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«CRIMINALITÀ LUCANA VERSO FORME PIÙ QUALIFICATE D’INFILTRAZIONE IN AMBITI POLITICO-AMMINISTRATIVI»

I clan «imitando» le mafie italiane, puntanoa «mimetizzarsi»: l’allarme sul «colonialismo criminale» nella semestrale della Dia


La dissimulazione e il copiare dal peggio per essere “migliori”, sono le 2 attività che stanno fortemente caratterizzando l’operato della criminalità lucana e che maggiormente allarmano la Direzione investigativa antimafia di cui adesso sono note le risultanze della semestrale per il periodo gennaio-giugno 2021.

Più precisamente, la caratteristica delle organizzazioni criminali della Basilicata «è quella di mimetizzarsi nel contesto economico» per meglio «svolgere attività lecite ».

Inoltre la criminalità lucana va «evolvendosi secondo un processo di imitazione dei modelli strutturali delle più progredite organizzazioni criminali e verso forme più qualificate di infiltrazione dell’economia legale e degli ambiti politicoamministrativi ».

In Basilicata, la criminalità ormai non ha più remora alcuna, come dimostra anche l’episodio accaduto a Pisticci, che ha riguardato «un magistrato destinatario di diverse lettere minatorie». In tema di infiltrazione criminale nella Pubblica amministrazione, citata dalla Dia l’operazione “La Terra” condotta dalla Guardia di Finanza che ha investigato sulla distrazione di risorse pubbliche. Le investigazioni hanno rilevato alcune anomalie nelle procedure di concessione dei finanziamenti europei per i progetti di sviluppo agricolo.

Nel dettaglio«un infedele funzionario pubblico e un imprenditore agricolo- zootecnico di Montescaglioso avevano attuato un meccanismo attraverso il quale acquisivano nella provincia di Matera alcuni terreni normalmente privi di valore commerciale che continuavano a restare nella disponibilità diretta o indiretta dei venditori ma che invece e mediante l’intestazione fittizia a persone e società create ad hoc venivano “sopravvalutati”».

Lo scopo «consisteva nella liquidazione dei fondi a sostegno delle attività giovanili in agricoltura per importi ben più remunerativi». Il tutto veniva attuato «con la collaborazione di agronomi e di un impiegato della Regione Basilicata deputato a convalidare i valori di stima e l’attendibilità del progetto». L’apprendistato criminale per i clan locali non è poi così difficile dato che il territorio lucano è un crocevia di compagini mafiose extraregionali, ma non solo, in riferimento, per esempio, alla mala nigeriana attivissima in Basilicata nello spaccio e nello sfruttamento della prostizione.

A livello generale, dalla Dia segnalata una situazione nuova che merita particolare attenzione. Nell’area Sud, ai confini della Basilicata col Vallo di Diano, sarebbe sorta un’allenza tra «alcuni elementi del clan mafioso casertano dei Casalesi» e il gruppo «Cicala che opera nella città e nella provincia di Taranto ».

Già l’inchiesta “Febbre oro nero”, ha evidenziato «come i legami con la consorteria campana possano rappresentare il volano di un nuova frontiera di affari illeciti anche per la criminalità tarantina storicamente più incline a commettere reati inerenti agli stupefacenti con modalità predatorie e violente ». Per questi e altri motivi, riportate nella relazione semestrale, le parole del Procuratore distrettuale di Potenza, Francesco Curcio: «C’è un colonialismo criminale del Vallo di Diano molto preoccupante perché questa terra fino a poco tempo fa era completamente libera da queste logiche». Che la Basilicata sia terra di conquista, lo dimostrano plurime inchieste che partono da fuori e poi arrivano anche in territorio lucano.

Come quella per i reati di di riciclaggio, auto-riciclaggio, indebita percezione di erogazioni pubbliche e turbata libertà che avendo nel mirino numerose imprese aventi sede fittizia in Molise, ha portato a un maxi sequestro milionario con confisca di «30 immobili tra fabbricati e terreni situati in Sicilia, Basilicata e Molise», e, tra le altre cose, di «3 impianti di produzione di energia rinnovabile da fonte eolica “Aereogeneratori – Pala Eolica” localizzati a Campobasso e a Potenza».

Così come, da Napoli, è stata registrata una proiezione economico-criminali in Basilicata del clan Mallardo, che «ne attesta la pervasività nel tessuto economico attraverso molteplici attività di riciclaggio e reinvestimento dei capitali illeciti». Stesso esito, se si rivolge l’analisi a est, ovvero alla Puglia. Sotto l’egida dei Parisi, in sinergia con l’alleato gruppo Velluto e dei Fiore- Risoli, «è stata recentemente registrata l’operatività oltre che a Bari anche in Basilicata ».

Da Sud, invece, per chiudere la panoramica esemplificativa dell’assedio alla Basilicata, monitorate dall’antimafia, le incursioni lucane dei cosiddetti «diavoli rosarnesi » della cosca Pisano. Più nello specifico, nel Potentino si conferma l’operatività del clan Martorano- Stefanutti al cui vertice ed il clan Riviezzi «sembrerebbe aver assunto un ruolo centrale nelle dinamiche criminali della provincia soprattutto nella zona di Pignola e Potenza anche grazie ad alleanze e sinergie con altre organizzazioni mafiose sia autoctone quale il clan Cassotta, sia calabresi e campane ».

Nell’area del Vulture- Melfese, già scenario dello storico contrasto tra i clan Di Muro-Delli Gatti e Casotta, non si sono registrati significativi episodi delittuosi sintomatici di una rinnovata conflittualità, ma nella stessa area si confermerebbe l’operatività dei Barbetta e Gaudiosi mentrea Venosa opererebbe il gruppo Martucci. Nel Maretano «gli interessi sono naturalmente sul turismo e sull’agricoltura che sono le due vocazioni economiche del territorio».

In forzata convivenza con reduci del clan Schettino nel litorale jonico compreso tra Metaponto e Nova Siri opererebbero ancora le storiche consorterie Scarcia e Mitidieri- Lopatriello, nonché il gruppo Russo cui si affiancano aggregazioni minori come i Donadio comunque contigui ai citati sodalizi e dediti perlopiù al remunerativo spaccio di stupefacenti e alle estorsioni.


 

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