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NINO POSTIGLIONE: ROBIN HOOD LUCANO

«Bonaventura, salendo sulle montagne, trasmetteva da un’antennina ben posizionata sul tettuccio. In poco tempo i potentini iniziarono a seguirlo»


DI ALDO MARIA CUPELLO*


Viviamo nell’immediato, nella frenesia di un secolo che altro non fa che forgiare individui, culture, azioni, basate su un “carpe diem” oraziano troppo spesso frainteso. Sentiamo, non ascoltiamo. Vediamo, non osserviamo. Mangiamo, non gustiamo.

Soprattutto: viviamo, non pensiamo. E “tutta sta fretta pe’ fa’ le cose ce l’ha messa il capitalismo”, citando una serie tv che poco apprezzo ma che risulta cogliere appieno ciò di cui si sta scrivendo. Ed è così. Viviamo – pensando, ironia della sorte, nell’immediato – sostanzialmente bene.

Chi è nato dopo o poco prima del 2000, come colui che sta battendo le dita sulla tastiera in questo momento, vive in un Occidente anestetizzato da qualsivoglia limite immediato. Possiamo fare tutto. Usciamo quando vogliamo, altrimenti con fare quasi isterico crocifiggiamo i nostri genitori di privarci di diritti “costituzionalmente garantiti”. Se vogliamo saltare la scuola, lo facciamo.

Se vogliamo attaccare qualsiasi leader politico, possiamo farlo senza rischio di ritrovarci le camicie nere sotto casa. Più banalmente, se vogliamo dire “ti amo” ci basta sollevare quel sudicio rettangolo touch e da un momento all’altro comunicarlo a quel povero malcapitato. Senza andare in una cabina pubblica o elemosinare il telefono fisso al pater familias di turno. Tanti vantaggi, ma altrettanti svantaggi. Uno di questi lo si è citato prima: non pensiamo. O meglio, non ci incuriosiamo.

Non ci poniamo domande sul come, sul perché e su chi dovremmo ringraziare per ciò che di facile fruizione abbiamo. Stiamo h24 con la musica nelle orecchie e, prevalentemente, la ascoltiamo da Spotify; la crearono Daniel Ek e Martin Lorentzon, due ragazzotti svedesi. Prima del 2006, tuttavia, il dominio musicale e divulgativo era radiofonico. E’ stata la radio a raccontare l’attacco alle Torri Gemelle, è stata la radio a urlare “campioni del mondo” nel 1982, ed è stata sempre la radio a descrivere minuziosamente i periodi bui della Repubblica Italiana.

Precedentemente agli anni ’70 del Novecento, però, a risuonare negli uffici, nelle macchine e nelle città era esclusivamente la RAI. Ed è nel 1973 che inizia a muoversi quella che fu la prima alternativa al colosso nazionale, avente origine a Potenza: si tratta di Radio Potenza Centrale, fondata dai potentini Nino Postiglione e dalla moglie Palmina Tortorelli.

E la storia ha dell’incredibile, quasi del fiabesco. Generalmente un bravo articolista dà il titolo al suo pezzo dopo averlo scritto. In questo caso, ho fatto l’opposto. “Il Robin Hood potentino” è uscito dalla mia mente dopo aver ascoltato la storia di Bonaventura Postiglione (così Nino all’anagrafe), narrata dalla voce commossa della nipote e da quella di sua moglie, la sopracitata Palmina Tortorelli. L’analogia con l’eroe Disney (tra l’altro emerso proprio nel 1973) non poteva che presentarsi.

Con un’unica precisazione: Nino Postiglione non “rubava ai ricchi per dare ai poveri”, semplicemente non rubava proprio nulla, anzi, riuscì a vantare un diritto poi confermato dalla Corte Costituzionale. Difatti, insieme al supporto e all’amore della sua consorte, Postiglione diede inizio a quello che fu un atteggiamento “illegale-legale” che permise – un esempio tra tutti – a figure come Peppino Impastato di fondare la sua Radio Libera nel 1977, “Radio Aut”, la quale si scontrò fatalmente con Cosa Nostra.

