Quando nel 1995 Angelo Raffaele Dinardo, a capo della coalizione democratica, mandò in soffitta il solipsismo economico di Gianpiero Perri, Vito Bardi aveva solo 44 anni e stava scalando i gradini della GdF. Era invece il 2005 quando Vito De Filippo e l’Ulivo sbarrarono la strada a Cosimo Latronico che raggranellò appena il 28% e anche lì, nell’altra sua vita militare, Bardi di stellette e soprattutto di anni ne aveva già molti di più. Ora, non per un semplice caso del destino ma piuttosto per le curvature strambe della storia, è accaduto che la Basilicata s’è messa proprio nelle mani sbagliate di Vito Bardi che questa volta, però, di anni ne ha ben 70 e con in testa solo e soltanto Napoli. Eppure, tanto per toccare la perfezione del peggio, non bastavano gli incroci d’età col nostos napoletano, l’approssimazione istituzionale con la bulimia del potere, i tamponi vipzzati col centrodestra a matrioska, serviva accanirsi ancor di più e così, quasi in seduta spiritica e col sillabo evocativo del cambiamento, Bardi ha riesumato dall’oltretomba politico Perri e Latronico, ambedue bocciati dai lucani ed adesso a fare i professori aurorali su Pnrr ed ambiente. Ha scritto Emil Cioran: “Una sola cosa conta: imparare ad essere perdenti”.

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