sta vivendo un momento decisivo.

L’appuntamento e le diverse letture che offre permettono di comprendere per l’ennesima volta fino a che punto la storia sia un’arma da combattimento e quanto possa essere distorta, riscritta, manipolata e strumentalizzata a beneficio dei peggiori piani.

Da 75 giorni ne abbiamo la prova con il tentativo di Vladimir Putin di usare il pretesto della “denazificazione” per giustificare l’invasione dell’Ucraina.

Il 9 maggio, l’anniversario della sconfitta della Germania nazista (in occidente è l’8 maggio, mentre in Russia è il 9) permette a Putin di giustificare qualsiasi cosa. 1945-2022: il continuum storico immaginario è al centro della guerra del presidente russo.

Prezzo altissimo

Nelle scorse settimane si era ipotizzato che Putin volesse annunciare il 9 maggio la vittoria del suo esercito in Ucraina per rafforzare il collegamento con la “grande guerra patriottica” dell’Urss contro la Germania nazista, fonte di legittimità e gloria anche per la Russia postsovietica.

La guerra, però, non ha preso la direzione sperata da Putin, che deve accontentarsi del controllo assoluto dell’informazione e di un martellamento propagandistico per affermare che tutto si sta svolgendo come previsto.

L’unica vittoria di cui possa vantarsi il padrone del Cremlino è la conquista di Mariupol, che non è ancora totale perché un ultimo manipolo di soldati resta asserragliato in un’acciaieria.

Ma il prezzo pagato è altissimo: migliaia di vittime civili, una città rasa al suolo e decine di migliaia di sfollati, di cui molti alle prese con una sorte incerta in Russia.

È un appuntamento con la storia nel momento in cui una guerra devasta un paese europeo

Il risultato è tutt’altro che glorioso e non è sufficiente per fermarsi: il rapporto di forze non è abbastanza favorevole alla Russia. Putin è l’unico a poter decidere tra il negoziato e l’escalation.

L’Ucraina, dal canto suo, si limita a difendersi

L’altro 9 maggio è naturalmente quello del presidente francese Emmanuel Macron, che per l’occasione si troverà al Parlamento europeo di Strasburgo per celebrare la giornata dell’Europa per i 27 paesi dell’Unione.


Macron pronuncerà il suo primo discorso di portata internazionale dopo la rielezione, in chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Macron sa bene che il suo discorso seguirà quello di Putin a Mosca, e cercherà di opporre il modello democratico europeo alla logica autocratica del leader russo, basata sulla forza.

Macron dovrà illustrare anche una visione per il futuro europeo, messo a repentaglio dal ritorno della guerra sul continente.
Il presidente ci aveva già provato nel 2017 con il suo discorso alla Sorbona, ma il programma europeo presentato all’epoca è stato applicato soltanto parzialmente.
Oggi l’Unione è alle prese con una sfida difficile davanti ai problemi di sicurezza, di coesione e del rapporto con i vicini a est e a sud, ma anche davanti a un’America che ritorna a partecipare alle vicende europee e a una Russia che non sparirà a prescindere dall’esito della guerra.

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