CUI PRODEST? BREVE STORIA DEL RIORDINO DELLA SANITÀ LUCANA
Voci lucane, l’appuntamento con le tematiche sociali che attanagliano il nostro tempo
DI ANTONIO SALERNO
IL CONTESTO STORICO
Era il 12 Gennaio del 2017, molto prima della pandemia, del tracollo finanziario che ne conseguiva e della caduta dei veli che nascondevano le criticità del SSN.
Il Presidente del Consiglio Gentiloni riceveva la campanella da Matteo Renzi, travolto da vicende giudiziarie, confermando la Ministra alla Salute Lorenzin al suo terzo incarico. Subito dopo la nomina la Ministra siglava il DPCM 12 sui LEA atteso da 15 anni e considerato un vero e proprio passaggio storico che veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 18 Marzo del 2017.
I LEA
“I Livelli essenziali di assistenza (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse)” , così li troviamo descritti sul sito del Ministero.
Il nuovo DPCM dava il via alla riforma integrale dell’assetto delle cure sanitarie sia ospedaliere che territoriali compresa l’assistenza sociale, previste dal DPCM del 29 novembre 2001. I contenuti della riforma tenevano conto dell’esigenza di uniformare i sevizi di tutela della salute di una società radicalmente cambiata negli ultimi quindici operando una virtuosa messa a sistema delle risorse esistenti che conducesse ad un miglioramento dell’offerta dei servizi garantendo il controllo della spesa.
IL DECRETO MINISTERIALE 2 APRILE N. 70
Il 2 aprile del 2015 viene pubblicato il DM70, regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. Passeranno altri 7 anni affinché, nel 2021, il governo Draghi approvi le modifiche al DM70 e nel 2022 il DM71 che completa la Riforma SSN.
LA RIORGANIZZAZIONE DEL SSR DELLA BASILICATA: UNA VERA E PROPRIA RIFORMA
Ciò che oggi viene accolta come una riforma del SSN si era già compiuto molti anni prima nella nostra Regione. Nel 2017 infatti, un dedalo di leggi e regolamenti tesi al riordino della spesa sanitaria aveva costretto il Governo Regionale di Marcello Pittella ad operare una riorganizzazione dei servizi sanitari regionali con la legge 2 del 12 gennaio 2017 che prevedeva il “riordino del sistema sanitario di Basilicata”. Questo documento anticipa e forse ispira la riforma nazionale sancita dalle modifiche al DM70 e dal DM71, in maniera tanto più virtuosa se si pensa che all’epoca non si poteva contare sui fondi del PNRR.
Quindi la Basilicata può vantare una documentata , comprovata e non comune lungimiranza riformatrice in ambito sanitario.
COSA RENDE NECESSARIO IL RIORDINO DEI SERVIZI SANITARI IN BASILICATA
Sono tre i principali fattori che contribuirono a rendere necessario e non più prorogabile il riassetto dei servizi in ambito sanitario nella nostra Regione.
ABOLIZIONE FLESSIBILITÀ ORARIA CON NECESSITÀ DI NUOVE ASSUNZIONI
La legge 30 ottobre 2014 n. 161 che recepisce la direttiva europea 88/2003 concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro entrata in vigore in Italia il 25 novembre 2015, per evitare al Paese la procedura d’infrazione europea (n. 2011/4185) che sarebbe scattata in caso di mancata adozione.
Questa legge, regolamentando gli orari di lavoro, abolisce la flessibilità oraria del personale sanitario rendendo necessario, per garantire i turni, l’assunzione di nuovo personale.
VIENE FISSATO UN TETTO PER LA SPESA IN AMBITO SANITARIO
Il secondo fattore che impone il riordino deriva dalla norma che rivede il tetto di spesa per il personale che deve essere riferito al 2004 meno l’1,4%.
La Regione Basilicata si vide costretta, a causa della legge 161/2014, ad incrementare il personale sanitario in tutti i servizi con l’obbligo di mantenere la spesa sanitaria ai livelli del 2004 quando ancora non erano entrati in funzione il CROB di Rionero e il servizio di emergenza 118 il cui costo andava ad incidere considerevolmente sulla spesa per il personale.
SCATTA L’OBBLIGO DEL PAREGGIO DI BILANCIO PER LE STRUTTURE SANITARIE
Il terzo elemento che rendeva indispensabile l’attuazione di una riorganizzazione del SSR era l’introduzione nel 2015 del DM70 che riguarda la rete ospedaliera e che impone parametri numerici per il mantenimento degli ospedali e l’obbligo della tenuta economica di ogni plesso.
