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ED ANCHE IL PAPA SI CONFESSA

Dalla Basilica Vaticana, Celebrazione della Penitenza presieduta da Papa Francesco con consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’immacolato Cuore di Maria

Il Papa: la confessione, una medicina potente per l’anima e la psiche

L’importanza dell’esperienza del perdono nelle parole che Francesco ha rivolto ai partecipanti al 32.mo Corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica: chi esercita il ministero della Riconciliazione è chiamato a vivere l’accoglienza, l’ascolto e l’accompagnamento nei riguardi del penitente

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Davvero numerosi: circa ottocento chierici!”, Papa Francesco lo sottolinea rivolgendosi ai partecipanti all’annuale Corso sul foro interno, che riguarda il sacramento della Confessione, organizzato in questi giorni dalla Penitenzieria Apostolica. Con loro, nell’Aula Paolo VI, sono presenti il cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, il reggente Krzysztof Józef Nykiel, i prelati, gli officiali e il personale della Penitenzieria, i Collegi dei penitenzieri ordinari e straordinari delle Basiliche Papali in Urbe. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

“Il perdono è un diritto umano”

Dando inizio al suo discorso, il Papa ribadisce “quanto sia prezioso e necessario, anche ai nostri giorni, il ministero della Riconciliazione, che rende visibile e realizza la misericordia di Dio per gli uomini”. Quindi spiega il valore del perdono facendo riferimento a una sua precedente espressione: “il perdono è un diritto umano”.

In effetti, esso è ciò a cui più profondamente anela il cuore di ogni uomo, perché, in fondo, essere perdonati significa essere amati per quello che siamo, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. E il perdono è un “diritto” nel senso che Dio, nel mistero pasquale di Cristo, lo ha donato in modo totale e irreversibile ad ogni uomo disponibile ad accoglierlo, con cuore umile e pentito.

I confessori, afferma ancora il Papa, “dispensando generosamente il perdono di Dio”, collaborano “alla guarigione degli uomini e del mondo”.

L’accoglienza apre il penitente alla Grazia 

Accoglienza, ascolto, accompagnamento sono le tre dimensioni essenziali del ministero del confessore e Francesco desidera offrire spunti di riflessione su ciascuna: l’accoglienza, dice, è l’atteggiamento che aiuta il penitente ad accostarsi al Sacramento aprendosi al dono della Grazia. E spiega:

L’accoglienza è la misura della carità pastorale, che avete maturato nel cammino di formazione al sacerdozio ed è ricca di frutti sia per il penitente sia per lo stesso confessore, che vive la sua paternità, come il padre del figlio prodigo, pieno di gioia per il ritorno del figlio. Abbiamo noi questa accoglienza e questa gioia? La serenità di un confessore che sa accogliere, al giorno o alla sera: “Accomodati”, e lascia parlare. Creare il clima di pace, anche di gioia, no?

L’ascolto fa sentire veramente amati

Per vivere la dimensione dell’ascoltoautentico, prosegue Francesco, occorre attenzione, disponibilità, pazienza. E’ “una forma di amore che fa sentire l’altro davvero amato”. E a questo proposito, lasciando il testo scritto, aggiunge: “per favore, togliere ogni curiosità”.

Delle volte ci sono dei penitenti che si vergognano di quello che stanno dicendo, non sanno come dire, ma danno un cenno. Il prefetto ci ha insegnato una cosa buona: quando capiamo la cosa: “Ho capito. Vai avanti. Un’altra cosa”. Risparmiare il dolore di dire le cose che non sanno come dire e non cadere nella curiosità di dire: “E come è stato? E quante volte?” 

Il Papa sottolinea ancora che l’ascolto fa bene anche al confessore:

L’ascolto implica una sorta di svuotamento: svuotarmi del mio io per accogliere l’altro. È un atto di fede nella potenza di Dio e nel compito che il Signore ci ha affidato. Solo per fede i fratelli e le sorelle aprono al confessore il loro cuore; quindi, hanno il diritto di essere ascoltati con fede, e con quella carità che il Padre riserva ai figli. E questo genera gioia!

