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BARDI E LA PAURA DI DIMETTERSI

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Chi è appassionato di letteratura poliziesca sa bene che per fare una prova ci vogliono molti indizi, ma nel caso di Vito Bardi d’indizi ne abbiamo almeno 70 come gli anni che pure si porta addosso e che dovrebbero costringerlo alla prova d’onore delle dimissioni, se non altro per risparmiarci malgoverno e gaffe praticamente su tutto lo scibile istituzionale. Ora anche se da queste parti ha bassa fortuna l’istituto delle dimissioni riflessive, quelle del “mi dimetto perché sono inadeguato”, i lucani non possono certo pagare dazio per via di una svista elettorale che poi s’è aggravata dalla pochezza etica e politica espressa fin qui dal centrodestra con una quantità ignobile e letale di voltagabbana, cazzari, riformisti lunari ed a reddito zero, muti o dialettici sgrammaticati, tanto per rappresentare l’ordine infelice che attanaglia ormai la povera Basilicata. Eppure nella testa del governatore deve averla vinta la paura di finire a spasso tra i giardinetti di Posillipo da doppio ex se questa volta non s’è azzardato mai a vociferare la parolina magica delle dimissioni con cui peraltro aveva già zittito le fronde dei rivoltosi. Canta il grande Domenico Modugno: “E il vecchietto dove lo metto, dove lo metto non si sa”.                    

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