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LA DIA LUCANA ALLA PROVA DEI FATTI

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Non c’era mese migliore di marzo, pieno di sorprese ed attese di giustizia, per la cerimonia d’inaugurazione della DIA voluta da politica, magistratura e sindacati per rafforzare la lotta alle mafie che, ormai, sempre più insistentemente, guardano alla Basilicata come ad un forziere per i loro lucrosi affari, compresi i finanziamenti del Pnrr. Ora che la situazione fosse grave lo si era capito dalla tempestività con cui Cafiero De Raho, procuratore DNA, aveva assegnato alla DDA di Potenza un ulteriore magistrato per “lo svolgimento di indagini in materia di riciclaggio e reinvestimento di proventi illeciti”, ma nessuno immaginava che anche da queste parti le associazioni mafiose avessero “collegamenti con settori delle pubbliche amministrazioni”, almeno stando alle parole di Francesco Curcio, tra i migliori procuratori distrettuali d’Italia e su cui si dovrà da subito interessare la DIA, fiutando, secondo la lezione di Falcone, l’odore dei soldi della ‘ndrangheta dei Grande Aracri come della camorra di Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa e fino alla linea di affiliazione del clan autoctono Martorano-Stefanutti e del suo collateralismo nella Pa. Ha scritto Emily Dickinson: “Marzo: mese di attesa. Le cose che ignoriamo sono in cammino”.

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