Fare un tratto di strada insieme

Particolarmente delicato il terzo compito richiesto al confessore, l’accompagnamento. Papa Francesco osserva che non è il confessore il padrone della coscienza dell’altro, ma che a lui spetta semplicemente accompagnare, con prudenza e carità, “al riconoscimento della verità” nella esperienza concreta del penitente.

Accompagnare vuol dire prendersi cura dell’altro, camminare insieme a lui o a lei. Non basta indicare una meta, se poi non si è disposti a fare nemmeno un tratto di strada insieme. Per quanto breve possa essere il colloquio della confessione, da pochi dettagli si comprende già quali siano i bisogni del fratello o della sorella: ad essi siamo chiamati a rispondere, accompagnando soprattutto alla comprensione e all’accoglienza della volontà di Dio.

Il Papa invita a distinguere tra la confessione vera e propria coperta dal sigillo sacramentale e il colloquio spirituale che deve rimanere anch’esso riservato, ma in forma differente.

Che il Giubileo 2025 porti a tutti la misericordia di Dio

Francesco rivolge ai presenti, a cui è affidato questo ministero, la raccomandazione di “abitate volentieri il confessionale”. Dire: “Io ti assolvo dai tuoi peccati”, afferma, significa dire ad una persona che è preziosa agli occhi di Dio e “questa è una potentissima medicina per l’anima e anche per la psiche di tutti”. Per questo, in vista del Giubileo del 2025, il Papa invita la Penitenzieria a fare tutto il possibile perché il prossimo Anno Santo porti frutti abbondanti. “Vi incoraggio – conclude – a utilizzare tutta la creatività che lo Spirito suggerisce, perché la misericordia di Dio possa giungere ovunque e a tutti: perdono e indulgenza!”


Celebrazione della Penitenza e atto di consacrazione

https://youtu.be/MWRniT0De2Y

Dalla Basilica Vaticana, Celebrazione della Penitenza presieduta da Papa Francesco con consacrazione della Russia e dell’Ucraina all’immacolato Cuore di Maria

Prudenza per le celebrazioni della Settimana Santa 2022
In una nota della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti si ribadisce che, in tempo di pandemia, è necessario evitare comportamenti potenzialmente rischiosi per la salute. Si invita poi a pregare per l’Ucraina e per tutte le guerre che si vivono in altre parti del mondo

Vatican News  

Nessuna linea guida aggiuntiva per le celebrazioni della Settimana Santa 2022. E’ quanto si legge in una nota della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che si sofferma sulle festività pasquali. Negli anni precedenti, segnati dalla difficile situazione della pandemia, erano state offerte alcune indicazioni per aiutare i vescovi nel loro compito di valutare le situazioni concrete per vivere al meglio la Settimana Santa, centro di tutto l’anno liturgico. L’invito è quello di essere prudenti, “evitando gesti e comportamenti che potrebbero potenzialmente essere rischiosi”. “Ogni valutazione e decisione – è scritto – venga sempre presa di concerto con la Conferenza Episcopale, che terrà in debita considerazione le normative che le competenti autorità civili disporranno nei diversi Paesi”.

Riportando poi la richiesta di preghiera per l’Ucraina da parte del Papa perché cessi questa “guerra ripugnante”, la Congregazione ricorda anche i tanti conflitti che si vivono in molti Paesi del mondo, la terza guerra mondiale a pezzi. Nella preghiera universale – si legge – invocheremo il Signore per i governanti (IX orazione) perché illumini la loro mente e il loro cuore a cercare il bene comune nella vera libertà e nella vera pace, e per quanti sono nella prova (X orazione) perché tutti sperimentino la gioia di aver trovato il soccorso della misericordia del Signore. Fin da subito facciamo nostra questa preghiera per tutti i fratelli e le sorelle che vivono l’atrocità della guerra, in particolare in Ucraina”. Si ricorda infine che “in caso di grave necessità pubblica, il vescovo diocesano può permettere o stabilire che si aggiunga un’intenzione speciale”. “La celebrazione della Pasqua – conclude la nota – porti a tutti la speranza che viene solo dalla risurrezione del Signore”.

