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IN ATTESA DEL 25 APRILE 2022 MA SENZA IPOCRISIA

Nello Bracalari detto NELLONE è sempre la voce dell’antifascismo a 94anni
Presidente onorario della sezione Anpi di Grosseto, che ha guidato dal 2006 al 2012, dalla sua casa in Maremma continua a partecipare alla vita politica e far sentire la propria voce lucida e appassionata

#perfortunanonmioccupodipolitica ma una cosa è certa : esprimo tutta la mia stima e solidarietà al partigiano #NELLONE per la sua lucida analisi e per la ferma presa di posizione


NELLO Bracalari (Anpi) Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI è controcorrente: 

“La Resistenza insegna, armi agli ucraini”

✅ Resistenza è un vocabolo che Nello Bracalari conosce molto bene.
L’ha sperimentata sul campo. Staffetta partigiana in quel 1943, quando l’Italia fu messa a ferro e fuoco dai nazisti.

✴️ Oggi, a 94 anni, si rivede nel popolo ucraino, che sta tenendo testa all’invasore russo.
Difficile però che possa reggere a lungo contro la superiorità del nemico, così come accadeva ai suoi tempi nella campagna maremmana.

E l’ex presidente dell’Anpi di Grosseto, intervistato da Il Tirreno, è per riproporre la stessa strategia.
Ovvero, inviare le armi all’Ucraina, come gli Alleati fecero con la Resistenza italiana:

“Non ci saremmo potuti difendere e oggi in Italia si parlerebbe tedesco”

Posizione che non combacia con quella dell’Anpi nazionale, ma per “Nellone”, come era soprannominato per via dell’altezza, la situazione è tale che non si può rimandare.

Ha raccontato Bracalari :
“Certo, l’Italia ripudia la guerra, come scritto nella Costituzione, ma l’art.11 specifica pure che l’Italia ‘consente, in condizioni di parità con gli altri Stadi, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni’. Sono entrati in caso loro, del popolo ucraino. Bisogna assisterlo”

 

per fortuna non mi occupo di politica ma una cosa è certa, apprezzo la ferma presa di posizione e coscienza del PARTIGIANO NELLO BRACALARI

non apprezzo quanto dichiarato da presidente pro tempore Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI, poiché PAGLIARULO è sempre convinto di poter prendere per CULO tutti con pezza che è sempre peggio del buco stesso 

“È GIUSTO INVIARE LE ARMI ALL’UCRAINA” ex partigiano NELLO BRACALARI

?BUONA LETTURA DI RIFLESSIONE CONDIVISA di alcune testimonianze di #NELLO_BRACALARI

✴️ Chi sono i sovversivi
{del 22 Ottobre 2019}

Il concetto di “sovversivo” nella memoria di un anziano partigiano, che ha fatto la staffetta durante la Resistenza e che da quella lezione di vita ha imparato anche la prudenza nel giudicare gli altri

Che cosa significa per me la parola sovversivo, anzi che cosa ha significato tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta, quando ero poco più che un bambino.
C’era un sentire comune, allora secondo cui la popolazione era divisa in due categorie.

Da una parte i fascisti, una massa indistinta che tutta assieme costituiva la stragrande maggioranza della popolazione, comprendendo i più fanatici sostenitori fino a quelli più passivi, per arrivare ai più, che seguivano indifferenti le indicazioni del partito al potere.

Dall’altra parte c’era una minoranza di non fascisti (il termine antifascista non veniva usato, almeno tra la gente comune) tra cui una piccola parte erano definiti i sovversivi.

Dal punto di vista sociale i più ricchi, e tra questi i proprietari terrieri, i dottori gli insegnanti ecc., appartenevano alla prima categoria, mentre una parte degli operai e i lavoratori delle campagne (non ho mai conosciuto un mezzadro fascista) appartenevano alla seconda categoria.

Mio padre faceva il mezzadro e faceva parte, ovviamente, della seconda categoria e, poiché era risaputo che era stato militante socialista, a volte veniva definito sovversivo.

Ricordo che una volta, nell’intervallo tra la scuola mattutino e quella pomeridiana, mentre giocavamo tra amici di scuola, rientrò un ragazzo ancora piagnucolante con le gambe nude segnate da evidenti arrossamenti.
Era ovvio che il babbo lo aveva picchiato e volli dire che il mio non lo aveva mai fatto.
A questo punto un altro ragazzo ribatté perentorio

«però il tuo Babbo è un sovversivo»

In quel momento questa affermazione mi fece molto male, perché la parola sovversivo veniva considerata contigua alla delinquenza.

Chiesi spiegazioni anche a casa, ma ricevetti solo risposte vaghe e imbarazzate che non furono sufficienti a dissipare i miei dubbi, almeno finché non arrivai ad una età più matura.

Ricordai questo episodio quando, nei primi giorni del giugno 1944, un gruppo di giovani, per sfuggire ad una incursione di mezzi motorizzati tedeschi, fuggì dal paese per riparare a casa mia.

Uno di questi non fece mistero che si erano rifugiati da noi perché sicuri che sarebbero stati ben accolti nella casa di un sovversivo.

Chi ci rimise fu l’ultimo agnello rimasto delle nascite di primavera che in breve tempo venne macellato e servito a tavola.