Tanto per fare un esempio per mantenere attivo un ospedale come il San Carlo di Potenza rientrante nei DEA di II livello era previsto un bacio di utenza di 600 000 abitanti. Ciò significava che in una Regione che ne contava 500 000 doveva essere soppresso.
Solo con una vera e propria battaglia politica che vide come protagonista l’allora Governatore della Basilicata si riuscì ad ottenere una deroga a questi limiti fissando il principio di almeno una Struttura per Regione.
Ma per i presidi più piccoli come Villa D’Agri, Lagonegro ecc. per i quali era prevista la tenuta economica di ogni singolo plesso e l’obbligo stringente del pareggio di bilancio, pena l’applicazione di sanzioni da milioni di euro fino alla chiusura dei presidi, bisognava trovare un’ancora di salvezza. Questo il background che induce, nel 2017, il Governo regionale a provvedere al riordino del SSR.
RAZIONALE DEL RIORDINO DELLA RETE OSPEDALIERA
Nell’ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera la soluzione di accorpare in un unico plesso il San Carlo e gli Ospedali territoriali consentiva, oltre al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità economica fissati dalla legge, anche quello di esportare dal San Carlo alla periferia servizi e alta formazione nell’ambito della rete ospedaliera attraverso la mobilità del personale e del non AO (azienda ospedaliera) assicurando non solo la sopravvivenza dei presidi di periferia ma anche una migliore qualità dell’offerta.
RIORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLA AZIENDA SANITARIA REGIONALE
Nel progetto di riorganizzazione, ripresa poi dal DM71, al centro della sanità territoriale veniva posto il Distretto Sanitario con il compito di coordinare e dirigere i sevizi di prevenzione e cure primarie per il territorio.
LA LEGGE DI RIORDINO RIVELA LA PROPRIA EFFICACIA ANCHE SE RIMASTA INCOMPLETA
Questo schema di riordino ed efficientamento, anche se incompleto, ha retto sul piano del personale e delle economie ed ha portato la Basilicata ad essere perfettamente allineata alle Regioni virtuose e premiata dal MEF, sezione economica sanitaria ma, cosa veramente importante, ha rappresentato il lungimirante preludio alla riforma sanitaria che si è venuta in seguito affermando.
Infatti lo schema lucano prevedeva più opzioni di cui la prima organizzativa con la creazione di un’unica Azienda Sanitaria con un potenziamento fortissimo del territorio che comprendeva tutti i punti e i capisaldi affermati cinque anni dopo dal DM71 con gli ospedali della comunità, la centralità dei distretti, la medicina preventiva, i consultori, le cure domiciliari, il potenziamento, in pratica, di tutta la fascia pre-ospedalizzazione e di prevenzione.
Il progetto di riorganizzazione comprendeva, come già detto, anche la rete delle acuzie ( rete ospedaliera per intenderci) organizzata in un preordinato schema di competenze dagli ospedali distrettuali con il compito di avvicinare le cure al territorio e di decongestionare il San Carlo al quale dovevano afferire i casi che prevedevano attrezzature, personale e competenze necessarie per gestire interventi di particolare complessità e alta specializzazione. Tutto questo è stato successivamente ricompreso nelle riforme attuate dai Governi centrali oggi divenute leggi dello Stato ma la Basilicata può vantare senz’altro il merito di aver anticipato quei modelli organizzativi e finanche di averli ispirati.
COS’È CHE NON HA FUNZIONATO
Prima di tutto il tempo: la riforma parte in ritardo rispetto all’insediamento del nuovo Governo Regionale in risposta a norme e vincoli preesistenti o subentrati in corso di legislatura tutti mirati alla razionalizzazione della spesa sanitaria e all’efficientamento dei servizi, dirette prevalentemente alle Regioni del centro-sud definite “Regioni in fase di rientro”. Bisogna poi considerare i tempi per pensare, formalizzare ed approvare una riorganizzazione radicale del SSR.
L’approvazione di una legge è ben lontana dall’attuazione dalla stessa e così l’elaborazione e l’approvazione dei piani di indirizzo, tra cui il “piano sanitario”, hanno portato ulteriormente in avanti le lancette dell’orologio. Si peni solo a quanto complicato sia stato rifare tutti i contratti del personale ospedaliero dopo il passaggio dall’Azienda Sanitaria al San Carlo.
