CICALA, IL CASSESE LUCANO
Il presidente scaduto del Consiglio non solo non sloggia, ma inventa pure procedure che non esistono
Smentito dal Prof amministrativista: «Revocati gli assessori, sono decaduti anche i supplenti». Non c’è bisogno di andare in Aula per gli eletti
Se la conoscenza specifica derivasse dalla carica elettiva, allora il presidente del Consiglio regionale, l’ormai scaduto da mesi Carmine Cicale, sarebbe un esperto di materia amministrativa. L’automatismo, però, nella realtà non esiste.
Così capita, per la versione ufficiosa dei rumors di via Verrastro gli autori sarebbero gli uffici, che le interpretazioni da letterali diventino di teoria astratta inapplicabile ai casi lucani. Per Cicala, lo “scalda poltrone” previsto dalla relativa legge regionale del 2018, esiste solo sulla carta. Più che una novella normativa, sarebbe per il leghista una novella e basta.
Negato il meccanismo che prevede che alla nomina assessorile di un consigliere regionale eletto, a lui subentri in Assise il primo dei non eletti dello stesso partito e della stessa circoscrizione, ma solo temporaneamente, nel senso che perduta la delega assessorile, l’ex esponente dell’esecutivo rientra in Consiglio e il primo dei non eletti ritorna, invece, a casa.
Azzerata la Giunta da Bardi, per rimanere in ambito Lega, che è il partito di Cicala, non essendo più assessori nè Merra nè Fanelli, i loro “scalda poltrone”, Sileo e Aliandro, sono automaticamente fuori dal Consiglio.
Così è, ma non per Cicala. Il presidente del Consiglio regionale, riportano i rumors, pare racconti in giro che fino alla prossima seduta consiliare, Sileo e Aliandro, sempre per restare a bordo del Carroccio, conservano il banco in Assise.
Più precisamente, per l’interpretazione che sarebbe stata fornita dagli Uffici, gli stessi che dovrebbero occuparsi anche del fatto che Cicala come presidente è scaduto dall’anno scorso, il mandato naturale è ormai abbondantemente terminato e pure lui, come gli eletti non più assessori e non come, invece, gli “scalda poltrone”, dovrebbe sedersi nel suo “scrannetto”, a decidere se Merra e Fanelli possono partecipare ai lavori consiliari, deve essere il Consiglio stesso. Cioè i consiglieri alla prima seduta utile, votano il rientro.
L’equivoco delle formalità è evidente, ma per Cicala, che crede alla tesi degli Uffici dimenticando volutamente o involontariamente il garbuglio erariale di stipendi che si verrebbe a creare se fosse il Consiglio a decidere, nessun qui pro quo. Cronache Lucane ha deciso di rispondere nel merito, chiedendo un parere pro veritate ad un noto Professore di Diritto amministrativo.
«Non essendo prevista una ratifica in Consiglio del subentro degli assessori consiglieri decaduti ai supplenti – ha appurato il Professore -, essendosi per essi verificata solo una sospensione dalla carica di consigliere, ex art 23 Lr 18/2020, il decreto presidenziale ha determinato un effetto automaticamente caudicante degli atti che sono diretta conseguenza della nomina di assessore ».
Più precisamente, ciò «comporta che gli ex assessori immediatamente dopo (l’azzeramento della Giunta, ndr), sono rientrati nella carica di consigliere, con conseguente decadenza dei consiglieri supplenti e, per l’effetto, delle loro segreterie».
«Così come – ha concluso il Prof di Diritto amministrativo – sono decadute anche le segreterie degli assessori, in quanto tali». Bardi azzera la Giunta, ma, secondo Cicala, come fossero delle dimissioni non irrevocabili degli assessori, è poi lui a decidere se confermare o meno.
Questa sì che è una novella, peccato per il leghista, non normativa.