Più tardi, tutti assieme, andammo a nasconderci nella macchia per evitare brutte sorprese nella notte.
In quell’occasione dovetti ammettere che mi ero sbagliato a considerare il cosiddetto ceto medio tutto fascista, perché in quel gruppo c’erano anche i figli del dottore e di un’insegnante.
Questa cosa mi è servita, per tutta la vita, per essere più cauto nel dare un giudizio sulle persone.

Si chiamava Aspremo
{del 4 Maggio 2019}

Nello Bracalari è stato una staffetta partigiana quando aveva appena 15 anni. Oggi, che di anni ne ha 91 anni, scrive i ricordi di quel periodo, con mente lucida e memoria infallibile. Ecco la storia dell’amico Aspremo, morto in conseguenza dell’internamento in un campo di prigionia tedesco

Nello Bracalari, classe 1928, grossetano, staffetta partigiana, a 15 anni, dopo l’armistizio dell’8 settembre, è uno degli ultimi partigiani ancora in vita, in grado di raccontare, con straordinaria lucidità e ricchezza di particolari, episodi legati alla Resistenza. 

In sedia a rotelle, era in prima fila, insieme all’Anpi (di cui è stato presidente per la sezione grossetana), a celebrare la Liberazione lo scorso 25 aprile, nella sua città.

Ancora oggi con la sua mente vivida e pronta, la passione e il senso di giustizia che lo hanno animato per tutta la vita, si batte per i valori che hanno improntato la Resistenza e più tardi la stesura della Costituzione: antifascismo, libertà, democrazia, lavoro, pari dignità e diritti per ogni persona che calpesti il suolo italiano.

Nei giorni intorno alla Festa della Liberazione, ha scritto questo ricordo e lo ha condiviso con gli amici: la storia di Aspremo, amico e compagno, morto che non aveva ancora quarant’anni in conseguenza delle sofferenze patite in un campo di prigionia tedesco.

TESSERE lo ripropone ai propri lettori, perché sia 25 aprile tutto l’anno. Grazie Nello 

Si chiamava Aspremo, era il maggiore di tre fratelli che abitavano al podere “Follona” il più vicino a quello dove abitavo io.

Era 5 anni più grande di me e 4 di suo fratello di nome Schimens, mio amico e compagno di scuola alle elementari. Spesso, specie nelle veglie che nel periodo invernale venivano organizzate a rotazione nei poderi di campagna, ci dedicava un po’ del suo tempo nei giochi di noi ragazzi.

A ventanni partì per il servizio militare e l’8 settembre 1943, dopo l’armistizio, fu catturato dai tedeschi e internato nei campi di concentramento in Germania.

Quando venne costituita la Repubblica di Salò e gli fu offerto di andare a servire il ricostituito esercito fascista rifiutò e rimase internato nei campi sopportando indicibili condizioni di vita.

Alla fine del conflitto non fece immediato ritorno.
Passarono mesi senza che se ne sapesse nulla e si cominciava a dubitare della sua sorte.

Verso la fine dell’estate, camminavo sull’Aurelia verso la stazione di Gavorrano, una passeggiata pericolosa su una stretta banchina, perché sulla strada sfrecciavano ancora i mezzi militari delle truppe alleate.

A un tratto vidi, dall’altra parte della carreggiata, un giovane che veniva in senso opposto e mi faceva segni di saluto.
Non riuscivo a capire chi potesse essere. Appena possibile attraversai e gli andai incontro ma stentavo a riconoscerlo.
Giunti a pochi metri di distanza con un largo sorriso mi gridò «Nello sono Aspremo» e io corsi ad abbracciarlo.

Le sue condizioni lo rendevano irriconoscibile.
Dalla camicia aperta si intravedevano evidenti le costole, come fosse uno scheletro ed a me pareva che persino in altezza fosse rimpicciolito (giunto a casa si pesò: era 38 kg).
Mi raccontò brevemente che si era ammalato nel campo di concentramento e alla fine della guerra, per molto tempo, non era stato in condizioni di camminare e rientrare in Italia

Dopo questa dura prova, Aspremo si riprese in parte fisicamente, si sposò ed io partecipai alle sue nozze.
Pochi anni dopo però, in occasione di una riunione sindacale nel paese di Caldana (Gr) fui informato che proprio quel giorno Aspremo era morto e potei andare a rendere omaggio alla sua salma.
Credo che non avesse ancora quarant’anni.

Aspremo non fu il solo a scontare, in conseguenza delle sofferenze patite nei campi di concentramento tedeschi, ripercussioni drammatiche nella sua vita successiva (lo fecero in 650 mila su 800 mila nelle sue stesse condizioni) e credo che in generale non vi sia stato nei loro confronti il dovuto riconoscimento. In questi giorni mi piace ricordarli come combattenti della Resistenza antifascista.

? Nello Bracalari è nato a Gavorrano, in provincia di Grosseto, il 23 aprile 1928, da una famiglia contadina poverissima.
A 10 anni ha dovuto interrompere gli studi per aiutare nel lavoro nei campi.

A 15 anni era una staffetta partigiana e dall’esperienza nella Resistenza è nata la sua passione per la politica e per l’impegno civile, che ha perseguito per tutta la vita.

Presidente onorario della sezione Anpi di Grosseto, che ha guidato per dal 2006 al 2012, dalla sua casa in Maremma continua a partecipare alla vita politica e far sentire la propria voce lucida e appassionata

 

 

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