I NODI DA SCIOGLIERE
La Regione si spacca sulla Riforma: prima di tutto i “campanili”.
Non sappiamo chi e perché si oppose alla riorganizzazione su scala regionale ma sta di fatto che la Provincia di Matera non accettò il riordino rimanendo legata al vecchio sistema. Una riorganizzazione che coinvolge solo metà della Regione si presenta menomata già alla nascita. Ma quando per governare servono dei numeri che potrebbero mancare, volente o nolente bisogna cedere alle logiche del compromesso. L’apparato. Il secondo nodo è quello di decidere “chi”, a livello dirigenziale, avrebbe dovuto attuare il riordino.
Purtroppo per sciogliere questi nodi sarebbe occorsa la spada di Alessandro. La trasformazione fu affidata in gran parte a funzionari e dirigenti che provenivano dal vecchio sistema e che non vedevano di buon occhio il cambiamento.
Chi vive in Italia, nel SUD e in Basilicata sa bene che la tomba di ogni iniziativa virtuosa viene scavata sul terreno della burocrazia che meriterebbe una o più trattazioni dedicate.
Se l’apparato burocratico non collabora i tempi si dilatano a dismisura, le circostanze cambiano, nuovi elementi subentrano i giunchi piegati dall’onda di piena prima o poi risollevano i propri steli ed ostentano le cime e la corrente del cambiamento viene imbrigliata nell’alveo del conservatorismo.
La Politica. In ogni tempo, dinanzi ai cambiamenti è gioco facile sollevare malcontento ed odio e così fu per il nostro “riordino”: allontanati i vantaggi della riorganizzazione dei servizi dalla percezione comune dei cittadini, speculando sui passaggi intermedi e sulla complessità della materia, alimentato il malcontento popolare facendo leva su promesse inneggianti ad una improbabile restaurazione di modelli organizzativi oramai superati dalla storia, accogliendo favorevolmente una provvidenziale spallata giudiziaria il governo Pittella esauriva il suo corso e gli avversari del cambiamento trionfavano ottenendo il proprio scopo. Ma un governo che finisce non porta con se quanto di buono ha costruito.
Quindi quel governo che era riuscito a valorizzare il patrimonio che aveva a sua volta ereditato dalle precedenti gestioni, come affermato dallo stesso Pittella nell’incontro di presentazione tenutosi a Villa D’Agri il 21 Luglio 2016 quando dichiarava che il riordino del SSR era stato reso possibile dal virtuoso lavoro di chi lo aveva preceduto, affidava alle mani di chi lo avrebbe succeduto la messa a regime del sistema di riordino dei servizi sanitari regionali. Quella amministrazione lasciava una preziosa eredità riformatrice e legislativa condotta fino alla fase attuativa.
L’interesse del cittadino. Sappiamo bene che l’interesse del cittadino non è legato ai nomi dei politici ma alle soluzioni e alle risposte ai problemi che i rappresentanti eletti sotto qualunque bandiera sono tenuti a dare.
Oggi che il Governo Nazionale si fregia di aver messo a punto una riforma che la nostra Regione aveva già anticipato di anni, oggi è tempo di bilanci.
A più di quattro anni da quel progetto di riordino reso già esecutivo ci risulta che nulla sia seguito. Quella strategia virtuosa allora prevista e adesso affermata nei decreti ministeriali, frutto di un decennio di buna politica sanitaria è rimasta sotto la polvere e non è stata rimpiazzata da alcun’altra forma alternativa di efficientamento del SSR. Cui Prodest.
Accanto all’orgoglio lucano di poter rivendicare il primato nazionale di una riforma storica rimane il dilemma del perché si è scelto di non proseguire sulla strada segnata e di chi abbia spento i motori di quello slancio riformista. Ci sono cumuli di carte e leggi dietro cui nascondersi ma alla fine si giunge sempre alle cause.
Per il momento ci limiteremo a porci la domanda che si ponevano i saggi romani quando venivano chiamati ad interpretare le dinamiche degli eventi: cui prodest? A chi giova, mantenere le cose in questo stato di degrado? Adesso che la discussione è stata portata dal Governo sul tavolo delle Regioni ci auguriamo che la riforma possa essere presa nella giusta considerazione, si tratta di un’opportunità da non perdere.
Da parte nostra continuerà l’opera di informazione nei confronti dei cittadini con delucidazioni particolareggiate sulla proposta di riforma a partire dalla casa della comunità