La supplica del Papa alla Madonna: liberaci da questa guerra crudele e insensata

Francesco presiede la celebrazione penitenziale a San Pietro, al termine della quale recita la preghiera di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria dell’umanità e in particolare dei popoli di Russia e Ucraina: “Non è una formula magica, ma l’atto spirituale di figli che ricorrono alla Madre”. Il Pontefice si confessa e confessa alcuni fedeli. Le Chiese di tutto il mondo unite a Roma

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina… Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono”

Francesco è solo, seduto su una sedia dinanzi della Vergine Maria, mentre invoca la fine di un orrore che sembrava dissipato tra le trame del tempo e che è invece tornato a bussare alle porte delle nostre case. Dietro a lui, in questo appuntamento universale che scrive una pagina di storia della Chiesa moderna, c’è il mondo intero. Nella Basilica vaticana, nei luoghi sacri dei cinque continenti, tramite i mezzi di comunicazione, nelle piazze – quelle ucraine bombardate, da Kiev a Odessa, o la stessa Piazza San Pietro dove sono stati allestiti migliaia di posti a sedere – risuona la supplica di Jorge Mario Bergoglio alla “Madre”.

“Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare. Fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace. Fa’ di noi degli artigiani di comunione”

Una preghiera corale 

Il Papa cammina lento verso la statua della Madonna, posta al centro della basilica, di fianco a un crocifisso in legno. Il tragitto è breve ma l’incedere è pesante, come quello del 27 marzo 2020, quando tra le braccia deserte del Colonnato di San Pietro, il Pontefice sembrava portare sulle spalle le ferite di un’umanità colpita da morti e contagi del Covid. Francesco fa una pausa di silenzio prima di pronunciare il testo diffuso nei giorni scorsi in 35 lingue. Una preghiera corale, innervata della grande tradizione mariana. Ogni tanto alza il capo per guardare il volto di Maria. Al termine della preghiera, rimane in piedi in silenzio e in preghiera, a fianco a due bambini.

Papa Francesco in preghiera

Il Papa confessa e si confessa

San Pietro intanto è avvolta in un’atmosfera solenne, gremita da cardinali, vescovi, religiosi e dai fedeli che hanno partecipato alla celebrazione penitenziale aperta con una processione e conclusa dalla scena sempre suggestiva del Pontefice che si confessa con un sacerdote e confessa una decina di persone. Seguono canti, il sottofondo musicale di alcuni violini, poi una lunga pausa di silenzio. Alle 18.30 la cerimonia viene quindi suggellata dalla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, atto pregno di tradizione e devozione, dettato dalle urgenze della storia e dalla necessità di ottenere una rassicurazione.

“Abbiamo bisogno di sentirci dire ‘non temere’”

Il Papa si confessa durante la celebrazione penitenziale a San Pietro

“Guerra efferata…”

Nell’omelia, il Papa si rivolge a Maria: al suo Cuore tutti “bussiamo” in questi giorni in cui “notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi”. Francesco usa per tutto tempo il ‘noi’, a voler indicare il coinvolgimento collettivo dinanzi ai cruenti fotogrammi trasmessi dall’est Europa.

“L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento”

Davanti a questo, afferma il Papa, “non bastano le rassicurazioni umane: occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore. Ritorniamo a Dio, al suo perdono”.

Non una formula magica, ma un atto di spirituale

Il Papa si sofferma quindi sul significato dell’atto di Consacrazione: “Non si tratta di una formula magica, ma di un atto spirituale. È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre”. Come i bambini, che “quando sono spaventati: vanno dalla mamma a piangere, a cercare protezione”, così gettiamo nel suo Cuore “paura e dolore, consegnando sé stessi a lei”.