Nino, mi racconta la signora Tortorelli, aveva un carattere “spigoloso”, da “pane a pane e vino al vino”, un modus agendi tale da permettergli di porsi un semplice ma efficace quesito: “perché un privato cittadino non può usufruire della radio in autonomia?”. Negli anni Settanta, difatti, vi era un vuoto normativo, in quanto non era presente alcuna legge che normasse la frequenza radiofonica, più precisamente la FM, gamme di frequenza da 88 a 104, poi a 108, dedicata alle emittenti broadcasting.

In sintesi, la RAI trasmetteva in Onde Medie e non aveva competitor nelle FM, vuoi per una carenza legislativa, vuoi “per una cattiva volontà di tutti, che politicamente preservavano il monopolio RAI”, come disse Postiglione. È così che in maniera clandestina (ma neanche tanto, atteso che nell’inesistenza di una legge sia altrettanto assente l’illecito penale), Bonaventura gira le chiavi della macchina e inizia a girare per le colline di Potenza, salendo poi sulle montagne e trasmettendo motu proprio da un’antennina ben posizionata sul tettuccio. Parla da un microfono di fortuna e un trasmettitore autoprodotto. Nel breve periodo, i potentini iniziano a seguire l’Istrione (pseudonimo utilizzato per ovvi motivi) che ben pensa di venire incontro alle loro esigenze: “volete ascoltare qualche canzone in particolare?” chiedeva.

Ai tempi andava Lucio Battisti il quale, con grande richiesta, veniva inciso sulla cassetta stereo 7 che Nino portava poi con sé sulle montagne; insieme alla musica, si alternavano commenti e battute su vari temi.

Nel ’72, circa, fu anche fermato dai Carabinieri, ma riuscì a disfarsi dell’apparecchiatura gettandola in una siepe anzitempo. Nel 1973, invece, decide di autodenunciarsi, volendo iscrivere Radio Potenza Centrale alla Camera di Commercio di Potenza. Il problema, però, era evidente.

Nel ’73, come accennato, non esisteva un riferimento giuridico sul quale basare l’esistenza – ancor prima della legittimità – delle radio private. Tra le categorie commerciali, quindi, la “radio diffusione” non era contemplata. Fu grazie alla caparbietà di Nino, nonché alla comprensione degli ormai esausti dipendenti della Camera, che Radio Potenza Centrale venne iscritta in una categoria priva di particolari requisiti: quella dei petrolieri. Solo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1976, seguita da una riforma ad hoc del settore, Postiglione appende la giacca da petroliere e indossa finalmente gli abiti radiofonici, nella piena legalità di un etere libero.

Da ultimo, la REA (Radio Televisioni Europee Associate), riconosce a Bonaventura Postiglione il primato di aver instituito la prima vera radio libera italiana nel 1973, titolo erroneamente affibbiato a Radio Milano International nel 1975 e a Radio Parma nel 1974. Radio Potenza Centrale, ufficialmente, nasce il 23 luglio 1976.

La storia di Nino Postiglione, pertanto, non può e non deve essere confinata ai territori locali, tantopiù regionali, ma merita – di diritto – di essere conosciuta a livello nazionale. E non si azzarda minimamente nel dirlo. Tra le sue massime, raccontate da familiari e amici, Bonaventura ripeteva costantemente che “ogni cittadino ha il dovere di impegnarsi”, quasi un brocardo che suona di estrema attualità nei confronti della società contemporanea, un invito, dunque, a fare di più. Un motto che si rispecchia nella pratica, andando contro il terribile immobilismo politico e sociale che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo nelle tematiche di ultima cronaca, da un Parlamento che fa orecchie da mercante sull’eutanasia legale sino ad una generazione di apolitici e apartitici.

Ai microfoni di Telearcobaleno1 tuonò con “la libertà è un modo di essere, la libertà è ciò che evidentemente, ciascuno di noi, per poterla raggiungere, deve pagare un prezzo”.

Oggi siamo un popolo formalmente libero, ma di “prezzi da dover pagare” ne abbiamo ancora molti, per questo motivo occorre fare della libertà “un modo di essere”, proprio per evitare un non-essere e, perché no, magari essere dei tanti Bonaventura Postiglione, Robin Hood lungimiranti e combattenti. Specie se si sa di avere ragione.

* TRATTO DA PAROLA APERTA, IL NON GIORNALE


 

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