È riporre in quel Cuore limpido, incontaminato, dove Dio si rispecchia, i beni preziosi della fraternità e della pace, tutto quanto abbiamo e siamo, perché sia lei, la Madre che il Signore ci ha donato, a proteggerci e custodirci”

Papa Francesco in preghiera nella Basilica vaticana
Progetti di pace, non di sventura

Dio, afferma Papa Francesco, “ha progetti di pace e non di sventura’”. Allora “ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio”. Lei che è andata “di fretta” dalla cugina incinta, va oggi “di fretta per aiutarci”. La Madre, prega il Pontefice, “prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, sulla via della pace”

La Confessione, il sacramento della gioia

Nell’omelia Papa Francesco riflette anche sul significato della confessione, alla luce del Vangelo dell’odierna Solennità dell’Annunciazione, in cui l’Angelo Gabriele per tre volte prende la parola e si rivolge a Maria. “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”, dice l’arcangelo. Parole che il Signore ripropone oggi ad ogni fedele attraverso il sacramento della Riconciliazione:

“Fratello, sorella, oggi puoi sentire queste stesse parole rivolte a te; puoi farle tue ogni volta che ti accosti al perdono di Dio, perché lì il Signore ti dice: ‘Io sono con te’”

“Troppo spesso – osserva il Papa – pensiamo che la Confessione consista nel nostro andare a Dio a capo chino. Ma non siamo anzitutto noi che torniamo al Signore; è Lui che viene a visitarci, a colmarci della sua grazia, a rallegrarci con la sua gioia”. Sì, la gioia, perché la Riconciliazione è “il Sacramento della gioia”: “Dove il male che ci fa vergognare diventa l’occasione per sperimentare il caldo abbraccio del Padre, la dolce forza di Gesù che ci guarisce, la ‘tenerezza materna’ dello Spirito Santo”, afferma Francesco.  

 

I fedeli che hanno ricevuto il Sacramento della Riconciliazione
Al centro il perdono, non i peccati

Al centro della penitenziale “non ci sono i nostri peccati, ma il suo perdono”. Non dipende da noi, quindi, dipende “dal nostro pentimento, dai nostri sforzi, dai nostri impegni” e “al centro” c’è Dio, “che ci libera e ci rimette in piedi”, che “entra in casa nostra e porta uno stupore e una gioia prima sconosciuti”.

I sacerdoti confessori sono chiamati a “essere canali di grazia che versano nelle aridità del cuore l’acqua viva della misericordia del Padre”

“Nessuna rigidità, nessun ostacolo, nessun disagio; porte aperte alla misericordia! Specialmente nella Confessione, siamo chiamati a impersonare il Buon Pastore che prende in braccio le sue pecore e le accarezza…. Se un sacerdote non ha questo atteggiamento, non ha questi sentimenti nel cuore, è meglio che non vada a confessare”

Una immagine della cerimonia nella Basilica di San Pietro
“La paura non può più tenerci in ostaggio”

Non temere”, ripete più volte il Papa, ricordando quell’intervento continuo di Dio nella storia dell’uomo per portare un messaggio consolatorio: “Ogni volta che la vita si apre a Dio, la paura non può più tenerci in ostaggio”.

Sorella, fratello, se i tuoi peccati ti spaventano, se il tuo passato ti inquieta, se le tue ferite non si rimarginano, se le continue cadute ti demoralizzano e ti sembra di aver smarrito la speranza, non temere. Dio conosce le tue debolezze ed è più grande dei tuoi sbagli. Dio è molto più grande dei nostri peccati. Una cosa ti chiede: le tue fragilità, le tue miserie, non tenerle dentro di te; portale a Lui, deponile in Lui, e da motivi di desolazione diventeranno opportunità di risurrezione.

Bisognosi dello Spirito di Amore che dissolve l’odio 

Papa Francesco cita “una bella frase” letta sopra un confessionale in Vaticano: “Allontanarsi da te è cadere. Tornare a te è risorgere. Restare in te è esistere”. Poi di nuovo ripete: “Non temere!”. Dio, aggiunge, “interviene nella storia” e lo fa donando uno “Spirito d’amore” che “dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza”. Abbiamo bisogno di questo amore di Dio “perché il nostro amore è precario e insufficiente”. Abbiamo bisogno di chiedere “la forza per amare”

Senza amore, infatti, che cosa offriremo al mondo? Qualcuno ha detto che un cristiano senza amore è come un ago che non cuce: punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Per questo c’è bisogno di attingere dal perdono di Dio la forza dell’amore… Se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore”

Il Papa con i sacerdoti durante la processione a San Pietro

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